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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

ROSSI Guido Milano 16 marzo 1931. Giurista. In seguito allo scandalo Moggi e alle dimissioni di Carraro, il 15 maggio 2006 è stato nominato commissario straordinario della Federazione Italiana Gioco Calcio (Figc)

ROSSI Guido Milano 16 marzo 1931. Giurista. In seguito allo scandalo Moggi e alle dimissioni di Carraro, il 15 maggio 2006 è stato nominato commissario straordinario della Federazione Italiana Gioco Calcio (Figc). Ha accompagnato la vittoria azzurra ai mondiali di Germania e, dopo le dimissioni di Lippi, ha nominato, su consiglio del suo vice Demetrio Albertini, Donadoni ct della Nazionale. Eletto presidente della Telecom da un CdA convocato d’urgenza la sera di venerdì 15 settembre 2006, ha rassegnato le dimissioni da commissario della Figc, dopo aver preso atto dell’ostilità unanime nei suoi confronti del mondo politico e di quello sportivo (sull’elezione a presidente Telecom vedi TRONCHETTI PROVERA Marco) • «è un genio nonostante la faccia da macellaio. Quando era un giovanotto ed era iscritto a Giurisprudenza, università di Pavia, era un fenomeno. Figlio di una impiegata (modesta) del Comune di Milano, aveva una particolarità: studiava assai. Soprattutto capiva quello che studiava, ed era lui a insegnare ai professori, non viceversa. Un suo compagno di facoltà o di collegio mi ha raccontato: preparava gli esami in due notti e prendeva trenta e lode; noi ci spaccavamo le natiche per mesi e rimediavamo venticinque-ventisei. Suo padre non lo ha mai riconosciuto come figlio, ma gli ha fornito i mezzi per laurearsi. Mai soldi furono spesi meglio. La madre nel suo piccolo è stata divina: lo ha saputo educare come chiunque di noi sogna di educare la prole. La storia di questa famiglia zoppa mi incanta e commuove. Ecco perché non dirò mai una parola storta su Rossi. Rossi finge di essere comunista per motivi sentimentali. Una sera gli capitò di cenare con Berlinguer e ne fu affascinato. Calcola poi che a sinistra le strade sono in discesa e Rossi non prende mai strade impervie. Semplifica» (Vittorio Feltri) • «Padre» dell’Antitrust, è il più noto giurista italiano. è stato presidente della Consob, così come di gruppi industriali di rilievo, a cominciare da Telecom. Ha guidato il risanamento del gruppo Montedison dopo l’uscita di scena dei Ferruzzi. Insegna all’Università Bocconi di Milano, dov’è ordinario di diritto commerciale • «Da giovane, ghislieriano, studiò economia e diritto commerciale comparato, all’Università di Pavia e con Louis Loss, il massimo esperto di diritto delle società a Yale e a Harvard. Con il suo brillante curriculum interdisciplinare internazionale divenne presto professore di diritto commerciale con uno studio di avvocato commercialista ben avviato. Negli anni Settanta si batté per la creazione della Consob, sulla base degli insegnamenti del professor Loss sulla Sec. A giusto titolo ne divenne il primo presidente. Non durò a lungo, perché era troppo indipendente. Ma il suo campo di expertise si era dilatato (anche al collezionismo d’arte). Negli anni Ottanta fu eletto al Senato, come indipendente di sinistra. Tornato alla professione dovette occuparsi per conto del gotha bancario milanese del crack Montedison-Ferruzzi. Divenne capo della Telecom, semiprivatizzata. Era diventato il Walther Rathenau italiano. Incarnando questa figura, ha gestito il transito del sistema bancario dall’era interventista di Fazio, difensore dei campioni nazionali, all’era della banca mista italo-olandese e italo—francese. Oramai sembrava che dovesse dedicarsi soprattutto al suo studio legale frequentato dall’alta finanza, alle collezioni d’arte, agli scritti di etica degli affari finanziari, o al massimo a polemizzare con Giulio Tremonti sulle attitudini giuridiche proprio di Walther Rathenau che l’uno rivendica e l’altro nega. Invece, da questa panchina — metà professionale e metà intellettuale — è stato chiamato per importare l’etica finanziaria nel mondo del calcio e per riscrivere le regole sportive alla vigilia dei mondiali» (Il Foglio) • «Decisivo il rapporto con quell’Adolfo Tino che, insieme con