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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

ROSSI Valentino Tavullia (Pesaro) 16 febbraio 1979. Motociclista. Sette volte campione del mondo. Terzo centauro della storia a conquistare il titolo mondiale nelle classi 125 (97), 250 (99), 500 (2001)

ROSSI Valentino Tavullia (Pesaro) 16 febbraio 1979. Motociclista. Sette volte campione del mondo. Terzo centauro della storia a conquistare il titolo mondiale nelle classi 125 (97), 250 (99), 500 (2001). Nel 2002, 2003, 2004 e 2005 ha vinto anche quello del Moto GP (i primi due con la Honda, gli ultimi due con la Yamaha) • «È uno di quegli sportivi che hanno saputo uscire da una fama specialistica per diventare star a prescindere, molto più noti del loro stesso sport, riconosciuti e applauditi anche da chi niente sa di pistoni e di traiettorie» (Michele Serra) • Figlio dell’ex motociclista Graziano (che chiama per nome) e di Stefania, geometra comunale: siccome la mamma dopo la separazione dal marito ha fatto un altro figlio (Luca) che È ancora piccolo ma va già forte in moto, anche il padre ammette che forse il talento l’ha preso da lei. Poca scuola, cruccio di mamma: «Mi ricordo bene quanto mi arrabbiai con lui perché all’esame di terza media prese solo sufficiente». A lei andò il primo pensiero quando a Urbino gli diedero la laurea ad honorem in Comunicazione e pubblicità. Motivazione dell’Università: «Rappresenta un modo moderno di intendere la comunicazione». Il papà: «Ha smesso al secondo anno del linguistico. Pensavo che sarebbe stato felice e invece era un po’ dispiaciuto di dover lasciare la scuola». A quattro anni la prima motina. La mamma: «Era un po’ più grande, io ero andata a lavorare e la signora che mi aiutava non lo sentiva più. È andata in garage e lo ha trovato con la moto completamente smontata». Papà Graziano: «Ho dato gli ultimi consigli a Valentino quando aveva cinque o sei anni e lui allora faceva finta di ascoltarmi. Dai sette anni in poi non ha fatto nemmeno più finta. E ha fatto bene» • Alle prime gare in kart seguirono quelle ad inseguimento con i carabinieri di Tavullia e quelle sull’Ape Piaggio utilizzata come scuolabus («perché in moto fa freddo e lì dentro invece si sta caldi»). Con la Cagiva 125 procuratagli da Virginio Ferrari (amico ed ex rivale del padre) vinse nel 94 il titolo italiano • «Essere figlio d’arte all’inizio serve. La moto giusta, la tuta, il casco, soprattutto i consigli ad hoc per sbagliare il meno possibile» (Filippo Falsaperla). Nel 95 passò all’Aprilia, rivinse l’italiano, fu terzo nell’Europeo. Nel 96 il debutto mondiale, con vittoria a Brno e nono posto in campionato. Nel 97 il primo titolo (con 11 Gp), nel 98 il passaggio alle 250 (subito secondo), nel 99 diventò il più giovane di sempre a vincere nella quarto di litro. Poi toccò alla 500, con la Honda, secondo nel 2000, primo nel 2001. «Aver guidato una Honda 500 È stata l’esperienza più bella che ho mai fatto: sono stato fortunato ad aver disputato gli ultimi due campionati delle 500, poi avrebbero abolito la categoria. È indubbio, le moto mille di cilindrata vanno di più, ma appiattiscono il livello della prestazione e restano più facili da guidare, da mettere a posto». Quindi il dominio nella MotoGp • Papà Graziano: «Fin quando non ha vinto la prima gara 500 a Donington non sono mai stato sicuro che fosse un pilota forte» • I trofei mondiali vengono custoditi in una bacheca nella sede della Great White London (società che cura i suoi interessi): c’È posto per sedici, uno in più del record di Agostini • «Ho sempre pensato che fosse giusto avere dei simboli. Io ho scelto un colore solare come il giallo e il numero quarantasei, che era quello che mio padre