Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
STELLA
Gian Antonio Asolo (Treviso) 15 febbraio 1953. Giornalista. Inviato speciale del Corriere
della Sera. È stato corrispondente sportivo per vari giornali. Tra i libri: Schei, un reportage sul Nordest (Mondadori 2000), Chic, viaggio tra gli italiani che hanno fatto i soldi (idem, 2001), Tribù, foto di gruppo con cavaliere (idem, 2001) e da ultimo Avanti popolo. Figure e figuri del nuovo potere italiano (Rizzoli, 2006) • «Un cronista di razza, uno della pattuglia di testa del giornalismo italiano» (Corrado Augias) • «La Vespa. Al G8 di Genova fregò tutti noleggiandone una. Una cosa banale, ma nessuno ci aveva pensato e quando
scoppiò il finimondo fu l’unico cronista in grado di muoversi velocemente per la città. I colleghi gliela chiesero in prestito, e lui: “No, mi spiace”. In televisione si vede di rado, i talk show non gli interessano, le sue
fotografie sono rare eppure civettuole e sempre in posa da lavoro: all’aeroporto, accovacciato con la valigia accanto e il computer portatile acceso.
Scrive di cronaca e di fatti e di persone e di storie e di cose che succedono.
Il resto È fuffa: il commento non È il suo pane, e non si fa distrarre dal fumo dell’opinione. Lascia agli altri anche l’arte del retroscena, lui che È il re del racconto della scena. È stato anche il re delle interviste politiche, nessuno era bravo come lui a far
parlare un deputato e un sottosegretario. Sapeva dosare scudisciate ed
eleganza, senza mai venir meno al principio della correttezza. È un bel moralistone e scrive anche libri divertenti che raccontano l’Italia» (Christian Rocca)
• «“Nell’albergo delle mignotte? Ma bravo!”. Del mio primo giorno al Corriere, nel luglio del 75, quando venni provato con
un contratto a termine all’Informazione che del giornale era l’edizione pomeridiana ma anche il pollaio dove tiravan su i “pulcini” come me, ricordo solo la vergogna. Il panico che mi prese, incendiandomi il
viso, alla scoperta che l’amabile pensioncina che venendo dalla provincia avevo scelto per una prima
sistemazione, in via Pontaccio, era uno storico albergo a ore. Mi misero allo
sport ma non conservo nella memoria nulla: ero troppo impegnato a sopravvivere
in quel mondo troppo grande per me e a imparare più in fretta possibile. Ricordo però come fosse ieri la notte in cui ad Asiago, quando il contratto stava scadendo
ed ero alla febbrile ricerca di uno scoop, cercai di ubriacare Nereo Rocco per
strappargli una confidenza. Una catastrofe. Non facevo in tempo a riempirgli il
bicchiere che rideva: “Zovine, son vecio sì ma mona no: bevo mi ma ti bevi anca ti”. Alle quattro di mattina lui era ancora buono per il tressette e io ero ciucco».