Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
SALAMON
Marina Tradate (Varese) 3 settembre 1958. Imprenditrice. Dell’abbigliamento • «Nota per i suoi interventi stampa e televisivi in qualità di prima padrona illuminata. Dopo aver rinunciato alla maternità fino alla trentaseiesima primavera, Salamon ha sfornato quattro figli in sei
anni. Un caso di bulimia puerperica, non raro tra le primipare anziane. Ricca
com’è, può infantare quanto le aggrada. Era sempre lì sul teleschermo, come i fagioli in un piatto messicano. Stando ai suoi racconti
ebbe un’infanzia mitica. A cinque anni, il papà le leggeva Proust. A sei, parlava quattro lingue. Crebbe sensibile e spiritata
com’è adesso. Occhi sgranati che causano strabismo in chi è di fronte. Mani agitate che trasmettono il ballo di San Vito. Intelligenza
tuttologica, paragonabile al cardinal Tonini. Ricchissima, a diciotto anni è a Londra in povertà, per farsi le ossa. Lavora da commessa in un negozio Benetton, quando il
Destino si intrufola tra le magliette. Luciano Benetton in persona viene in
visita e si innamorano a pranzo. Lui è maggiore di ventitré anni. Per lei lascia i figli e la moglie Teresa che non gli concederà mai il divorzio. Lo scandalo è grande, ma Luciano porta egualmente nella città natale di Treviso l’affascinante concubina. La rinchiude a Quarto D’Altino in una villa strepitosa e si amano per diciassette anni. Ovviamente, non
fanno solo quello. Lui diventa il più importante industriale del globo, settore magliette colorate, e lei pure si
avvia all’imprenditoria. Sempre secondo la leggenda indotta dalle sue interviste, Marina
debutta nel sottoscala della principesca dimora con una linea di camicie
femminili il cui marchio, Altana, evoca la precarietà di questo primo atelier. Assume alcune dipendenti, poi altre, sempre e solo
donne. La grande storia con Benetton cessa di colpo nel 93, quando è in arrivo un figlio. Lui ne ha già quattro di primo letto e non ne vuole un quinto decenni dopo. Senza una parola,
com’è nel suo carattere patologicamente taciturno, Luciano la abbandona. Marina tiene
botta. Decide di avere il bimbo anche se i medici le hanno detto che ha
problemi e il parto sarà difficile. Sceglie Parigi per le attrezzature, diventa mamma di Brando. Il
bimbo è spiccicato al padre, stessi occhi attoniti. “Chissà che vedendo il suo ritratto non cambi idea?”. Non succede e, per incanalare verso il bene comune il travaso di bile, Marina
si butta in politica. Appoggia il neosindaco diessino di Venezia, Massimo
Cacciari, e ne diventa assessore. Poco dopo, sbatte la porta perché ha aspettato mezz’ora una fotocopia. “Nello stesso tempo in fabbrica, avremmo comprato due fotocopiatrici”. Il piccolo Brando è il solo antidoto alle delusioni. Funziona così bene, che Marina pensa: “Se faccio dei multipli, sarò eternamente felice”. Presa la decisione, va in cerca del padre e trova Marco Benatti. Ancora una
volta, un uomo sposato. Altra separazione, nuovi dolori. “Marina è rimasta folgorata dal mio sorriso”; ha detto lui per giustificarsi. è proprio vero, Dio li fa e poi li accoppia» (Dagospia).