Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
SALVATO
Ersilia Castellammare di Stabia (Napoli) 30 giugno 1941. Politico. Plurideputata e senatrice (otto volte in Parlamento),
già vicepresidente del Senato. Ex sindaco di Castellammare di Stabia • «Monumentale leader storica della sinistra radicale stabiese. Docente alle medie,
deputata e poi senatrice dal 76, prima del Pci, poi di Rifondazione, poi ancora
dei Comunisti Italiani dopo la scissione sulla sfiducia al governo Prodi e
infine della Quercia, dov’era approdata per la delusione (“uno scacco personale e politico”) d’esser stata scartata come Guardasigilli in favore di Diliberto “solo perché non abbastanza cossuttiana”: cosa c’era di meglio, pensarono in riva al golfo, di una che è stata anche vice presidente del Senato? Lei accettò, vinse largo alle elezioni nonostante il gran ritorno in appoggio al suo rivale
di Antonio Gava (che ai tempi belli era stato il patriarca della cittadina), si
insediò in municipio (“mi guardavano come una matta: ma come, alle otto e mezzo di mattina già sta qua?”) e fece la rivoluzione. Non rossa: rosa. Nominò un vice sindaco e sei assessori donne, tra cui Anna Maria Carloni, leader del
movimento “Emily” di Napoli e compagna di Antonio Bassolino. E poi una donna (Argia Albanese)
quale presidente delle Terme Stabiane, e una donna (Franca Fiorenzano) come
segretaria generale e una donna (Rosa Desiderio) a capo dei vigili urbani e
ancora una donna (Isa Ferraguti) alla guida dell’azienda municipalizzata dei servizi. Il che, in un paese come il nostro apparve
a molti, di destra e di sinistra, più o meno come lo sbarco dei marziani. Un mese e mezzo dopo dentro la sinistra era
già guerra. Conclusa alla fine di aprile del 2004, dopo un paio d’anni di contrasti, con un patto trasversale tra sinistra e destra e le
dimissioni di 18 consiglieri comunali (oltre la metà della maggioranza) su 30. Un gesto che automaticamente portò allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario. “Una vergogna”, dissero le donne di “Emily”. “Una vergogna”, denunciò la Salvato, “Destra e sinistra si sono saldate per difendere i propri interessi. Che
coincidono con un vecchio modo di far politica, basato su logiche spartitorie”. Falso, risposero gli avversari interni: “è che lei voleva fare tutto da sola. Ma un sindaco non è un podestà”» (Gian Antonio Stella).