Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
SARCINELLI
Mario Foggia 9 marzo 1934. Economista • Studioso di questioni monetarie, bancarie, finanziarie e fiscali. Autore di
numerose pubblicazioni, professore a contratto presso le Università romane de La Sapienza e Luiss. È stato vicedirettore generale della Banca d’Italia, direttore generale del Tesoro, vicepresidente della Bers, presidente
della Bnl, presidente della Diners Club Sim e, per pochi mesi nell’87, ministro del Commercio estero • Nel 1979, da direttore generale della Banca d’Italia, fu arrestato per iniziativa del giudice Alibrandi, che avrebbe messo in
carcere anche il governatore Paolo Baffi (5 agosto 1911-4 agosto 1989) e ne fu
impedito dai limiti d’età. Scalfari ha riassunto così quella vicenda: «Paolo Baffi È stato un economista insigne e questo È noto. Ereditò la carica di governatore quando i tempi non erano più molto sereni. Anzi, erano arrivati i cupi anni di piombo e anche l’economia batteva il passo. Gli investimenti languivano, il potere politico
effettuava invasioni sempre più pesanti nelle istituzioni, la Banca d’Italia era un intralcio sempre meno tollerato. Baffi lo sapeva e temeva l’occupazione politica del credito. Era rigoroso per carattere. Diventò inflessibile. Il capo della Vigilanza, Sarcinelli, ci metteva di suo l’intransigenza giovanile. Tra gli istituti di credito più influenzati dalla politica e dalle “arciconfraternite” c’era allora l’Italcasse e la Vigilanza decise un’ispezione accurata. Segnalò prestiti di grande rilievo senza sufficienti garanzie in favore dei “palazzinari” di allora, che godevano di larghe protezioni politiche. Il seguito di quella
vicenda È noto: la procura della Repubblica di Roma spiccò mandati contro Baffi e Sarcinelli per un preteso abuso di potere in un’operazione dell’Imi. Sarcinelli fu arrestato, a Baffi fu ritirato il passaporto. Lo scandalo fu
enorme. Si formò un fronte di resistenza e di protesta (
venne tra l’altro sottoscritto da 130 economisti di tutte le tendenze politiche un documento
di solidarietà a Baffi e Sarcinelli — ndr) e mi onoro di ricordare che Repubblica ne fu il capofila. Correva l’anno 1979. La Procura fece marcia indietro, ma il colpo per Baffi fu molto
grave. Si dimise e Ciampi ne prese il posto» • Sull’episodio il Sole-24 Ore ha pubblicato un inedito di Piero Chiara: «Un giorno, come la storia o la cronaca hanno registrato, venne fatta una accusa
di finanziamenti indebiti alla Banca d’Italia. Un castello di ipotesi e un gioco di responsabilità del quale non si capiva il fine. Il suo direttore generale o suo secondo,
Sarcinelli, venne arrestato. Tutta Italia era in aria per il gran caso. Si
parlava addirittura di un mandato di cattura pronto anche per Paolo Baffi.
Sembrava che lo Stato italiano fosse diventato un grande Origene, deciso a
tagliarsi tutto l’apparato delle sue istituzioni. Ero a Roma in quei giorni e una sera Ponzellini,
che era anche lui a Roma, mi telefonò all’Excelsior, albergo dove scendevo solitamente, per chiedermi se fossi andato
volentieri a cena con Baffi, che ci invitava. Si cenò al Gladiatore, dietro il Colosseo. A tavola con noi c’era mia moglie, la moglie di Ponzellini, la Sandra, il figlio di Baffi, un
fratello della Sandra e forse due altre persone che non ricordo. Ogni tanto
arrivava un fedele a riferire gli umori della procura. Pareva che stessero
emettendo il mandato di cattura. Poi pareva di no. Fu una continua alternativa
che durò tutta la cena e oltre. Pareva di vivere sotto Nerone, quando il sovrano poteva
decidere da un momento all’altro di far sapere a Seneca e a Burro che dovevano morire […] Due anni fa incontrai Baffi a Trieste, all’Hotel Duchi d’Aosta. Era impegnato in consulenze o conferenze. Stavo facendo la prima
colazione quando mi comparve davanti, inavvertitamente gli diedi del tu, come
non avevo mai fatto. Ne fu felice. M’invitò, qualche mese dopo, in un ristorante di Roma, con Sarcinelli, Valerio Zanone,
il Nobel prof. Bovet e un’altra quindicina di amici scelti non a caso. Al caffÈ si alzò e fece un misurato discorso nel quale rievocò e deprecò, da grande politico, la persecuzione esercitata contro la Banca di Stato,
facendo capire già allora che i veri briganti erano ai vertici dello Stato. Si appagò di quel discorso, al quale rispose con garbo Zanone, e ritenne chiusa la
partita. A pensarci bene, ... l’elezione a governatore e le settimane di ansia al tempo dei mandati di cattura
facili sono state le vere fortune della sua vita, altrimenti ravvivata solo dal
lavoro, che È un’ottima medicina per sopravvivere, ma non per vivere».