Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
QUARANTA
Guido San Francesco Campo (Torino) 18 giugno 1927. Giornalista. Dell’Espresso • «Il giornalista parlamentare più famoso d’Italia. Ha collezionato schiaffi e insulti, dichiarazioni di disistima e
maledizioni bibliche. Ha fatto scuola. Ai tempi del Panorama di Lamberto Sechi
ha rotto gli schemi tradizionali del giornalismo politico, fatti di “pastoni” e di interviste compiacenti, e ha cominciato a scrivere quello che veramente
facevano e dicevano i parlamentari. Si guadagnava la loro fiducia e due secondi
dopo la tradiva scrivendo tutto. Perfido. Perché il giornalista deve essere perfido. “Altrimenti vada a fare l’ambasciatore”» (Claudio Sabelli Fioretti)
• «Mi presentai a un settimanale di Torino, Paese Sportivo. Cominciai a seguire le
gare di ciclismo minore. C’era un campioncino che sarebbe diventato un grande campione, Guido Messina.
Durante una gara mi accorsi che si faceva tirare dalla sua macchina e lo
scrissi. I suoi dirigenti, inferociti, volevano pestarmi. L’avevo fatta grossa. Non potevo più seguire le corse. Ma mi assunsero allo sport dell’Unità di Torino. Moralisti fino al midollo. Nel 54 mi dimisi dall’Unità. Un caso clamoroso. Fu considerato un tradimento. Lavorai a Noi Donne per un
anno. Era diretto, con molte arie da direttrice, da Maria Antonietta
Macciocchi. La mia vicina di tavolo era la moglie di Pertini, Carla Voltolina.
Non faceva che parlare del suo Sandro. Sandro qui, Sandro là, Sandro ha detto, Sandro ha fatto. Dopo un anno passai al Paese Sera. Al
Parlamento arrivai nel 1959 per un incidente professionale di un mio collega.
Il redattore che si occupava del Senato aveva la mania di
Lascia o raddoppia? Una sera cadde il governo e noi bucammo la notizia perché lui era a casa a guardare Mike Bongiorno. Il giorno dopo lo sostituii. Nel 69
mi chiamò Lamberto Sechi a Panorama. Smisi di sunteggiare i discorsi e cominciai a fare l’informatore. Metà spione e metà ficcanaso. Sechi mi aveva detto: “Devi mescolarti ai protagonisti della politica, guadagnarne la piena fiducia,
raccoglierne le confidenze. E poi scrivere tutto”. Era l’epoca in cui io mettevo occhiali scuri, naso finto e pizzetto posticcio per
assistere di nascosto alle riunioni della Dc. Mi beccavano sempre e mi
spintonavano fuori. Franco Evangelisti mi prese a schiaffi. Avevo scritto che
con i suoi baffetti ben curati sembrava un parrucchiere per signora. In pieno
Transatlantico mi diede tre ceffoni. Non potevo tornare a casa da mio figlio
Paolo e da mia moglie Luisa raccontando di essere stato preso a schiaffi da
Evangelisti. Gli ho ridato gli stessi tre ceffoni. Davanti alle stesse persone.
A me piace fare il cronista. Io non sono Ernesto Galli della Loggia. Non ho né la stoffa né la preparazione».