Raffaele Mattioli ed Enrico Cuccia, viene considerato una delle menti della finanza del Secondo dopoguerra. Tino — ricorda Fabio Tamburini nel suo Un siciliano a Milano (Longanesi) — verso la metà degli anni Cinquanta mandò a chiamare Rossi dopo aver letto i suoi articoli. Da quel momento diventò un pupillo di Mediobanca, per conto della quale seguì tante partite, tra queste il passaggio di proprietà del Corriere dai Rizzoli alla Fiat, che pagò un prezzo giudicato da molti scandalosamente basso. A metà degli anni Ottanta litigò con Cuccia per aver appoggiato la scalata ostile di Mario Schimberni a Montedison. Poi gli toccò soffrire qualche mal di pancia per i suoi rapporti con il finanziere Paolo Mario Leati. Riportò infine Montedison nell’area Mediobanca: anche in questo caso con grandi proteste degli eredi Ferruzzi, i quali peraltro erano ormai allo sbando. Ma Rossi non è, e non è stato, solo un grande avvocato d’affari: alla sua visione radicale ma lucida delle regole, si devono il vero decollo della Consob italiana, all’inizio degli anni Ottanta, e la costituzione dell’Antitrust, impresa condotta come senatore indipendente eletto dal Pci. Nella fase più recente il suo ruolo principale è stato quello di sgominare per via legale Fiorani & C. nella contro-opa su Antonveneta. Operazione sacrosanta. Che però — anche se Rossi sostiene che non è l’azione penale a dover risolvere le questioni dell’economia — ha consolidato la tendenza delle élite italiane a risolvere i principali problemi per via giudiziaria: visto che i capitali sono pochini e i voti alle elezioni difficili da raccogliere» (Lodovico Festa) • «Il fascino del Maestro non è meno magnetico quando si leva la toga: intellettuale organico se mai ne esiste ancora qualcuno; cultore delle belle arti (anche perché i redditi gli consentono di arricchire una splendida collezione divisa tra la casa milanese e quella di Venezia) e delle belle lettere, al punto da duellare sul rapporto tra tecnologia e linguaggio del Novecento con Roberto Cotroneo o di commentare, da laico, gli studi sulla “Giustizia” del Cardinal Martini. Un giurista di fama internazionale, che siede tra i consulenti della Ue per la riforma del diritto societario su richiesta dei tedeschi più che degli italiani. Ma anche uno scrittore appassionato che ha affidato il suo pensiero a un saggio ambizioso, Il ratto delle Sabine (Adelphi), che è più di un trattato di diritto. Rossi ha saputo servire i potenti senza mai diventarne servo. Ha avuto la forza di dire dei no difficili, senza far la figura del Don Chisciotte. Ma, più di tutto, ha saputo quasi sempre uscir di scena al momento giusto. E rientrare sulla ribalta con la compagnia» (Ugo Bertone) • «è un intellettuale a tutto tondo, grande intenditore di pittura e musica, e che proietta una personalità multiforme anche in una molteplicità di interessi e di residenze. Casa in piazza Castello a Milano, appena sopra la dimora di Umberto Eco, in quello che rischia di essere il condominio con il più alto QI d’Italia, residenze sparse appunto dal piacentino (con piscina olimpionica, il nuoto è una sua grande passione), alla grande villa tonda disegnata da Cini Boeri alla Maddalena, fino alla casa di Venezia. A Milano gli si conoscono poche ma forti amicizie: l’architetto Gae Aulenti, l’editrice Rosellina Archinto e il giornalista del Manifesto Bruno Perini che un paio d’anni fa quando suo zio Adriano Celentano ebbe bisogno di consulenza legale non esitò a far varcare anche a lui la soglia di via Sant’Andrea. E poi lavoro e cultura in quantità e qualità inimmaginabili per la maggior parte dei comuni mortali: biblioteca d’arte sterminata, passione soddisfatta per Canaletto e Tintoretto, ma anche per Carrà di cui possiede una tela celebre come I funerali dell’anarchico Galli. Per la letteratura si va dai classici a Simenon per l’appunto, a Proust, scoperto e molto amato in età matura» (Francesco Manacorda) • Tifa per l’Inter (è stato anche nel suo CdA tra il 95 e il 99). Ha risolto presso la Fifa il contenzioso col Barcellona per Ronaldo. Ha cancellato dalle sue abitudini il bar sotto casa dove milanisti e juventini stavano tutte le mattine ad aspettarlo per sfotterlo.