Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

SAVI Fabio Forlì 22 aprile 1960. Serial killer. “Il lungo” della “Banda della Uno bianca” (vedi SAVI Roberto), il solo dei tre a non essere poliziotto

SAVI Fabio Forlì 22 aprile 1960. Serial killer. “Il lungo” della “Banda della Uno bianca” (vedi SAVI Roberto), il solo dei tre a non essere poliziotto. «Studi pochi, amicizie poche, lavori precari: carrozziere, cameriere, imbianchino, alla fine camionista. Nell’80 ha fatto domanda per entrare in polizia, come i suoi fratelli: scartato per un difetto alla vista. La sua vera passione? Le armi. Racconterà la moglie, da cui nell’89 ha avuto un figlio: “Quelle armi le amava, le accarezzava, a volte ci parlava”. Nel 92 il suo matrimonio è già finito. Durante un viaggio in Ungheria conosce Eva Mikula, giovane e bella. Insieme andranno a vivere in un triste residence vicino a Rimini» (Sandro Provvisionato) • «I fratelli Savi sono complementari per carattere. Fabio spara senza emozione. Roberto spara per educare. Dice: “Tutti devono avere paura della Uno bianca”. Fabio scavalca i banconi delle banche per obbedienza. Roberto per sfida. Insieme si sentono invincibili. Protetti dalle armi, dalla precisione di tiro, dalla accuratezza dei sopralluoghi, dall’assenza di scrupoli» (Pino Corrias) • è identificando la sua immagine sbiadita rimasta sulla telecamera di una banca di Cesena, che la polizia arrivò a smascherare la banda. La polizia lo prese (21 novembre 1994) nell’area di servizio Fella Est, a tre chilometri dal confine: «Al fianco una piccola bionda a serramanico, Eva Mikula, romena, 19 anni, e i nervi a pezzi. Li intercettano due giorni dopo, ore 3 del mattino, sono in un’area di servizio, e stanno litigando. Lei non vuole attraversare nessun confine. Lui non ha documenti, non ha soldi e non ha più Roberto a dirgli quello che deve o non deve fare. Addosso ha una Beretta 9x21 con 5 caricatori. Può finire la guerra a suo modo. Invece quando vede i due ragazzi della stradale che gli chiedono i documenti, si arrende. Eva è ancora più svelta, scoppia a piangere, ha freddo, ha paura. Dice che ha visto l’inferno, le armi, i soldi, i complici e ha preso un sacco di botte. Racconta quello che manca» • Lui è stato condannato all’ergastolo, lei è stata assolta da tutto («Cosa avrei dovuto fare, chiamare il 113? Avrebbero risposto loro»), poi si è sposata, ha divorziato, adesso vive gestendo un bar ad Anguillara Sabina, vicino a Roma.