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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

QUARANTA

Gianni Arsié (Belluno) 30 agosto 1943. Scenografo • «Cinema, colore. E forme, luoghi, epoche. Grigio, marrone e polvere per La leggenda del santo bevitore. E Camera con vista è porpora e cobalto. Grano e melograno, Novecento. Un’esplosione di rossi rubino e d’azzurro in Farinelli. Ogni scena un quadro, muto. Eppure talmente forte da restituire atmosfere e
stati d’animo. “Ma la scenografia è un’arte snobbata in questo Paese”, sorride Gianni Quaranta, come chi oramai prende con filosofia tale “distrazione” tutta italiana. Al contrario di una Hollywood che si inchina. Il suo primo film
(Fratello sole, sorella luna) gli vale la prima nomination all’Oscar. Che vince nell’87 per Camera con vista. Quaranta nasce ad Arsié, nel Veneto di Tiepolo e di Tintoretto, in una famiglia altoborghese. Cresce a
pane, latte e lirica, fra tele e tempere, i giocattoli preferiti. Dopo il liceo
artistico, l’Accademia delle Belle Arti a Milano, la facoltà di Architettura, e dopo aver creato le scenografie di tanti allestimenti in
scena alla Fenice, alla Scala e al Metropolitan di New York, conquista il
cinema. Ma il tavolo da disegno non basta, diventa anche regista di opere
verdiane e pucciniane. E del musical su Cristoforo Colombo,
Datemi tre caravelle. E del cortometraggio Maruzzella, dal racconto di Nori Corbucci» (Micaela Urbano) • è noto anche come l’architetto dei miliardari: «Cominciò tutto con Renzo Mongiardino. Lui mi convinse a seguirlo nel cinema, a fare e
rifare le case di personaggi come i Rothschild, Onassis. E Jacqueline Kennedy.
La conobbi a New York, lei mi chiese di cambiare faccia alla villa di Skorpios.
Era una costruzione del Settecento veneziano in un’isola dell’Egeo, io rispettai la struttura ma sostituii il barocco dell’interno con la semplicità della Grecia classica. Jacqueline mi seguiva passo passo e per ogni ricciolo
che svaniva, sorrideva beata. Una notte mi svegliò: “è talmente bella che non la voglio rovinare con i mobili. Che dici, Gianni, in
salone metto solo una sedia”. All’alba riuscii a convincerla che non era una soluzione ottimale, e soprattutto era
scomoda. Ma il giorno dopo lei sorrise: “Solo una sedia. Questa casa, la voglio solo per me”».