Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
SAVOLDELLI
Paolo Clusone (Bergamo) 7 maggio 1973. Ciclista. Ha vinto il Giro d’Italia nel 2002 e nel 2005, secondo nel 99 • «“Non so fare dei numeri, non riesco a staccare tutti gli avversari e non sono un
campione. O forse lo sono, ma solo in discesa”. È quello il suo marchio di fabbrica, per il quale È soprannominato “Falco”. Sognava di correre in bici fin da piccolo e cominciò a pedalare già a 8 anni. Dopo una breve parentesi con la mountain bike, passò professionista nel 96, sfiorando il successo al Giro nel 99: finì secondo dietro a Gotti dopo la triste esclusione di Marco Pantani per
ematocrito alto. In quell’occasione, Savoldelli rimase in corsa per un soffio (valore di ematocrito 49,9%,
un decimo meno del massimo consentito) e la stagione successiva fu coinvolto in
una delle tante inchieste antidoping, quella che puntò il dito contro il dottor Michele Ferrari. Proprio il medico ferrarese, ex
allievo del professor Conconi e preparatore-consigliere di Lance Armstrong,
aveva seguito fino ad allora anche Savoldelli. “Chi possiede un’azienda ha spesso problemi di fisco, chi gestisce una macelleria a volte deve
fare i conti con i Nas, noi corridori siamo nel mirino dei giudici” commentò il ciclista bergamasco, che tuttavia — va sottolineato — nella sua carriera non È mai stato condannato né sospeso per uso di sostanze vietate. Arrivò quindi il trionfo rosa del 2002. Era stato agevolato dalle squalifiche in corsa
di Garzelli, Simoni (entrambi per positività a sostanze vietate) e Casagrande (espulso per danneggiamento a un avversario),
nel 2005 ha sfruttato le défaillance di Cunego, Basso e il ritiro di Garzelli, più accreditati di lui alla vigilia, smorzando infine le velleità di Simoni e Rujano. Ma tra i suoi due exploit rosa, Savoldelli ha vissuto una
serie di disavventure che ne hanno messo in dubbio la carriera e persino l’integrità fisica. “Ho rischiato di morire”. Tenerife, nelle Canarie, 15 febbraio 2003: il corridore bergamasco si sta
allenando quando un motociclista in contromano lo centra colpendolo con il
casco in pieno viso. Paolo crolla al suolo con fratture al volto, a un braccio,
alle vertebre cervicali e a una mano. Sua moglie Simonetta in ospedale non lo
riconosce e lo stesso succede a un amico che lo incontra casualmente due mesi
dopo. Savoldelli cerca di ricominciare, risale in bici ma un anno più tardi, il 13 aprile 2004 a Colonia, in Germania, durante una gara di secondo
piano incappa in un altro pauroso incidente: colpito alla testa dalla
bicicletta di un altro corridore schiantatosi contro uno spartitraffico. La
diagnosi È di nuovo seria: trauma cranico e frattura a un polso. Ancora una difficile
ripresa, appena 35 giorni di corse in due anni, fino al 15 gennaio 2005, quando
a Solvang, in California (Usa), durante un allenamento col nuovo team Discovery
gli scoppia la gomma anteriore della bici: clavicola frantumata e poi
ricomposta con quattro viti e una placca di titanio. “Ho visitato gli ospedali di Italia, Francia, Spagna, Germania e Stati Uniti — ricorda con ironia Savoldelli —. I migliori sono quelli tedeschi, i più efficienti quelli americani”» (Giorgio Viberti)
• «Io non sono come Indurain o Armstrong, campioni che nascono ogni 15-20 anni. Non
sono un duro, a me deve andare tutto bene per poter vincere».