aveva quando vinse la sua prima gara mondiale» • Il suo primo mito È stato il giapponese Norifumi Abe • «Muoversi molto lentamente sulla moto» (il segreto di un campione di motociclismo secondo lui) • «È alto un metro e ottanta. Ha leve lunghe e muscoli elastici. Ha polsi sottili. Ha nervature solide come un impianto di frenata Brembo. Ha il peso levigato dalla galleria del vento e il fegato di uno che pattina sui fili elettrici. Ha dita in lega e polpastrelli morbidissimi» (Pino Corrias) • «Magro (tanto) e molto alto. Sembrava non lo aiutasse. In 125 non entrava nella sua piccola Aprilia, su cui si esibiva in incredibili contorsioni. Però le lunghe leve ora gli permettono quasi di avvolgere il mezzo, per dominarlo, soprattutto nei momenti di difficoltà. Quei numeri pazzeschi quando la moto tenta di sbalzarlo di sella ne sono l’effetto più visibile» (Filippo Falsaperla) • «Secondo me, assomiglia ad Alessandro Magno» (Lucio Dalla) • «È un sognatore timido, un ragazzo con una latente malinconia esistenziale che vorrebbe essere altre persone, incontrare uomini che mai potrà incontrare. Jim Morrison, Steve McQueen» (Milo Manara, che lo ha trasformato in un fumetto) • «Irridente come Cirano, impietoso come Monzón, bello come un putto del Cinquecento, giovane più della sua età, più simpatico di Jerry Lewis, insomma, più figo del noiosissimo Brad Pitt, ci allieta le domeniche con attesissime delizie e inattese arti» (Mina) • «Vorremmo conoscere una persona che non ami Valentino Rossi, una soltanto» (Sandro Veronesi) • «Mi sento un po’ come Valentino Rossi» (Alessandro Baricco) • Nel 2005 gli hanno chiesto di fare la classifica dei suoi successi più belli: «1. Gran Bretagna 2000. La prima vittoria con la Honda 500. È stato come vivere un sogno, soprattutto perché l’ho ottenuta sotto l’acqua. E molti di voi si ricordano come in quegli anni io con il bagnato avessi dei problemi. È stata una vera sorpresa. 2. Australia 2001. Per me È stata una gara importantissima: per la prima volta sono diventato campione del mondo della 500. Mi ricordo una gara nella quale ci siamo trovati a combattere in otto, c’È stata una grande bagarre e ho vinto sorpassando Biaggi all’ultimo giro. 3. Australia 2003. Quel giorno mi hanno penalizzato di 10 secondi per avere superato con bandiera gialla. Io sono riuscito a recuperare il margine e a vincere. È stata la volta in cui sono andato più forte con la Honda, una grande gara. 4. Sud Africa 2004. La prima vittoria con la Yamaha, al debutto con la moto di Iwata. La considero come la gara più bella che ho disputato nella mia carriera. Ed È stata una gran sorpresa per tutti. 5. Australia 2004. A Phillip Island, mi sono dato battaglia con Gibernau fino alla fine. Sono riuscito a sorpassarlo tre o quattro volte nell’ultimo giro e poi a batterlo, vincendo il Mondiale con la Yamaha» • Nel 2003 quelli della Yamaha, che non vincevano da anni, giurarono: «Nel 2004 compiamo 75 anni, dobbiamo vincere la MotoGp, non importa come». Il come era lui, che in, quel momento era sotto contratto con la Honda. La trattativa fu condotta in tutta segretezza: «Decisi di incontrarli con il mio manager Gibo Badioli a Brno, in segreto. Il posto giusto era la clinica mobile, ci vedemmo a tarda sera, nel paddock non c’era più nessuno. Davide Brivio e Lee Jarvis vennero fuori sui loro scooter, dal buio: erano passati dalla foresta. Sembravamo amanti in un incontro di mezzanotte». Accettò l’offerta nonostante tutti lo sconsigliassero: «Nemmeno mio babbo avrebbe mai scommesso sul fatto che avrei vinto». Max Biaggi, Marco Melandri e Alex Barros, che avevano tentato e fallito, chiamavano la Yamaha «il barattolo», «la scorbutica», «l’intrattabile». Appena arrivato, un meccanico