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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

RISI Dino Milano 23 dicembre 1916. Regista. Tra i suoi film: Poveri ma belli (56), Il vedovo (59), Una vita difficile (61), Il sorpasso (62), I mostri (63), Straziami ma di baci saziami (68), In nome del popolo italiano (71), Profumo di donna (David di Donatello 75 come miglior regista) • «Arnaldo Risi, il padre di Dino, era uno dei medici più importanti di Milano

RISI Dino Milano 23 dicembre 1916. Regista. Tra i suoi film: Poveri ma belli (56), Il vedovo (59), Una vita difficile (61), Il sorpasso (62), I mostri (63), Straziami ma di baci saziami (68), In nome del popolo italiano (71), Profumo di donna (David di Donatello 75 come miglior regista) • «Arnaldo Risi, il padre di Dino, era uno dei medici più importanti di Milano. Aveva in cura il Benito Mussolini giornalista e direttore de Il Popolo d’Italia ed era il medico ufficiale della Scala: “mi portava nei camerini delle cantanti e io impazzivo di gioia. Adoravo il profumo delle donne fin dall’età di tre anni, quando mia madre mi faceva dormire con una cameriera e io toccavo, annusavo felice. Ricordo come fosse oggi, però, l’abbraccio della cantante lirica Toti Dal Monte: puzzava di cipria e sudore, uno schifo. A scuola, ero un ribelle. Una volta, portai perfino una gallina in classe. Feci il ginnasio e il liceo al Berchet. Da ateo, ero esonerato dalla lezione di religione, potevo entrare più tardi e saltare la prima ora, ero invidiatissimo. In famiglia, un nonno era stato con Garibaldi e l’altro, il nonno Risi, segretario di Mazzini: a sei anni mi definii ‘un libero pensatore’, dovevo averlo sentito dire da qualcuno degli amici socialisti dei miei. Da adulto, ho sempre avuto un rigetto per la politica. Non la capivo, se non come un grande spettacolo...”. Famiglia antifascista, uno zio — Guido Mazzocchi, fratello della mamma Giulia — pittore divisionista, fu incaricato dai fuoriusciti di portare da Parigi a Roma una valigia contenente una cintura di esplosivo “destinata al primo kamikaze, tale Sbardellotto, che doveva farsi esplodere al passaggio di Mussolini. Zio Guido finì arrestato a Regina Coeli”, di lui il regista preferisce ricordare “le modelle bellissime, la gelosia della sua moglie valdese che, un giorno, si avventò con un coltello su un quadro”. Il ragazzo rimane orfano di padre a dodici anni, sua madre cresce lui e i suoi fratelli Nelo e Mirella aiutandosi con le traduzioni e riuscendo a farli studiare. “Mi laureai in Medicina, volevo specializzarmi in psichiatria. Dopo sei mesi al manicomio di Voghera, lasciai perdere. Avevo voglia di non far niente, di essere ricco e di girare il mondo. Ci sono riuscito, ho fatto il mestiere più bello del mondo, negli anni giusti: noi della commedia all’italiana avevamo sette, otto produttori che ci si litigavano, rilanciando proposte e ingaggi milionari. Capii subito che sarebbe stata una goduria quando Carlo Ponti ricomprò a due milioni un documentario che avevo prodotto da solo e che mi era costato 200 mila lire in tutto. Si chiamava Buio in sala. Ponti mi chiamò a Roma, per darmi personalmente l’assegno. E io non avevo neppure un conto corrente in banca. Era il 50, dormivo in una pensione spaventosa, ma la fase eroica durò poco. Avevo scritto battute per il Marc’Aurelio, la rivista satirica che faceva la fronda al regime alla fine dei Trenta, ritrovai molti frequentatori della redazione in giro per Roma, avevo qualche collaborazione. Ponti si ricordò che ero medico e mi chiese di sceneggiare Anna, un film destinato alla Magnani, la storia di una donna che si fa suora in seguito a una delusione amorosa e poi ritrova in ospedale il suo antico fidanzato. Il regista era Lattuada, con Berto e Brusati andammo a sceneggiarlo alla Maga Circe, un paradiso di scogli sul mare, deserto, del Circeo. Ma alla fine la parte andò alla Mangano. De Laurentiis, che si era appena messo con lei, la impose al socio Ponti dicendo: “questa parte è per Silvana”. Al debutto, nel 56, con Poveri ma belli, Risi è acclamato. Ma il suo capolavoro, Il sorpasso è del 