Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
RONCHEY
Alberto Roma 27 settembre 1926. Scrittore. Giornalista. È editorialista del Corriere della Sera. «Ho cominciato a scrivere sulla stampa clandestina durante l’occupazione, e poi feci il cronista, il redattore capo, il corrispondente, l’inviato speciale, il direttore, il professore di sociologia, il ministro, il
presidente della Rizzoli... In ogni luogo, in ogni mestiere, ho scoperto cose
nuove. Fare sempre lo stesso lavoro diventa una routine» • È stato direttore de La Voce Repubblicana, inviato speciale e poi direttore della
Stampa, editorialista de la Repubblica. Ministro per i Beni culturali e
ambientali dal giugno 92 al maggio 94 (governi Amato I e Ciampi), dal 94 al 98
presidente del Gruppo editoriale Rizzoli Corriere della Sera. Molti libri • Inventore del celebre “fattore K” (per indicare l’impossibilità, tutta italiana, di far andare al governo il partito che stava tradizionalmente
all’opposizione, dato che si trattava di un partito comunista, notoriamente legato a
una potenza straniera e teoricamente nemica). Soprannominato «l’Ingegnere» per il tecnicismo di certi suoi articoli. «Nella redazione di Repubblica ancora ricordano le interminabili elencazioni dei
popoli sovietici durante le riunioni» (Vittorio Zincone)
• «Non scrive mai a tirar via. È precisissimo. Ha pregevolezza nello stile e sapienza nell’essere freddo. Soprattutto, non ama i pezzi di colore. Preferisce il grigio, la
tonalità interstiziale che non ti fa prendere abbagli e non ti dà allucinazioni» (Giuliano Ferrara) • «Ricordo che Pannunzio esortava i più giovani così: mi raccomando, mai l’uso delle espressioni che vanno di moda. E poi: saltare i passaggi, scrittura
ellittica, evitare i legami faticosi tra un capoverso e l’altro. Mai essere banalizzanti, ma nemmeno troppo brillanti. Non usare più aggettivi dietro un sostantivo, perché vuol dire che non si È trovato l’aggettivo giusto. Un articolo deve avere una testa, due braccia, magari una
coda, ma non può essere un millepiedi»
• Nel primo periodo alla Stampa, il direttore De Benedetti lo mandava
dappertutto: «In Asia, in Africa, in Russia, negli Usa. Per me erano cose nuove ed ero molto
più giovane e avevo più energia. Era emozionante essere a Dallas, quando hanno assassinato Kennedy, o
nel luogo della strage dei dodici piloti italiani a Kindu, in Africa. In Russia
conobbi tutti i poeti e i musicisti più famosi. Poi feci molte interviste con economisti che diventarono Premi Nobel.
Samuelson, Modigliani. Ricordo interviste di politici come Callaghan in
Inghilterra o McNamara» (da un’intervista di Alain Elkann)
• «Un uomo pieno di curiosità. Un pignolo come pochi a cominciare dall’ortografia e dalla traduzione del cirillico in caratteri latini (translitterazione — ndr). Che s’innamora delle sue battute e le comunica a quei due o tre vecchi amici affinché le diffondano. Che il suo cruccio e insieme la sua passione È quella di risultare non solo serio ma serioso, talvolta riesce a scampare da
quel pericolo, talvolta ci casca dentro ma non se ne dispera, se mi apprezzano
- dice - dovranno prendermi così come sono. Adora la concretezza, i problemi, le cifre. In politica detesta gli
schieramenti, parola che gli fa orrore. Detesta la passionalità. Detesta gli slogan, palloncini colorati pieni d’aria e di nulla. Detesta le emozioni e la psicologia. Detesta l’improvvisazione. Insomma - diciamolo - detesta la politica perché la politica È fatta di tutte quelle cose che lui vorrebbe lasciare fuori dalla porta. Perciò, avendo eletto la concretezza a regola aurea, finisce con l’essere immerso nell’astrazione più pura visto che privilegia l’“esprit de géométrie” rispetto all’“esprit de finesse”
• Padre di Silvia.