Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
SAVONA
Virgilio Palermo 1 gennaio 1920. Pianista. Membro del Quartetto Cetra, con la moglie Lucia Mannucci • «Il gruppo più longevo d’Italia, forse non solo: costituito nel 1941 e mai sciolto, se non dalla morte
(di Tata Giacobetti e Felice Chiusano). Una vita di pensioni familiari e
recensioni sul New York Times, di valigie dell’attore, Blue Bells dalle gambe infinite, capocomici, impresari, tournée nella Cuba di Batista a spese di un mafioso, Capodanni di periferia. Copiavano
i musicisti neri proibiti dal regime. Li ha copiati Frank Sinatra. La storia
comincia e finisce a Milano. Le nozze tra Lucia Mannucci e Virgilio Savona si
celebrano il 19 agosto 44 tra le macerie della chiesa di san Carlo al Corso.
Virgilio Savona andava a giocare a biliardo al bar Adua di viale Angelico, dove
si ritrovava il primo Quartetto Cetra: con Giacobetti, Enrico De Angelis,
Enrico Gentile e un tale Iacopone, “proprio non ricordo se era il nome o il cognome. Insomma: Iacopone. Una sera mi
chiesero di suonare con loro. Accettai, a patto che non lo dicessero in giro:
non volevo si sapesse al conservatorio. Ero pianista, l’unico del gruppo ad avere una formazione musicale. Suonavo al Valle, grazie a
Mario Riva, davanti a ragazzi indiavolati, mi divertivo a eseguire variazioni
sul tema di una canzoncina di moda,
La Sirena del laghetto, reinterpretata alla maniera di Bach, Beethoven, Debussy, Liszt, Stravinsky”. Alto e basso, musica colta e divertissement, teatro e cabaret. “Ci ispiravamo ai Mills Brothers, per imitare il suono della tromba si
accostavano le mani, ci si stringeva il naso e si soffiava. Blues, dixie,
swing. E jazz. A Roma c’erano due negozi che vendevano dischi proibiti sottobanco, Armstrong ed Ella
Fitzgerald. Bastava non chiamarlo jazz, ma ‘sincopato’. Musica negroide. Da degenerati; eppure piaceva anche al figlio del duce”. Ci sono finestre e vie di fuga, dentro il fascismo. Diventa più dura con la guerra, con l’occupazione. “Suonare era un modo per non sparare. Ci assegnavano canzoni di propaganda, da
cantare alla radio. A noi andò bene”. A Savona,
Banzai giapponesina, da rimare con “banzai bella bambina”. “Si pensava che Banzai fosse il nome. Scoprimmo dopo che vuol dire vittoria”» (Aldo Cazzullo).