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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

SCLAVI

Tiziano Broni (Pavia) 3 aprile 1953. Scrittore. Autore del personaggio dei fumetti Bonelli Dylan Dog • «Ha sempre avuto estimatori illustri, fin da quando, ventunenne, pubblicò Film, che Natalia Ginzburg segnalò senza successo a Einaudi. Umberto Eco sarebbe in grado di passare giorni e
giorni a leggere la Bibbia, Omero e Dylan Dog. Per lui il successo della serie
dipende dalla sua “sgangherabilità”. Nel senso, non chiarissimo, che la Divina Commedia è cult perché è smontabile, cioè puoi prendere una terzina e citarla tranquillamente. Il Decamerone no, infatti non è cult. Dylan Dog è smontabile, sgangherabile. Quindi è cult» (Andrea Scanzi) • «Ripenso all’educazione fisica nelle scuole. Quei professori di ginnastica, così odiosi e inutili, che impartivano ordini. Ero un bambino grasso, goffo,
silenzioso. Preso di mira dalla loro tracotanza mentale e fisica. Sono nato a
Broni, però ho abitato per tutta l’infanzia a Canneto Pavese, un posto che odiavo» • «Stephen King ha descritto benissimo cosa vuol dire per uno scrittore di talento
finire nel gorgo della crisi: la paralisi mentale, la noia che avvolge i
pensieri, il senso di inutilità. La differenza è che le sue crisi sono durate alcuni mesi. Le mie vanno avanti da anni» • «Io scrivo per gli altri. Sono balle quando qualcuno dice che lo scrittore scrive
per se stesso. Quelli che tengono le loro opere nel cassetto non vedono l’ora di essere pubblicati postumi» • «Ricordo che è stata mia madre la prima lettrice. Scrivevo e disegnavo. Ma nel disegno non
avevo affatto talento. Anche in Dylan Dog ho investito tantissimo. Lì dentro c’è la mia vita» • «Non ho mai fatto classifiche su che cosa era meglio, se scrivere fumetti o
romanzi. Non sono come Conan Doyle che odiava Sherlock Holmes» • «Uno scrittore non dovrebbe mai essere costretto. Sei costretto a fare l’operaio, il minatore, ma non lo scrittore» • «Quante volte mi sono svegliato in un letto d’ospedale dopo aver tentato il suicidio. Arrivavo a prendere centinaia di
pasticche. Ma siccome sono un vigliacco militante, telefonavo all’amico chiedendogli di venirmi a salvare» (da un’intervista di Antonio Gnoli).