Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
ROGERS
Richard Firenze 23 luglio 1933. Architetto. Genitori italiani. Protagonista dell’architettura internazionale degli ultimi tre decenni. Ha studiato alla
Association School di Londra e all’Università di Yale lavorando poi con Norman e Wendy Foster fino al 67. Successivamente ha
collaborato per quattro anni con Su Rogers prima di associarsi con Renzo Piano.
Ha insegnato in diverse università in Inghilterra e negli Stati Uniti, ricevendo nell’85 la Royal Gold Medal for Architecture • «Nominato per la prima volta nella storia d’Inghilterra “architetto di Londra”, nonché “advisor”, consigliere di fiducia del premier Tony Blair, figura celebre e celebratissima
non solo in Gran Bretagna, ma per le vie del mondo, è in realtà italianissimo. Nato da famiglia triestina come il famoso secondo cugino Ernesto
Rogers, l’esponente dello studio storico BBPR (Belgiojoso, Banfi, Peressuti, Rogers). Suo
padre Nino dovette lasciare Firenze in seguito alle leggi razziali, per
raggiungere con la famiglia (Richard aveva 5 anni) alcuni parenti che vivevano
in Inghilterra. Rientrando in Italia per il servizio militare a Trieste, si
spostò a Milano dove frequentò l’amatissimo Ernesto ed è in parte grazie a lui che decise di diventare architetto, l’autore del Beaubourg a Parigi con l’amico Renzo Piano. è uomo simpatico e seduttivo, parla perfettamente italiano con accento triestino» (Fiorella Minervino)
• «Il mio bisnonno era un famosissimo architetto a Trieste, costruì grandi opere a Opcina; la famiglia arrivava dall’Inghilterra, tutti ingegneri o architetti. Ernesto mi convinse a seguire
Architettura a Londra, e poi a Yale: così conobbi Norman Foster e dal 62 al 67 abbiamo lavorato insieme, fondando in
Inghilterra il Gruppo Team 4, con le nostre due mogli, lavorando a residenze e
stabilimenti» • «Con Renzo Piano ci incontrammo da un medico, fummo presentati e lui disse che
era stufo di stare a Genova. Gli dissi: “Venga a Londra”, cosa che fece e con uno studio di massimo 5 persone, noi compresi, decidemmo
di partecipare al concorso per il Beaubourg. Io ero sicuro che non avremmo mai
vinto. Era il nostro primo concorso, era giusto partecipare. Quando seppi che
avevamo vinto, ne fui triste e preoccupato, l’impegno era enorme, la macchina mostruosa, i costi pure».