Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
SPINOTTI
Dante Tolmezzo (Udine) 22 agosto 1943. Direttore della fotografia. Due nomination all’Oscar: LA Confidential (Hanson, 97), Insider (Mann, 99) • «Sebbene il direttore della fotografia rivesta un ruolo fondamentale nella
realizzazione di un film, è raro che il suo nome venga ricordato. Ci si limita piuttosto ad associare il
titolo di un’opera cinematografica al nome del regista e a quelli delle star che vi figurano.
Lui non sembra, però, risentire dell’ombra della ribalta cui è votato colui che custodisce il segreto di dare luce all’arte della visione. Il suo nome figura, d’altronde, nei cast & credits di alcuni tra i maggiori successi cinematografici degli ultimi anni, da
Insider a L’ultimo dei Mohicani, entrambi di Michael Mann (il regista per il quale ha firmato anche Manhunter e Heat) a LA Confidential di Curtis Hanson. Ma la sua fama non nasce negli Stati Uniti. Prima di
approdare a Hollywood attraversa quasi un ventennio di cinema e televisione
italiani affiancando le firme più interessanti del piccolo e del grande schermo di casa nostra. Registi come
Giacomo Battiato, Piero Wertmüller, Ermanno Olmi, Sergio Citti, Liliana Cavani, Lina Wertmüller, Gabriele Salvatores, Giuseppe Tornatore» (Maria Silvia Bazzoli) • «Ero partito a 17 anni per non studiare greco e latino. In Kenia avevo uno zio
che lavorava come operatore e direttore della fotografia per l’East African Pictures di Nairobi. Vista la mia grande passione per la fotografia
e per il disegno (mi piacevano le nature morte perché permettevano di realizzare giochi di luci e ombre) i miei genitori pensarono di
mandarmi da lui. La cosa naturalmente mi affascinò moltissimo, ma era il periodo in cui il Kenia stava diventando indipendente e l’attività cinematografica stava subendo un rallentamento. Ci rimasi un anno, ritornando
in Italia dopo aver fatto un’esperienza interessantissima e aver imparato l’inglese, che a quei tempi non era così frequente»
• «All’inizio degli anni Sessanta, alla Rai si giravano cose molto interessanti con
registi straordinari. Piero Nelli fu un maestro straordinario. Insegnò a tutti noi la storia e la politica. Giacomo Battiato mi fece capire che cos’era il cinema. Io venivo dal documentario e lui mi comunicò il grande fascino del linguaggio filmico. Con Ermanno Olmi ebbi la fortuna di
lavorare da giovanissimo facendogli da assistente per E venne un uomo (65). Fu il primo approccio con un regista di grande statura. Trasferirsi
definitivamente a Los Angeles è stata una scelta felice. Stare qui mi permette di svolgere il mio lavoro a più livelli. Mi è possibile girare un film e curare allo stesso tempo l’uscita di uno precedente, seguire le operazioni di combinazione delle immagini
al computer, andare in laboratorio per controllare i colori o vedere come va un
certo tipo di inquadratura. Questa città è straordinaria perché vi si respira l’amore per l’arte e per la tradizione cinematografica a tutti i livelli della produzione,
dalle sfere più alte fino al più umile aiuto di set»
• «Il cinema è ancora quello dei tempi del muto. Certo, oggi puoi fare qualsiasi cosa,
ottenendola in un’ora e mezza invece che in tre giorni, ma la sostanza è la stessa. Il vero cambiamento però si vedrà nei prossimi anni. In questo momento, noi direttori di fotografia siamo
depositari di quello che succede sul set. Siamo i soli a sapere se e come ciò che si fa corrisponde a ciò che si vedrà sullo schermo. Quando la tecnologia cambierà ci saranno grandi schermi sul set, perderemo il ruolo di depositari della “verità” e il nostro lavoro dovrà essere ridefinito»
• «Il nostro lavoro consiste nella ricostruzione visiva di una storia a partire da
un copione scritto. è più o meno quello che succede quando si legge un libro. è ovvio che l’esperienza personale ha un ruolo fondamentale. Io mi porto dietro il mio
background culturale, le visioni della Carnia, del Polesine, del Kenia…».