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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

STRADA

Gino Sesto San Giovanni (Milano) 21 aprile 1948. Chirurgo. Fondatore di Emergency • «Come si fa a non amare il nemico dei “pappagalli verdi”? Un giorno l’ha spiegato, a cosa servono, quelle mine russe “Pmf-1” che “non distinguono i piedi di un guerriero da quelli di un bambino che sta
giocando, non sono sensibili alle tregue, non riconoscono i trattati di pace,
non rispettano i confini” e continuano a scoppiare per anni e anni. “Sono le più cattive perché destinate ai piccoli. Uccelli di metallo dotati di due ali. Volteggiano in
cielo o procedono sul terreno dopo che sono state lanciate dagli elicotteri. I
bimbi possono giocarci per ore prima che deflagrino. Amputano le dita, oppure
una mano, o entrambe le mani fino al polso. Siccome l’esplosione di solito avviene all’altezza del torace, provocano cecità. Una volta a Kabul ho operato 150 vittime di quelle mine: neanche un adulto”. Come si fa a non rispettare uno come Gino Strada, che dall’87 ha operato almeno 25 mila persone dal corpo devastato sui fronti di guerra
dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Cambogia o della Sierra Leone con quel coraggio dei visionari
che spinse lo stesso Clemente Mimun, allora direttore del Tg2, mille miglia da
lui lontano politicamente, a definirlo “un eroe italiano”? Come si fa a non essere orgogliosi di essere cittadini di un Paese che, oltre
ai medici che si facevano coprire di regali e tangenti dai fabbricanti di
valvole cardiache brasiliane o portare nei week end in Costa Azzurra e in
Corsica dall’aereo personale di Giuseppe Poggi Longostrevi, verso i cui laboratori
dirottavano i pazienti, ha prodotto un chirurgo vero e perbene come lui, che
pur essendo uno dei migliori allievi del professor Vittorio Staudacher e pur
potendo diventare miliardario e avere barche e piscina, si vanta di non “aver mai fatto in tutta la vita una sola visita a pagamento”? Come si fa a non inchinarsi davanti a un uomo che, certo, è finito anche al
Costanzo Show e nella classifica dei best-sellers e magari va pure a presentare qualche libro
con Cochi (ex Cochi&Renato), ma ha passato e passa gran parte del suo tempo lontano dai riflettori,
assediato dal fango o dalla siccità, dal gelo o dal caldo infernale, in ospedali fuori dal mondo dove è chiamato ogni giorno, per la povertà dei mezzi e la penuria del sangue per le trasfusioni, a scegliere “in pochi istanti chi operare e chi no” reggendo al trauma del “ferito che ti guarda negli occhi e tu devi dirgli: ‘No, opero prima l’altro’ accumulando un rimorso che non puoi lavar via”?» (Gian Antonio Stella)
• «Primo: lui non crede alla politica come strumento di gestione e di composizione
dei conflitti. Secondo: non crede, quindi, agli strumenti istituzionali della
politica, i Parlamenti, i governi, gli organismi internazionali, la diplomazia.
Terzo: non crede neppure alla democrazia rappresentativa secondo la quale il
popolo delega ai Parlamenti e ai governi, attraverso libere elezioni, la
difficile funzione di mediazione fra l’idea del mondo come vorremmo che fosse (la pace universale, l’eguaglianza) e il mondo com’è (le guerre, le ingiustizie); la sua proposta di chiedere per referendum agli
italiani se siano o no per la guerra è concettualmente e politicamente esilarante. Quarto: sa benissimo che le guerre
ci saranno sempre e che non le si potrà fermare mettendoci tutti uno straccetto bianco al polso. Il suo pacifismo è una grande operazione di marketing e perciò tutt’altro che velleitario. è una macchina per produrre consenso e sostegno, nazionale e internazionale,
anche finanziario, alla propria opera di “chirurgo di guerra”, ovunque ci sia una guerra, indipendentemente da chi la combatta e perché. Egli è animato dalla stessa, grande ambizione personale di tutti i predicatori e i
facitori del bene di tutti i tempi. Una sorta di madre Teresa di Calcutta, un
po’ più chiacchierona. In versione laica, egli assomiglia a quei
capitalisti-filantropi, meno chiacchieroni, che in passato hanno finanziato e
fatto finanziare dai loro amici la costruzione di ospedali, case di riposo e
quant’altro. Lui i soldi, di suo, non li ha. Per indurre gli altri a impegnarsi, ci
mette la sua opera di chirurgo e la sua predicazione pacifista. Conosco gente
che, pur non condividendo una sua sola parola, lo ha finanziato e continua a
finanziarlo» (Piero Ostellino)
• «Vociante demagogo della carità, l’unico operatore umanitario al mondo capace di produrre più chiacchiere che opere di bene. La sinistra e la buona gente della Milano che
spende hanno scelto questo strano profeta per abbellire le loro coscienze e
prender voti ma forse cominciano ad accorgersi che ad aggiustare i corpi
rovinati dalla violenza terroristica e dalla guerra sono in tanti — Dio li benedica — ma a guastare le identità e le anime tormentate della gioventù, con smargiassate buoniste prive del più naturale senso del tragico, sono in pochi: e uno di questi pochi è lui, l’acclamato chirurgo di nome Gino Strada» (Il Foglio).