Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

STORTI

Giovanni Milano 20 febbraio 1957. Attore. In trio con Aldo (Baglio) e Giacomo (Poretti).
Lavorano in tv (Su la testa!, Cielito lindo, Mai dire gol), al cinema (Tre uomini e una gamba, Così è la vita, Chiedimi se sono felice, La leggenda di Al, John & Jack, Tu la conosci Claudia?), in teatro (I corti) • «Aldo e io ci siamo conosciuti all’oratorio. Ormai avevamo diciannove, vent’anni, l’età in cui ti vuoi svezzare e non sai bene cosa fare. Eravamo entrati in confidenza
e un giorno ci siamo detti: “Proviamo a iscriverci a teatro”. Ma dire che ci fosse questo grande richiamo artistico, proprio no. Allora Aldo
era il mio migliore amico. Forse ci siamo trovati per una questione di
carattere, di compatibilità. Io avevo delle qualità, lui ne aveva altre. Di Aldo, che allora lavorava alla Sip, mi piaceva il fatto
che fosse indipendente, e poi apprezzavo il suo istinto un po’ selvaggio. Lui era quello che volevo essere e che non ero. Com’ero io? Come adesso: cinico e ironico. Fisicamente c’eravamo, tanto che più tardi ho anche insegnato Acrobatica alla Civica scuola d’arte drammatica Paolo Grassi. I miei trascorsi con lo spettacolo? A dieci anni
suonavo la tromba. Nessuna tradizione in famiglia, però i miei genitori erano entusiasti e anche a me piaceva. L’ho abbandonata presto, ma se non altro mi è servita per non finire assaltatore sotto la naja o entrare nella banda di una
caserma a Torino. Altri precedenti? All’oratorio ero nel gruppo di teatro, il bellissimo teatrino dell’oratorio di Porta Romana, dove t’insegnavano, prima ancora che a recitare, a tener presente che i vecchi chiodi,
quelli già usati, non si buttano mai via, ma si raddrizzano. Che è una grande lezione. Ci vede Arturo Conso, il direttore artistico del Derby di
Milano, e ci chiama a fare un provino. Avevamo un repertorio di appena venti
minuti, ma quel primo spettacolo tutto nostro andò bene. Anche perché la gente rideva in un modo diverso rispetto al numero successivo, quando
entrava in scena un cabarettista classico. Nei posti normali, nei locali dove
la gente veniva per vedere lo spettacolo, eravamo apprezzati. E se non piacevi
non è che stavano a fischiarti. Ma in altri… Non avevamo mica un agente, allora, e prendevamo tutte le offerte di lavoro che
venivano. A volte era una sofferenza. Le discoteche non avevano un angolo
riparato dove farti recitare: la gente, che era lì per ballare, del nostro spettacolo se ne fregava. A volte ti andava bene, altre
no. A Calcinaia di Pisa c’era un posto famoso perché a tutti i cabarettisti tiravano le monetine addosso, un po’ come ai Blues Brothers nel saloon country: ma lì, a me e ad Aldo andò bene; una gran bella soddisfazione. Certi posti avevano una fama… Uno si chiamava Ghiffa, era dalle parti di Novara. Sapevi che come cominciavi,
quelli prendevano a gridare, però le serate dovevi farle. Il trio vero e proprio nasce con
Su la testa, il programma di Paolino Rossi, nel 92. Anche se fino al 94, fino al primo Mai dire… gol, per noi resteranno sempre anni di gavetta. è stata la tv a darci la popolarità. Ma da allora, basta tv, siamo scappati. Siamo molto criticoni con noi stessi.
Certe sere a teatro ci si arrabbia di brutto. Magari lo spettacolo è andato bene, il pubblico è rimasto soddisfatto, ma non sa cosa succede in automobile tra noi tre di
ritorno dalla serata: ognuno rinfaccia all’altro qualche errore e si fanno le pagelle» (da La prima vera storia di Aldo, Giovanni & Giacomo raccontata a Cesare Fiumi).