Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
SGALAMBRO
Manlio Lentini (Siracusa) 9 dicembre 1924. Filosofo • Vicino a forme di pensiero nichiliste e a pensatori come Emil Cioran o Karl
Kraus, negli anni Sessanta ha collaborato con saggi e articoli alla rivista
Tempo Presente, diretta da Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte. Tra i suoi
libri: La morte del sole (Adelphi, 82), Nietzsche: frammenti di una biografia per versi e voce (Bompiani, 98). Nel 94 ha avviato la collaborazione con Franco Battiato: il
libretto dell’opera lirica Il cavaliere dell’intelletto e i testi degli album L’ombrello e la macchina da cucire (95), L’imboscata (96), Gommalacca (98), le canzoni Medievale e Invito al viaggio di Fleurs (99), Ferro battuto (2001). Nel 2003 ha scritto e interpretato con il cantautore siciliano il film Perduto amor, diretto dallo stesso Battiato • «Filosofo paroliere. Ove si dimostra che in Italia, avendo nome, è possibile pubblicare tutto, anche i conti della spesa. “Né il rammollito nulla del buddismo anale, né il buon summumbonum occidentale”. Dice di sé: “Sì, sono cattivo, ma non nel senso di Previti, sono un cattivo filosofico io”. Compagno d’arte di Franco Battiato, ha voluto rendere omaggio alla moda di spacciare
spremute di cervello con mingherlini e imbarazzanti libricini. Non per fargli
danno, ma almeno una citazione è obbligatoria. Dice, di Nietzsche: “Mi fa schifo la procreazione, la sento come un virus, un’infezione. Diffonde l’essere umano a profusione: preferisco la defecazione”. Sgalambro è dunque Sgalambro, la maschera di quello che “a un certo punto pensa”» (Pietrangelo Buttafuoco)
• «è la Yoko Ono di Franco Battiato» (Aldo Busi) • «“Ci sono uomini”, diceva Friedrich Schlegel, “per i quali il furore della noia è la prima sollecitazione alla filosofia”. Qualcosa del genere è accaduto a Manlio Sgalambro, meglio conosciuto come “il paroliere di Battiato”. La solitudine, la noia, l’avversità alla vita sociale, una furia a lungo repressa hanno fatto di lui uno dei
pensatori più originali ed eversivi della scena culturale italiana. Da La morte del sole a Trattato dell’empietà a Dialogo teologico (tutti pubblicati da Adelphi cui, da semisconosciuto, aveva inviato un
manoscritto) si sente nei suoi libri il pathos di un pensiero solitario.
Fulgide espressioni come “I pensatori odierni rimarranno in virtù delle loro sciocchezze” o “La mia indifferenza per l’altro è il maggior sforzo che io possa fare per lui” o “Chi vuol salvare questa civiltà deve dapprima diventare stupido, e poi se ne parla”» (Aldo Grasso).