Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
SGARBI
Vittorio Ferrara 8 maggio 1952. Critico e storico dell’Arte. Assessore alla Cultura di Milano • Figlio di farmacisti, ex direttore della Soprintendenza ai beni artistici e
storici di Venezia e di Ferrara, è stato sindaco di San Severino Marche (Macerata) dal novembre 92 all’ottobre 93. Eletto deputato nel 92 per il Pli, è stato riconfermato per Forza Italia nel 94, 96, 2001. Sottosegretario ai Beni e
le attività culturali nel Berlusconi II, il 20 giugno 2002 fu cacciato all’unanimità dal Consiglio dei ministri (per il disaccordo sul nuovo teatro degli Arcimboldi
di Milano, sulla nomina di Franco Bernabè a presidente della Biennale, la difficile convivenza con Giuliano Urbani ecc.)
• «Non ritengo nessuno indegno della mia ira» • «All’esame di laurea: litigai con il mio relatore e venni cacciato dall’aula. Mi dettero ugualmente 110 e lode» • Prima popolarità nel maggio 89 grazie ad una puntata del Maurizio Costanzo Show: disse che avrebbe voluto vedere morto Federico Zeri e, la volta dopo, diede
placidamente della stronza a una professoressa che aveva letto delle sue
poesie. Poi al fianco di Raffaella Carrà in Weekend (attaccava il papa e la direzione della Rai proibì la diretta), di Mike Bongiorno in Telemike (ma litigò con Mike e si lasciò schiaffeggiare e spintonare da lui davanti alle telecamere: Mike pretese poi
che al momento della messa in onda la scena fosse tagliata). Nel 91, ospite de L’istruttoria di Giuliano Ferrara, prese uno schiaffo da Roberto D’Agostino (a cui aveva gettato addosso dell’acqua) • «La gente, oggi, ricorda quell’episodio al contrario. Mi dicono: “Accidenti, che sberla hai dato a D’Agostino, quella sera”. Sarà perché io, ormai, sono visto come prototipo di prepotente» • «“Con tre interventi da Costanzo raggiunsi la popolarità assoluta”. La sua invettiva contro Federico Zeri (“Lo voglio vedere morto”), resterà a lungo negli archivi televisivi. “Il mio ruolo era di stabilire contrasti, creare sconcerto. Un po’ come quando al casinò ti riesce di sbancare il banco. Volevano farmi parlare di una cosa e io li
spiazzavo parlando d’altro. Benché avessi vinto il premio Estense contro Bocca, Pampaloni e Villari, ero isolato,
il riconoscimento diffuso era di là da venire. In quel contesto fu proprio Costanzo a invitarmi in tv per
raccontare l’anomalia della mia critica d’arte”» (Michele Anselmi)
• «Dopo essere stato defenestrato da Berlusconi dalla carica di sottosegretario ai
Beni culturali, Sgarbi andò da Giuliano Ferrara e accusò in tv il ministro Urbani di averlo fatto cacciare. “Lui — disse — ha trovato un’amante, la quale si è sistemata ai suoi piedi e ha cominciato a fare un’operazione che non prevedeva un’apnea assoluta [...] ma sollevando ogni tanto la testa diceva: ‘Ma fa tutto Sgarbi, tu non fai niente’. L’amante si chiama Ida Di Benedetto”. Seguì, ovviamente, querela» (Sebastiano Messina)
• «Passa per essere un uomo provocatorio, iroso, narcisista, infantile e
prepotente. Ma sa essere anche generoso, schietto, leale. è un intelligente impasto di contraddizioni» (Antonio Gnoli) • «Il potere politico e tecnico per me sono il mezzo per evitare lo scempio. Anche
Federico Zeri avrebbe volentieri fatto il ministro per impedire gli orrori. Per
me la televisione è una sfida. Essa è il luogo della dimenticanza. è come un fiume su cui è impossibile incidere qualcosa. Io sono uno dei pochissimi che è riuscito a incidere qualcosa su quest’acqua. Dei gesti che restano memorabili. Prima che io arrivassi, la televisione
era considerata spregevole dagli intellettuali. La televisione consente di
guadagnare molto denaro. E io come il Parmigianino ho fatto un’operazione alchemica: ho tradotto il denaro in spirito»
