Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
TABACCI
Bruno Quistello (Mantova) 27 agosto 1946. Politico. Deputato. Dell’Udc • Laureato in Economia e commercio, dirigente nella pubblica amministrazione.
Deputato dal 92 • «L’appellativo di “bulldozer” se lo è guadagnato sul campo nel corso di trent’anni di scontri dentro la Dc. Al partito si iscrisse nel lontano 64, a 18 anni.
Era il pupillo dell’ex partigiano Marcora (“il mio unico maestro”), uno dei padri della sinistra democristiana, il fondatore della corrente di
Base. Segretario della Dc lombarda, nell’87 divenne presidente della Regione per volere di Ciriaco De Mita. Nel 92 sbarcò a Montecitorio ma finì nelle reti di Tangentopoli. A chi adesso glielo ricorda con malizia, risponde
con uno scatto: “Ho subìto due processi e sono stato assolto in entrambi per reati come il finanziamento
illecito dei partiti, reati per i quali qualcuno a Botteghe Oscure se la
sarebbe cavata con un sorriso”. è fatto così: orgoglioso, spigoloso. è anche convinto di non dovere molto a Berlusconi e alla Casa delle Libertà: “Sono rientrato in Parlamento dalla porta principale, perché gli elettori mi hanno riconosciuto a distanza di anni...”. Vero: è passato nel maggioritario, strappando all’Ulivo il collegio di Castiglione delle Stiviere (Mantova)» (Fiorenza Sarzanini)
• «Non avendo tessere da gestire, né parlamentari cui far riferimento, era considerato nell’Udc un “non allineato”, così distante da Pier Ferdinando Casini, di cui non ha mai subito l’influenza carismatica. Era sempre in guerra con Giulio Tremonti, e non passava
giorno senza una critica alla politica economica di via XX settembre. Ma all’indomani del crac Parmalat, quando parve evidente il tracollo del sistema, il
presidente della Camera si affrettò a chiamarlo. Seguito a ruota dal ministro dell’Economia. Casini pensò a lui per garantire al Parlamento un ruolo nella crisi e impedire che la
vicenda fosse gestita solo dal governo, in un rapporto diretto e senza
mediazioni con il parco buoi dei risparmiatori, traditi e rapinati. Tremonti
pensò a lui quando decise di organizzare il famoso incontro riservato tra politici e
pezzi di establishment, ribattezzato come il “patto dell’Aspen”» (Francesco Verderami).