Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
SCARPELLI
Furio Roma 16 dicembre 1919. Sceneggiatore. In coppia con Age ha firmato capolavori
come La grande guerra e I compagni (Monicelli). Nastro d’argento 59 per I soliti ignoti (Monicelli), 65 per Sedotta e abbandonata (Germi), Signore e Signori (Germi, 67), David di Donatello 75 per Romanzo popolare (Monicelli), Nastro 75 per C’eravamo tanto amati (Scola), Nastro 80 per La terrazza (Scola), David 87 per La famiglia (Scola), David 96 per Celluloide (Lizzani) • «Chi comincia a scrivere per il cinema deve sapere che cosa lo deve animare. Non
solo scrivere un testo che diventerà film: distaccato da ogni responsabilità. Vengono fuori solo frescacce. Gli spunti devono venire dalla società. La domanda da farsi non è che film potrebbe venir fuori dal tale testo, ma dove nasce quel testo che
dovrebbe far venire fuori un film. Lo spirito che una volta ispirava il cinema
era semplice, lo si poteva condensare in poche parole: l’osservazione del reale, un nuovo spirito ricostruttivo, l’ironia unita alla drammaticità. Un insieme che si è espresso in tanti modi: commedia, neorealismo, i filoni di genere. Il modo lo
stile il tono sono fondamentali. La vicenda in sé si compra dal tabaccaio. Il giovane che vuole scrivere o diventare regista al
quale domandi perché, risponde “perché mi piace il cinema”. Ma si deve pretendere di più. Ognuno di noi ha il proprio strascico di penne di pavone. Molti provano una
soddisfazione comprensibile: allora quando io facevo il mio cinema non
sbagliavo. Condivido ma non esibisco. Non mi sento maestro nel misero ricordo
di quel poco che si è fatto, non mi dispiace che non venga gettato nella monnezza»
• «La forza della verità è impalpabile ma potentissima. Il successo di certe commedie che noi abbiamo
fatto era questo: avevamo l’orecchio sul selciato, e lo spettatore lo sentiva. Anche se poi veniva tutto
affidato all’immaginazione di Sordi. Ogni volta che torni a mettere l’orecchio sul selciato e senti il pulsare del cuore di quello che c’è dentro, è più difficile sbagliare» • «L’Italia passa per essere un paese di superficiali. Ma nel cinema non lo siamo mai
stati» (da un’intervista di Paolo D’Agostini).