Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

ROSSI Paolo Monfalcone (Gorizia) 22 giugno 1953. Attore. Comico • «Passa per essere uno degli attori italiani più eversivi, anfetaminici e censurabili

ROSSI Paolo Monfalcone (Gorizia) 22 giugno 1953. Attore. Comico • «Passa per essere uno degli attori italiani più eversivi, anfetaminici e censurabili. Taglia da kid intrepido e da story-teller peso Piuma, occhi buoni che se la ridono, e un qualcosa (a dispetto della nomea) di non-polemico e non-irruento nei toni. Come a dire che dignità e impegno non corrispondono a tatuaggi da kamikaze. Anzi. Attore scomodo e di culto per maree di giovani» (Rodolfo Di Giammarco) • «Mio nonno, di Corleone, era stato in una compagnia di Rosso di San Secondo, e dopo vari sperperi era finito nella Solvay di Monfalcone creando una filodrammatica pirandelliana. Mia zia calcava la scena, vinse un concorso italiano con uno sketch basato su vari dialetti collezionati in treno, le offrirono un contratto, ma la famiglia intimò: “O ti sposi o reciti”, lei s’intimorì, fece la casalinga. Anch’io, con papà che stava alla Solvay come mio nonno, ero destinato a fare il perito chimico. Ma mi piaceva di più il mondo dello spettacolo. Visto dal basso. Ho cominciato facendo il tuttofare nella compagnia di Gianni e Cosetta Colla. Come manovratore di marionette, addetto alle scene, ai rumori di fondo, e anche come attore. La sera, per 2.500 lire, m’impegnavo in un teatro sperimentale, il Cth di Milano (la sigla stava per Centro teatrale dell’hinterland), una cantina di 70 posti in un condominio di Via Valassina dove regnava l’off e il politico, con pubblico che c’era e non c’era» • «Con un amico psicologo mettemmo in cantiere anche psicodrammi, reclutando Gigio Alberti che era stato mio collega in un corso di recitazione d’un attore del Living Theatre, e una biondona presa con un annuncio sui giornali. Volevamo proporre agli alunni delle scuole un lavoro, e un manager con forte nevrosi ci organizzò la vendita di biglietti in alcuni istituti (dal Manzoni al Carducci) per un collage di Prévert intitolato Il prevertimento. Dopo tre repliche chiudemmo. Ma non mi davo per vinto. Frequentai la scuola del Piccolo Teatro, i corsi mimo di Marise Flach. Lì venne a vedermi Dario Fo e mi prese nel cast dell’Histoire du soldat. Condusse un laboratorio per noi che eravamo una trentina di ragazzi. Ebbi più parti a rotazione. Con me c’erano Marco Columbro, Lucia Vasini». La Vasini è stata sua compagna di vita, «una storia che, comprese le interruzioni, è durata 12 anni e da cui è nato un figlio, Davide». Altre relazioni «con la madre non teatrante di Georgia e poi c’è stato per la prima volta il matrimonio, con Nadia, eritrea (un destino, perché l’altro mio nonno ha vissuto per un certo periodo in Eritrea, e decantava la bellezza delle donne di lì), danzatrice, con cui ho avuto il terzo figlio, Shoan» • Tra i suoi programmi tv: Su la testa (92), Il laureato (94-95, con Chiambretti) • «Io ho fatto teatro entrando dalla porta di servizio. Il lavoro dell’attore — me lo insegnò Checco Rissone a Como — prima che un’arte è un mestiere. Ti ci devi guadagnare da vivere. E il problema mi si pose, dopo una parentesi al Teatro Girolamo di Milano diretto da Umberto Simonetta, col Teatro Stabile di Trieste, dove fui scritturato con Vittorio Caprioli per Vita di Carl Valentin con regia di Pressburger. Mi fecero una promessa, non mantenuta. E così finii sottopagato. Cominciai a saltare un pasto al giorno, Caprioli se ne accorse, si indignò e mi portò sempre a pranzo, pagando. Io gli rubai una cosa preziosa: la cattiveria nei camerini. Una volta mi disse “Dai, stasera improvvisiamo”. Una sfida. M’andò bene, strappai un applauso. Mi chiamò nell’intervallo: “Bravo, m’è piaciuto, da domani però questo lo faccio io”. E questa perfidia del dietro-le-quinte io l’ho applicata spesso: distraendo in tutti i modi Bisio in Comedians di Griffiths, facendo incespicare Hendel in un reading...» • «I maestri più vicini a me sono Strehler, Cecchi, Fo, Gaber, Jannacci» • Tifa per l’Inter: celebre il suo monologo sui due rigori sbagliati da Evaristo Beccalossi in un incontro delle coppe europee.