• Ha condotto per molti anni su Canale 5 (a partire dal 92) il programma Sgarbi quotidiani, commenti soprattutto all’attualità politica che gli sono costati una montagna di querele • «Gran parte di quello che io faccio è orale. Ho scritto libri, alcuni anche importanti, ma sono soprattutto un uomo
che dà voce oralmente ai suoi pensieri. Lo era anche Oscar Wilde di cui solo qualcosa
di scritto è rimasto» • «Sono evidenti i motivi per cui, in linea di massima, le istituzioni non possono
rinunciare a Vittorio Sgarbi. Ad esempio perché quando esordì in politica riuscì a essere, sebbene per qualche ora soltanto, capolista sia del Psi sia del Pci
di San Severino Marche. Perché ha reclamato le dimissioni di Eugenio Scalfari e di Oscar Luigi Scalfaro. Perché ha cercato in tutti i modi di conquistare alle ragioni partitocratiche Maria
Teresa Ruta. Perché ha difeso Pietro Pacciani dall’accusa di essere un mostro, Vincenzo Muccioli dall’accusa di essere un pazzo violento e Arrigo Sacchi dall’accusa di deficienze tecnico-tattiche. Perché un magistrato di Venezia chiese su di lui una perizia psichiatrica. Perché ha provocato virulente discussioni in Parlamento e durante trasmissioni di
Telemike. Perché schiaffeggiò in centro a Roma Demetra Hampton e perché baciò in diretta televisiva la calciatrice Carolina Morace. Perché portò a Montecitorio la pornostar Milly D’Abbraccio e dichiarò di aver sognato il matrimonio con Silvia Costa. Perché ha litigato con presidenti della Repubblica, procuratori generali, critici d’arte e vigili urbani. Perché ha posato nudo per una copertina dell’Espresso. Perché ha detto che la Torre di Pisa è come un pene e si è fatto aprire il museo di Sondrio alle tre del mattino» (Mattia Feltri)
• Tumultuosa vita notturna, con al seguito perennemente un codazzo adorante. Non è mai solo. Si lamenta — e ne fa una malattia — di non possedere più un Tiziano. Ha resistito a suo tempo all’idea di riconoscere il figlio avuto da Patrizia Brenner «perché mia madre non vuol fargli da padre». La madre si chiama Caterina (Rina) Cavallini, abita a Ro Ferrarese, in un
edificio seicentesco di 35 stanze. Un’ala del palazzo è dedicata al figlio (archivio delle migliaia di lettere, 35 mila volumi,
eccetera). Sgarbi dice che da bambino gli era antipatica. «Mia madre è un tale colosso, rispetto alla mitezza di mio padre, che, se non ci fosse stato
mio zio, sarei diventato omosessuale». Questo zio si chiamava Bruno Cavallini, era identico a Sgarbi e morì d’infarto negli anni Ottanta
• Hanno perso la testa per Sgarbi (e non si sa se anche fisicamente) Barbara
Alberti che gli ha dedicato una biografia e ha anche fatto parte della corte
che lo segue ogni notte adorante. E Federico Zeri, prima che l’amore si convertisse in odio. Sgarbi, molto prima che Zeri morisse, aveva smesso
di attaccarlo (mentre Zeri non finiva; come suo costume, di raccontare
porcherie sul suo conto) e anzi spiegò che desiderava la fine di tutte quelle polemiche: «Ma io vorrei che finissero, sono pronto a qualunque accomodamento. Per me la
polemica è come un incontro di pugilato, si scende dal ring e si va al caffè insieme. Invece questi insistono, insistono tutti, e i giornali danno sempre la
versione che mi è sfavorevole e a ogni udienza ci sono articoli sempre contro di me». Faresti pace anche con Federico Zeri? «Domani mattina». Di’ una cosa gradevole su Federico Zeri. «Non è difficile, si tratta di un intellettuale immenso, una delle figure principali
della nostra cultura». E allora? «Io farei la pace, se lui volesse. Ma lui non vuole»
• Abita in via Santa Maria dell’Anima a Roma, finestra affacciata su piazza Navona, in un appartamento
cinquecentesco che fu residenza papale.