Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
RAMBALDI
Carlo Vigarano Mainarda (Ferrara) 15 settembre 1925. Il mago degli effetti speciali,
il creatore del pupazzo più famoso del mondo. Tre Oscar: King Kong, Alien, E.T. • «Ho cominciato a studiare scultura a cinque anni. Vivevo a Ferrara, e lì il terreno è sabbioso, ma scoprii presto che sui bordi dei fossi, se si grattava un po’, ogni tanto veniva fuori un pugno di creta. Con l’argilla riuscii a costruirmi un intero presepe. A quel tempo non si trovavano
neanche i giocattoli. I nostri soli balocchi erano una piccola giostra a molla
e un cavallino montato su una piattaforma di cartapesta rossa. Poi qualche
bamboletta. E niente più. La creta mi offrì la possibilità di fabbricarmi da solo i giocattoli che desideravo. Quella fu la mia prima
esperienza di una creatività che dura tuttora, anche se con materiali meno poveri. Prendiamo E.T.,
personaggio meccanico comandato da 8-12 persone. Al solo E.T. sono state fatte
circa 150 inquadrature. E le abbiamo girate in un mese e mezzo. Il film è costato undici milioni di dollari, è stato preparato in tre mesi e girato in altri tre. Se, invece di ricorrere alla
meccatronica, cioè alla meccanica anatomica, avessimo deciso di fare tutto con il computer,
avremmo dovuto moltiplicare per cinque sia il tempo di lavorazione sia il
personale. E il film avrebbe richiesto una quantità di soldi enormemente maggiore. E poi, diciamo la verità: il cinema digitale ha fatto perdere molta della magia di un tempo. Ora tutti
hanno un pc in casa e sanno come si fa a comporre una figura e a farla muovere.
Il produttore Dino De Laurentiis aveva cominciato a girare
King Kong con un modello americano di gorilla meccanizzato. Fatti i primi provini, si era
accorto che quel gorilla non rispondeva alle esigenze del film. Mi chiamò e mi disse: “Io giro tutta la pellicola, lascio fuori le scene in cui comparirà il gorilla realizzato da te”. Andai a studiarmi i gorilla di tutti gli zoo americani. Finalmente, a San
Diego, trovai quello che secondo me era adatto per ispirarmi. Fu come scegliere
un attore. Lo fotografai, lo filmai, lo feci anche arrabbiare (dovevamo capire
bene com’è un gorilla quando è furioso). Non riuscii a farlo sorridere perché i gorilla non sorridono. Poi meccanizzai il modello. E quel modello “recitava”, sapeva stare sulla scena. Per il viso di E.T., invece, mi ispirai al mio gatto
di razza himalayana. Spielberg voleva rughe simili a quelle di Hemingway e di
Einstein, io non lo ascoltai» (da un’intervista di Luigi Dell’Aglio).