Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
PONTECORVO
Gillo (Gilberto) Pisa 19 novembre 1919. Regista. Film: La grande strada azzurra (57), Kapò (60), La battaglia di Algeri (Leone d’oro 66, Nastro d’argento 67 per la regia), Queimada (David di Donatello 70), Ogro (David 80). Dal 92 ha diretto per cinque anni la Mostra del cinema di Venezia • «Passato in Francia tra Tolone e Saint-Tropez già prima delle leggi razziali del 39 che affrettarono la dispersione della sua
grande famiglia, partigiano in montagna negli ultimi anni di guerra, in seguito
militante politico, giornalista e fotografo. Versatile, curioso, idealista. “A Pisa abitavamo vicino a piazza Duomo; mamma, papà e noi otto fratelli, cinque maschi e tre femmine. Mangiavamo al tavolo da ping
pong per quanti eravamo”. Negli anni Trenta, il ragazzino Gilberto, Gillo, va in vacanza a Forte dei
Marmi, a turno con i fratelli e le sorelle, ospiti di zia Clara, “donna severissima, della serie: il bagno a orari fissi, mai dopo mangiato”. Gioca a tennis, ma non diventerà mai un campione come il fratello Bruno, “un fenomeno” per essersi laureato in Fisica a vent’anni e subito accettato nella “scuola di via Panisperna” con Segre, Fermi e Majorana. “Io ero la pecora nera, mi iscrissi a Chimica, non avevo il coraggio di ammettere
che avrei voluto studiare Lettere. A un anno dalla fine, abbandonai l’università”. È giovanissimo Gillo quando si sposa la prima volta. “Mia moglie, francese, volle abitare vicino a Tolone; tiravamo avanti con il
pesce che pescavo, venti, trenta chili al giorno. Lo vendevo ai ristoranti e
anche bene. Eravamo appassionati della montagna e quasi tutti i fine di
settimana, con i soldi guadagnati da subacqueo, potevamo permetterci perfino il
vagone letto per andare a sciare a MegÈve”. Gillo torna in Italia da partigiano e, dopo la Liberazione, vive di un po’ di tutto: dà lezioni di tennis, si mette a fare il giornalista. “Dirigevo un settimanale politico che si rivolgeva ai giovani, si chiamava
Pattuglie. Era davvero un brutto giornale, ma ci scrivevano personaggi
straordinari come Togliatti, come Nenni”. La vita cambia: scrive per un’agenzia giornalistica francese e realizza servizi fotografici. Un giorno, a
Parigi, gli capita di vedere
Paisà di Roberto Rossellini. “Decisi che il cinema mi piaceva troppo e che da allora sarebbe stato il mio
mestiere. Comprai una sedici millimetri e mi misi a girare documentari. Anche
se a portarmi definitivamente al cinema fu Solinas, a Fregene. Franco era
sardo, cocciuto. Mi ripeteva: sei bravo, fai un film, prova. Un giorno, a casa
sua al Villaggio, mi disse: c’È un produttore, Maleno Malenotti, È un pisano, fagli vedere i tuoi documentari, chiedigli di fare un film. Gli
diedi retta. Dal libro di Solinas,
Squarciò, girai La grande strada azzurra con Yves Montand e Alida Valli. Era il 57”. La grande strada azzurra vince il Festival cecoslovacco di Karlovy Vary e, sempre a Fregene, nasce l’ispirazione per Kapò, ambientato nei campi di sterminio nazisti. È il 59. “Grazie al fatto che Kapò era andato all’Oscar, in quel periodo mi offrivano un film alla settimana. Ma io niente. Non ho
mai lavorato senza un’idea che mi prendesse completamente”. Con Solinas, Pontecorvo passa intere serate nello studio del primo piano,
dinanzi a una grande finestra sul mare. E al Villaggio, in quella stanza, nasce
il capolavoro di Pontecorvo, La battaglia di Algeri. “Volevamo fare un film per raccontare l’ultimo periodo del colonialismo francese. Si sarebbe dovuto chiamare Parà e doveva cominciare in Indocina per finire in Algeria. Quel film non si fece;
aveva scene di massa, sarebbe costato troppo caro e, secondo i produttori, non
aveva sufficiente appeal. In Algeria sapevano del nostro lavoro; fu da lì, da colui che poi sarebbe stato il protagonista che ci venne il suggerimento:
perché non fare un film sulla battaglia di Algeri? Da mesi, noi giravamo intorno a un
soggetto simile, ma i produttori continuavano a prendere le distanze. Alla fine
decidemmo di andare avanti comunque, con i nostri mezzi”. Gillo continua a lavorare a casa Solinas, nella stanza sul mare. Lì prende forma anche
Queimada, girato in Columbia con Marlon Brando. “Marlon era un attore straordinario, eppure una volta gli feci girare la stessa
scena 41 volte. Lui non la prese bene e alla fine quasi non ci salutavamo”. Nel 79 esce Ogro, film sul terrorismo nella declinante dittatura fascista. Pontecorvo È ormai un mito, tutti gli offrono film, ma lui non ha un’idea che lo trascini e di film non ne fa più» (Silvana Mazzocchi) • Sposato a una musicologa, tre figli, tra i quali il direttore della fotografia
Marco (David di Donatello nel 97 per La tregua di Francesco Rosi).