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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

RAMAZZOTTI

Eros Roma 28 ottobre 1963. Cantante. Autore. Tra i suoi più grandi successi: Terra promessa (con cui vinse nella categoria Giovani il Festival di Sanremo 84), Una storia importante (85), Adesso tu (vincitore nella categoria Big al Festival di Sanremo 86), Nuovi eroi (Festivalbar 86), La luce buona delle stelle (87), Musica è (88), Se bastasse una canzone (90), In ogni senso (90), Amarti è l’immenso per me (90), Più bella cosa (95) ecc. «Non avrò fatto la storia del rock come i Police, ma un impulso al pop italiano l’ho dato eccome» • è figlio di un imbianchino, che sapeva cantare: «Sono nato a Cinecittà, quando lì non c’era proprio niente, né centri commerciali né metropolitana, un’ora di macchina da San Giovanni. C’erano i fascisti e i comunisti che si sprangavano. E il coprifuoco che mio padre
m’imponeva, sorvegliandomi come si fa con le ragazze. Protettivo e rompicoglioni,
ma almeno mi ha tenuto lontano dai guai. Poter venire fuori da una situazione
in cui droga e scippi erano all’ordine del giorno fu solo un privilegio. Arrivare a Milano con le basi giuste è stato fondamentale. Ero timido, lo sono ancora, ma motivato. Sa cosa vuol dire
vergognarsi di scendere a comprare il latte? Volevo fortemente fare il
cantante, era l’unica strada aperta che vedevo di fronte a me. Se mio padre mi avesse inculcato
l’amore per la letteratura insieme a quello per la musica, ora sarei un divoratore
di romanzi. O magari un pallosissimo cantautore. Invece non ho metodo, dei
libri leggo qualche pagina poi li abbandono. Lui mi metteva una chitarra in
mano e accendeva il Revox per registrare quel che facevo. Era il 77. Quello sì mi è rimasto, io ancora oggi non mollo mai la chitarra. M’imponeva di fare i vocalizzi, li odiavo. Feci un esame al conservatorio, non mi
presero. Allora mi costrinse a frequentare per due anni il Verrazzano, un
istituto commerciale. Che inferno, ero una sega totale. Il primo anno se la
prese a morte, il secondo si rassegnò e mi disse: dài, andiamo da Gianni Ravera” (con lui Rodolfo Ramazzotti aveva preso parte a un Cantagiro, nel 65). E la
mamma? “Era una casalinga all’angolo, non giudicava. Non le era consentito. La mia era una famiglia
patriarcale. Ma lasciamo stare, guardare il passato può far male, non è una cosa che si può fare ogni giorno”» (Giuseppe Videtti)
• «Che curiosa creatura è mai Eros Ramazzotti, volto da esportazione del pop made in Italy: protagonista
malgré lui di storie da rotocalco, è divo-antidivo versato in griffes e in gaffes, soprattutto quando di mezzo ci
sono le Alte Autorità e le Istituzioni che senz’altro lo intimidiscono. Se all’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro raccontò che il suo cavallo si chiamava Oscar, da Sanremo a Ciampi ha mandato
osservazioni estetiche di proprio gusto sull’insegna da Commendatore che gli veniva consegnata dal sottosegretario Letta» (Marinella Venegoni)
• «Io sono un autodidatta di merda. Mi piacerebbe essere un chitarrista provetto e
in una serata tra amici suonare di getto venti canzoni dei Beatles. Invece per
quel maledetto metodo che non ho... Un po’ di disciplina in più mi avrebbe fatto bene» • «Ho sempre scritto canzoni basate sulle mie esperienze. Canto quello che vivo,
che alla fine è quello che vivono molti. Sono una macchina da soldi. Io devo promuovere i miei
dischi, non posso permettermi di non venderne. In passato ho fatto alcuni
errori di gestione e, finanziariamente, non sono più padrone di me stesso. Ho dovuto ridimensionare la mia vita. Ora vivo in mezzo
alla gente come uno qualunque, respiro lo smog, sento i rumori della strada, il
traffico, i clacson. Mi piace. Anche se trovo fotografi dappertutto. Se sono
all’edicola e alzo un giornale per prenderne un altro, scattano in quel momento e
sui giornali esce che compro riviste porno. Bacio un’amica sulle guance e fermano l’immagine in mezzo, tra una guancia e l’altra. Devo stare molto attento, è una cosa pesante. Però mi sento più vivo. Prima stavo due mesi fuori, tornavo a casa e per quattro mesi stavo
seduto in poltrona» (da un’intervista di Laura Putti)
• «Sono stato comunista, credo che mio padre lo sia ancora. Poi ho smesso di
esserlo perché non era oro quel che vedevo luccicare. In 30 anni le cose sono cambiate, la
bandiera non esiste più. L’italiano è così: quando c’era Mussolini erano tutti fascisti, con la repubblica subito tutti repubblicani» • è tifoso della Juventus (in piena calciopoli ha rivelato che si era raffreddato
perché Moggi gli telefonava per istruirlo su cosa dire in tv) • è un punto di forza della nazionale cantanti, con la quale ha partecipato a
numerose iniziative benefiche: «Sono da sempre il numero 11. Amo il gioco di fino: Maradona, Platini, Pelè, Baggio, Del Piero, tutti calciatori straordinari. Invece il più grande centravanti di tutti i tempi per me è stato Van Basten» • è stato sposato con la conduttrice tv Michelle Hunziker (matrimonio il 24 aprile
98, nel 2002 la separazione) dalla quale ha avuto la figlia Aurora (nata il 5
dicembre 96): «Forse alcuni problemi sono derivati dalla sua giovane età, dal suo non sentirsi realizzata. Le ho sempre lasciato la massima libertà. Certo mi dava fastidio che finisse sulle copertine dei giornali a seno nudo,
credo sia normale per qualsiasi uomo innamorato. Ma a parte questo, l’ho sempre spronata a fare quello che sta facendo attualmente. Sono stato io a
suggerirle di giocare la carta della simpatia, di essere se stessa. Una volta
le dissi che l’avrei vista bene al fianco di Jim Carrey: il film non l’ha fatto, però è diventata la regina di
Zelig» (da un’intervista di Massimo Poggini). Dal 2005 i giornali parlano con molta insistenza
di un riavvicinamento: sono stati fotografati insieme in casa, ecc. • «Io quando m’innamoro divento un po’ scemo. Non sono più me stesso. Tutti pensano: con la vita che fa, chissà quante occasioni. A volte i miei musicisti mi raccontano le prodezze di una
notte. Ma con me non funziona. Con me le donne hanno un approccio diverso.
Vogliono parlare, instaurare un rapporto. E ascoltare» • «Mai avuto miti. è per questo che non capisco l’autografo ad ogni costo. Faceva bene Lucio Battisti che non ne concedeva mai. Io
sono disponibile, anche se non ho mai chiesto un autografo».