giapponese commentò: «È molto meglio di quanto pensassimo, È in grado di decidere se un freno È buono o cattivo in due giri, il computer ci dà un milione di dati che però nessuno sa leggere». Per non rischiare, si era portato dietro dalla Honda il capomeccanico Jeremy Burgess, che l’aveva seguito senza pensarci un secondo («uno come Valentino ti può capitare una volta nella vita»). Finì che vinse subito, alla prima gara: «Qualcosa di impensabile, anche per me. Il motociclismo È cambiato per sempre l’8 aprile 2004. A fine gara, quando mi sono seduto a fianco della moto, ho stretto la testa tra le ginocchia e ho iniziato a ridere. Ridevo di cuore. Ridevo per l’incredibile sentimento di orgoglio, sollievo e felicità che mi aveva pervaso. E allora, mi dicevo, alla fine ho avuto ragione: ho fatto bene a lasciare la Honda. Un mio amico, in una delle ultime gare del 2003, aveva visto Sete Gibernau prendermi in giro davanti a un televisore che trasmetteva immagini mie. “Vedrete”, diceva, “quando sarà su una Yamaha addormentata non riderà più”» • «Riassumermi» (alla domanda «cosa deve fare la Honda per tornare a vincere il MotoGp?») • «Quelli della Honda sono più borghesi, alla Yamaha più campagnoli» • Su Max Biaggi: «Non lo stimo, ma non l’ho mai odiato, l’odio non È un mio sentimento. A Barcellona, nell’estate del 2001, ci siamo dati calci e pugni sulla scaletta che porta al palco, appena finita la gara. Erano cinque anni che accumulavamo tensioni» • Su Marco Melandri: «Sulla Yamaha, se non hai le palle, arrivi quindicesimo. Poi sali su una Honda e arrivi terzo» • Su Sete Gibernau (odiato da quando nel 2004, in Qatar, raccontò ai giudici che aveva fatto lavare la sua postazione in griglia di partenza e lo fece retrocedere di 10 posizioni): «Lui dice di avere tanti tifosi in Italia, ma io se devo essere sincero non ne ho mai conosciuto uno» • Sui compagni di squadra: «Quando vedo che gli altri non vanno bene un po’ mi spiace, perché sono un pilota Yamaha anch’io. Però poi, sinceramente, un po’ mi fa piacere... Così si vede che sono io che faccio la differenza...» • «Vince come se fosse facile, una sciocchezza, tipo scrollandosi un po’ di polvere dal petto» (Pino Corrias) • «Lui si diverte, a vincere. Lui vince, e chiede: quando si ricomincia? Come un bambino» (Emanuela Audisio) • «È l’immagine della gioia» (Beppe Severgnini) • «Le poche volte che perde continua a mostrarsi felice» (Kenny Roberts, pluricampione del mondo anni Settanta) • «Ha due gambe e due braccia anche lui. O no?» (Loris Capirossi) • «Lui ha vinto sette mondiali, io quindici. Sono la cosa a cui tengo di più al mondo. Per ora faccio il tifo per lui, gioisco delle sue gioie. Certo che se si avvicina ai quindici titoli cambio cavallo» (Giacomo Agostini) • È famoso per le trovate organizzate con il fido Uccio e gli altri amici di Tavullia per celebrare le vittorie: dalla Polleria Osvaldo alla bambola Claudia “Skiffer” (caricata sul sellino per irridere le storie con le top model esibite da Biaggi); dalle divise da carcerato indossate per celebrare le evasioni dai periodi grigi agli amici giramondo pronti a travestirsi anche da vigili per multarlo in pista per eccesso di vittorie. A Phillip Island, per ricordare l’ex campione del mondo Barry Sheene appena scomparso, sventolò una bandiera col suo numero 7: «Ho usato il lenzuolo dell’hotel, chiedo scusa». Celebre la volta in cui con le gomme della moto disegnò sulla pista un cerchio perfetto: «Col freno anteriore blocchi la moto che non può avanzare. Poi lasci la frizione e la gomma inizia a girare. La ruota anteriore bloccata serve da perno, la rotazione di quella dietro innesca il giro: come un compasso. Per questo, se tutto È a posto, viene perfetto. La cosa difficile