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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

SOLDANI

Renzo Cireglio (Pistoia) 2 maggio 1925. Ex ciclista. Vincitore del Giro di Lombardia
1950 • «La sera della vigilia, Eberardo Pavesi, “l’avocatt”, direttore sportivo della Legnano, si raccomanda: “Se andate in fuga con Coppi, Magni, Bobet, Koblet e Kübler, per carità, lasciategli fare la loro corsa”. Che vorrebbe dire: “Non tirate un metro”. Sto con i primi fino al Ghisallo. Poi, sul Ghisallo, Coppi stacca tutti, a uno
a uno. E rimaniamo solo lui e io. Lui già con il cambio Simplex, a molla, un lusso, io con il Vittoria Margherita, che
per cambiare bisognava fare mezza pedalata all’indietro, il 50 davanti, 15-17-19-21 dietro. Lui fa la sua corsa, invece a me, a
metà, sul falsopiano, viene un crampo. Slaccio il cinghietto, tiro fuori il piede,
sciolgo il muscolo, e Coppi è già avanti un tornante, riprendo a pedalare, Coppi è avanti trequarti di tornante, poi metà tornante, in cima se la macchina della Bianchi non mi chiude potrei anche
vincere il Gran premio della montagna. E questa è la verità. Mi ricordo bene quello che mi ha detto Pavesi e lascio fare a Coppi la sua
corsa. Però non è vero che succhio la ruota, non è nel mio carattere, non mi rifiuto mai di dare una mano. Così Coppi tira 400 metri, e io 100. E aspetto nuovi ordini. Finché a una quindicina di chilometri da Milano arriva finalmente l’ammiraglia e Pavesi mi fa: “Occhio, arrivano Bevilacqua e Zampini”. Neanche il tempo di dare una bella tirata e i due rientrano. Arriviamo al
Vigorelli. E lì vinco. Dei quattro sono il più fresco. Secondo Bevilacqua, che pure è un bel velocista, terzo Coppi, quarto Zampini. E questo è l’ordine d’arrivo. Meglio una gamba di Coppi che quattro delle mie. Coppi, alla Freccia
Vallone, aveva staccato Van Steenbergen su un cavalcavia. Coppi volava, Coppi
pedalava con le gambe e le braccia, il cuore e i polmoni, pedalava anche con il
naso sempre più affilato e con gli occhi sempre più stralunati. Io no, io ero una mezza schiappa, anche se le mie corse ogni tanto
le vincevo» (da un’intervista di Marco Pastonesi).