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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

POZZI Elisabetta Genova 1957. Attrice. Non si vede in tv. Pochi film (Maledetto il giorno che t’ho incontrato di Verdone)

POZZI Elisabetta Genova 1957. Attrice. Non si vede in tv. Pochi film (Maledetto il giorno che t’ho incontrato di Verdone). Fa quasi esclusivamente teatro («Roba da monomaniaci»), dopo l’esordio con Giorgio Albertazzi (Il fu Mattia Pascal) ha alternato ruoli classici e testi contemporanei • «È una delle poche attrici per cui valga la pena uscire di casa, pagare il biglietto ed entrare in teatro. Quando È in scena, la guardi e senti di non perdere tempo» (Gian Luca Favetto) • «Sono figlia di un generale, che sulle prime era spaventato e poi incuriosito dalla mia passione. La mamma era più spaventata di lui. Ad appoggiarmi È stata nonna Ester, una pavese di gran carattere» • «Aveva cominciato, racconta, con la scuola dello Stabile della sua città. In realtà, confessa, non aveva seguito corsi di alcun genere: “Andavo a teatro dall’età di 12 anni, quasi tutti i giorni, se potevo, senza una predilezione particolare: il musical piuttosto che la tragedia. Mi facevo accompagnare dai miei genitori e assistevo agli spettacoli dello Stabile diretti da Squarzina: ricordo una Madre Courage e i suoi figli di Bertolt Brecht interpretata dall’indimenticabile Lina Volonghi; vedevo le rappresentazioni del Gruppo della Rocca e del Teatro Insieme”. Era una spettatrice onnivora e insaziabile. “La necessità di recitare È cresciuta dentro di me istintivamente”, aggiunge: “Testimoniava una passione e una vocazione autentiche”» (Luigi Vaccari) • «Con l’Adelchi accanto a Carmelo Bene ho conosciuto Daniele D’Angelo, musicista diventato mio marito» (da un’intervista di Rodolfo Di Giammarco) • «Non mi piace il cosiddetto teatro minimalista, quello che cerca spasmodicamente di trovare linguaggi per tutti: il “quotidianismo”. Non ne posso più. La lingua È mutata, certamente ma non vedo la necessità di adeguarsi allo spaventoso degrado culturale che ci circonda. Il teatro, È stato detto fino alla noia, ha una funzione sociale, allora mettiamola in pratica» (da un’intervista di Alessandra Rota) • «Amo il rugby. Nel 95 sono andata apposta in Sudafrica per vedere i Mondiali. La passione È sbocciata a 18 anni, quando il papà di una mia amica ci portò a Padova a vedere gli All Black. Prima della partita hanno fatto l’Haka. Quando l’ho visto mi È venuta la pelle d’oca».