È ripartire, perché devi continuare a fare slittare la ruota avanzando. Lì puoi sbagliare». Se non vince un Gp, non vuol più sentir parlare della scenetta preparata per celebrare la vittoria. Tra le gag perdute per sempre: in Germania, nel 2003, un campanile alto 6 metri, campana e registrazione del suono da mandare in televisione e amplificare in tribuna; in Francia, nel 99, subito dopo il wc a bordo pista con cui aveva festeggiato la vittoria di Jerez beccandosi 5 milioni di multa, quelli del fan club avevano pensato a un giro d’onore col pannolone. Klaus Davi: «È come se catalizzasse aggressività, ossessioni e stress che accumuliamo quotidianamente, per poi scioglierle in una gran risata post Gp. Un vero e proprio sfogatoio nazionale. Un vero e proprio “servizio pubblico”» • Nel 2005 ha guadagnato 24 milioni di euro (The Financial Times), settimo tra gli sportivi più pagati al mondo, primo degli italiani. L’esperto di marketing Alberto Acciari: «Presto guadagnerà 50 milioni l’anno». La copertura assicurativa dei suoi polsi vale 12-13 milioni di euro (Eta Meta Research). Masao Furusawa, boss del reparto corse Yamaha: «In sella alla moto È un genio. Certo, ci piacerebbe pagarlo un po’ meno» • Tirchio. Marco Melandri: «Sono un suo buon amico. Una volta mi ha offerto un panino!» • «Sono abbastanza ricco che se voglio una cosa la compro, però non faccio cose da matti, né voglio far vedere agli altri che i soldi li ho» • Le aziende che lo vorrebbero per testimonial non si contano. Badioli: «Ormai non dico neppure no, non rispondo e basta. Il pilota va usato con oculatezza, per evitare sovraesposizioni» • Marco Testa: «Sa parlare a tutti, dagli zero agli ottant’anni». Honda Civic gli deve un aumento delle vendite in Italia del 25 per cento. Nastro Azzurro l’ha seguito fin dall’inizio, «da quando lui portava agli amici le casse di birra dei concorrenti». All’inizio diceva che non avrebbe mai accettato una marca di sigarette come sponsor. Passato alla Yamaha, ha cambiato idea: «Sono un pilota, e tra restare a piedi e correre così, devo scegliere di correre così» • «Dovessi dire di sì a tutte le proposte che mi arrivano, sarei in televisione con la stessa frequenza del Pippo Baudo dei tempi d’oro» • Appartamento a Londra (anche per motivi fiscali), 150 metri quadrati a pianterreno che danno su Piccadilly, casa a Ibiza, dove va spesso in discoteca dal suo amico dj Ralf, vola con aereo privato su rotte brevi e British Airways su quelle lunghe: «Diventare un idolo in Italia vuol dire diventare ostaggio degli italiani: ti fanno tuo e ti considerano di proprietà. Non credo esista un popolo capace di darti un affetto così grande, ma io non potevo più fare benzina, comprare un paio di jeans» • La cosa che ama di più È «fare i traversi», divertirsi sulla strada con l’auto • Dorme il più possibile: «Io ho bisogno di riposare e allora non faccio niente ed È meraviglioso» • Non ama le sorprese: «Mi mettono agitazione» • È sempre in ritardo (ci ha pure scherzato sopra in una pubblicità Fastweb). Davide Brivio, team manager Yamaha: «Meglio un pilota che vince e al lunedì si presenta all’una, che uno che perde e alle 8.30 È già in pista» • Sulle donne: «Io non mi innamoro perché chi si innamora va più piano»; «Le ragazze? Sono come i giornalisti. Finché vinci ti vengono dietro, quando perdi ti voltano le spalle»; «Quante ragazze sono state con me perché sono Valentino Rossi? Tutte, direi. Ma se fossi una tipa che riceve un invito da Valentino Rossi, be’, che cavolo, lo accetterei». La storia più famosa con Martina Stella, poi tante altre, senza importanza. La mamma: «Erano tutte cavolate, tempo perso» • Nel 2005 scrissero che stava per diventare padre: «Una bufala che mi ha fatto venire