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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

SANGUINETI

Edoardo Genova 9 dicembre 1930. Poeta • «Autentico poeta dell’oltranza, continua a testimoniare da quasi mezzo secolo le possibilità di un’intelligenza letteraria tanto acuminata quanto autocritica; e ad imporsi come
una delle voci poetiche più beffarde e risonanti del secondo Novecento italiano» (Stefano Giovanardi) • «Cavaliere di Gran Croce e Corona d’Oro per la poesia in Macedonia, è anche Faraone Poetico dell’Istituto Patafisico di Milano, nonché — così la biografia — Satrapo Trascendentale. Titoli che parodiano il filone ludico-ironico delle sue
bizzarrie linguistiche: le poesie di Laborintus (56), Triperuno (64), Bisbidis (87), o saggi come Ghirigori e Scribilli. Vena risalente all’antologia dei Novissimi, 61. Da lì sbocciò il Gruppo 63: scrittori, poeti, studiosi d’estetica (c’era pure Umberto Eco), a caccia di nuove forme espressive. Sanguineti non era
ancora accademico di Letteratura (in ruolo dal 68 al 2000, nelle università di Torino, Salerno e Genova, la sua città). In un dibattito del 65, con Calvino, Citati e Fortini (secondo il quale l’ideologia del Gruppo 63 coincideva con quella del consenso), Sanguineti
spiegava: “La nuova letteratura non vuole più sentirsi dogliosa per poteri fittizi che ha smarrito e dei quali non sente
alcuna nostalgia”. “Fui lungimirante quando proposi il titolo di
Novissimi per la nostra antologia poetica (con Balestrini, Giuliani, Pagliarani e Porta).
Da un lato, c’era l’idea di essere estremi, in tono vagamente apocalittico, come antipoesia rispetto
al gusto dell’epoca; dall’altro, mi sembrava l’ultimo movimento possibile, rispetto a una certa condizione culturale. Pur con
qualche goffaggine nei casi meno insigni, il gruppo produsse un risveglio cui
non si sotrasse neanche Calvino, il quale cambiò pure lui modalità di scrittura. Fu una cosa contagiosa, i cui esiti mi sembrano ancora validi.
Sostenevo che compito del critico è non di ‘missione’ ma di ‘dimissione’. Il problema non è stabilire ciò che è bello o ciò che è poesia, quanto di farsi storici: uscire fuori dalla categoria giudicante dei
critici, verso un’interpretazione storica concreta. La ‘missione’, insomma, è di dare le dimissioni da critico ‘puro’”. S’è collaudato in responsabilità istituzionali: consigliere al Comune di Genova, nel 76; deputato (79-83),
indipendente nelle liste del Pci. “Per me era un impegno significativo, in circostanze di rischio per le
istituzioni repubblicane, negli anni del terrorismo. Ma i miei compiti di
militante li ho svolti molto più nel lavoro culturale che partecipando alle istituzioni politiche. Non si può fare tutto nella vita. O ci si dedica alla politica, o si cerca, da
intellettuali, di sviluppare la propria azione sul terreno culturale”» (Pietro M. Trivelli)
• «Non si può dire certo che, parlando di impegno e letteratura, con Edoardo Sanguineti ci
troviamo su una strada periferica. Perché su quella via Sanguineti ha cominciato nel 65 (con un libro intitolato Ideologia e linguaggio, Feltrinelli) e da allora tutto quel che scrive, poesia narrativa critica,
converge a illuminare questo nesso. Anzi questa “unità dialettica”, per usare le sue parole. Premessa teorica, ma neanche tanto teorica: “Al centro — dice — c’è l’idea che ogni comunicazione umana anche non verbale ha sempre un contenuto
ideologico: non c’è che politica a questo mondo, nel senso complesso della parola, che comporta una
visione dell’uomo come animale sociale”. Dunque, il rapporto politica-letteratura è, per Sanguineti, un rapporto più che simbiotico: “Qualunque scrittore, lo voglia o no, è militante”» (Paolo Di Stefano).