62. Nell’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta, “nel nostro ambiente, erano tutti comunisti o socialisti: per paradosso, potrei dire che era il modo migliore per farsi corteggiare dai nemici democristiani. Nel Pci militavano De Santis, Visconti, Lizzani. Socialisti erano invece Monicelli, Age, Scarpelli. Era un gioco delle parti, un po’ come adesso. Tutti tenevano il piede in due staffe. Stili di vita da capitalisti, cuore a sinistra e portafoglio a destra: essere all’opposizione conveniva. Perfino l’avvocato Agnelli, da gran furbo, strizzava l’occhio ai sindacalisti, a Luciano Lama. Fingeva di essere amico degli avversari e intanto faceva far carriera, nei partiti moderati, a sua sorella Suni. Io non sono mai stato né comunista né democristiano, ho votato per i repubblicani, i socialisti, poi per il partito socialdemocratico. Quando, con Pietro Germi, ci siamo azzardati a elogiare Saragat, le teste pensanti del cinema ci hanno messo in quarantena, in punizione. La verità è che il Sessantotto prese di sorpr esa i grandi intellettuali, gente che passava le vacanze a Capri o in Versilia e le serate nelle belle case a giocare ai mimi: diventarono tutti più realisti del re, volevano cambiare il mondo, io li trovavo ridicoli. Faceva eccezione una persona meravigliosa: Antonello Trombadori, il comunista meno comunista che ci sia stato, teneva il filo tra il Pci e il cinema con un’ironia indimenticabile, per fortuna”. Risi esibisce come una medaglia la sua distanza dai palazzi del potere, “forse ho incontrato una volta o due Andreotti e ho stretto la mano al presidente Ciampi, pensando, poveraccio: quante mani dovrà stringere?”. Di Bettino Craxi ricorda con ironia “quel sei meno meno che gli diede Moana Pozzi nella sua autobiografia erotica”» (Barbara Palombelli) • «Una carriera che lui stesso distingue in tre periodi. Il primo segnato da Pane, amore e... (con la Loren) e da Poveri ma belli. Poi storie amare come Una vita difficile e Il sorpasso. E dagli anni Settanta film più cupi come Anima persa, Primo amore, Fantasma d’amore» (Claudio Carabba) • «è curioso che Il sorpasso sia considerato oggi un capolavoro. Lo facemmo così, il produttore Mario Cecchi Gori, Vittorio Gassman ed io, come si lavorava allora, pensando al botteghino e non all’arte. Però era un azzardo, perché Gassman era antipatico al pubblico, e in più si trattava di una commedia con finale tragico. Infatti Cecchi Gori era inquieto e voleva cambiarlo, e invece fu proprio quell’amarissima chiusura a contribuire al successo» • «Ho sempre sfuggito la fatica, anche da giovane, e quando cominciavo un film il mio solo pensiero era finirlo in fretta per levarmelo dai piedi» • «Il neorealismo non fu una corrente poetica unitaria, ma una tensione civile: vitale e positivo nella prima fase, manieristico e ripetitivo negli anni Cinquanta. Una buona parte della cultura di sinistra aveva voglia di messaggi ed eroi positivi. C’era una spaventosa diffidenza verso il comico e la commedia. Così i miei film erano poco considerati. O, al contrario, erano supervalutati quelli di registi a mio avviso minori. Visconti fu adorato oltre i suoi meriti. Mi emoziona ancora La terra trema, ma in parecchi altri film sembra solo un buon arredatore. Antonioni mi ha sempre annoiato. Di lui salverei alcuni frammenti di Blow up. Monicelli ha avuto il mio stesso destino: un lungo disprezzo critico e apprezzamenti nella maturità» • «In fondo sono un milanese che vive a Roma. Un medico che fa il regista, un quasi psichiatra che ha abbondanto la disperazione dei manicomi per un manicomio con riflettori, attori e belle donne» (da un’intervista di Micaela Urbano) • «Io sono sempre stato marito e padre ideale perché non mi sono mai occupato né di mia moglie né dei miei figli: a fare cinema non li ho né scoraggiati né incoraggiati e soprattutto non li ho aiutati. Hanno fatto loro, anche bene, con film più riusciti di altri. Del resto anch’io, che ne ho fatti una cinquantina, ho avuto i miei bei fiaschi, ma non me ne è mai importato molto» • Ha avuto un’intensa storia d’amore con Alida Valli • Padre dei registi Claudio e Marco.