i brividi. La sola idea mi stranisce. Io ho bisogno di essere ancora figlio, altro che padre» • «Dylan Dog. È il mio idolo. Mi piacerebbe essere un po’ come lui» • «Se dovessi scegliere un altro sport mi sarebbe piaciuto fare la ginnasta. Sì, proprio al femminile, quando le ho viste mi sono sembrate molto armoniche e belle» • «Giù dalla moto È di una lentezza esasperante» (Badioli) • Voterà? «No, no» (alla vigilia delle politiche 2006) • Tifa per l’Inter • Per anni si È parlato del suo passaggio in Formula 1 («dove corrono non i piloti più bravi, ma i più bravi fra quelli ricchi»), con la Ferrari. Pur allettato dall’idea, per adesso l’ha accantonata: «In effetti, per me ci sarebbe una pressione spropositata. Non terrebbero mai conto che È il mio primo anno: Valentino Rossi non può permettersi di sbagliare! E tutti quelli che non hanno potuto spararmi mentre ero in moto perché non gliene ho mai data l’occasione sarebbero pronti a farlo adesso. Il bersaglio, in F1, l’avrei davanti, sul cuore, non dietro la schiena come qui in moto!» • Briatore: «Fare due-tre test al Mugello non significa nulla. Di gente che va forte una volta È pieno il mondo. Come al casinò: la prima sera vinci, ma poi ci sono la seconda, la terza […] Se davvero vuole essere un pilota di F1, prenda le cose seriamente e faccia tanti test. Altrimenti resti con i bambini, si diverta a vincere con i suoi giocattoli» • Jarno Trulli: «Rossi in Ferrari dal 2007? Evidentemente da quella stagione non vuole più vincere. Uno non impara a guidare la macchina in poco tempo, noi ci cimentiamo in simulazioni di gara per anni interi e non lo facciamo per gioco, io ho dovuto aspettare più di cento gp per poterne vincere uno. Se la Ferrari sceglie Rossi, significa che sta andando verso il disfacimento». Jean Todt (boss Ferrari): «Basta parlare di lui, altrimenti finirete per farmelo odiare». Alex Zanardi: «Io appartengo al partito dei possibilisti, penso che Valentino Rossi abbia le capacità per fare grandi cose anche in F.1». Rubens Barrichello (ex pilota Ferrari adesso alla Honda): «Deve imparare a regolare la vettura, a preparare un assetto, ma queste sono cose che con il tempo possono arrivare. Se c’È la base, apprendi tutto il resto. È se ti mancano velocità e coraggio che il resto non serve a niente». Jean Alesi (ex pilota Ferrari): «Un consiglio: se fa questi test con la Ferrari smetta subito con le moto altrimenti rischia di uccidersi, le due cose assieme sono molto pericolose. Se dopo aver acquisito la frenata sulla macchina torni sulla moto, rischi di volare via alla prima curva». Dubbi anche tra i motociclisti. Mick Doohan (ex campione mondiale delle 500): «I suoi rivali sarebbero piloti con anni di esperienza, lui partirebbe da zero. Qui È considerato un imperatore, là sarebbe un comprimario». John Surtees, l’unico che abbia vinto il mondiale sulle due e sulle quattro ruote: «Se vorrà fare il salto dovrà cominciare ad allenarsi anche sulle monoposto o nei rally come preferirà, ma non dovrà aspettare troppo. È ancora giovane, però il tempo vola e bisogna fare esperienza per riuscire». Serra: «Un arcitaliano come Valentino Rossi al volante di una Ferrari sarebbe una specie di ricongiunzione virtuosa tra la qualità industriale del paese e la sua misteriosa qualità umana, così indisponente quando esce di strada, così ineguagliabile quando indovina la curva» • Vincesse anche con la Ferrari, dovrebbe trovare nuove sfide. Wayne Rainey (ex campione del mondo delle 500): «Magari può essere un’idea provare a vincere con le gomme Dunlop» • «Il motociclismo esisteva prima di me ed esisterà anche dopo che me ne sarò andato. Magari la signora che prepara la sfoglia in casa mentre io corro guarderà un altro programma».