Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
PIRLO Andrea Brescia 19 maggio 1979. Calciatore. Della Nazionale e del Milan, squadra con la quale ha vinto una Champions League (2003), uno scudetto (2004), una coppa Italia (2003), una Supercoppa italiana (2004)
PIRLO Andrea Brescia 19 maggio 1979. Calciatore. Della Nazionale e del Milan, squadra con la quale ha vinto una Champions League (2003), uno scudetto (2004), una coppa Italia (2003), una Supercoppa italiana (2004). Campione del mondo in Germania nel 2006, dove è stato l’uomo chiave della squadra di Lippi e il miglior calciatore di tutto il torneo. Ha anche segnato il primo gol azzurro, l’1 a 0 contro il Ghana (12 giugno 2006: la partita è poi finita 2-0, il secondo gol è stato realizzato da Iaquinta) e messo a segno il primo dei cinque rigori con cui l’Italia ha regolato la Francia nella finale del 9 luglio 2006 (1-1 dopo i supplementari, 6-4 alla fine) • Lanciato dal Brescia, ha giocato anche con Reggina e Inter. Con l’under 21 ha vinto gli Europei del 2000. Medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene (2004). 25° nella classifica del Pallone d’oro 2005, nomination anche nel 2004 • «Andrea Pirlo nasce rifinitore avanzato. Mazzone, ai tempi del Brescia, lo arretrò per favorirne la coesistenza con Roberto Baggio. Tanto che, quando al Milan Ancelotti gli chiede il famoso passo indietro, il giovanotto risponde, papale papale: “L’ho già fatto”. Ha una facilità di calcio che a Gigi Simoni ricorda il violino di Rivera. Non ha un gran fisico (1,77 per 68 chili), ma non è nemmeno un “abatino”. O meglio: è l’evoluzione della specie» (Roberto Beccantini) • «Nell’estate del 2002 non immaginava che tutto potesse essere tanto facile e tanto soddisfacente. “Quando ho chiesto al tecnico di provarmi in questo ruolo, speravo di essere determinante. Era una sfida stimolante per me e una scommessa per l’allenatore e per la squadra. Io lavoro ogni giorno come un ragazzino che gioca nella squadra dell’oratorio: ho voglia di imparare, di migliorare, di capire quali sono i miei limiti. E questa curiosità su me stesso, alla fine, è benzina nel momento in cui entro in campo”. L’architetto riconosciuto e acclamato: tutte le azioni nascono dai suoi piedi e dalla sua testa, tutti i gol vengono innescati da una sua “pensata”. “Quando ero bambino mi dicevano che avevo gli occhi anche nella schiena, perché riuscivo a vedere l’azione prima degli altri. Credo che sia una delle mie caratteristiche principali, forse la più importante considerando il ruolo che ricopro. E poi mi sono abituato a essere rapido nel pensiero: se velocizzi la mente, anche le gambe vanno di corsa. è una specie di conseguenza» (Andrea Schianchi) • «L’uomo che ha cambiato il destino di Pirlo, consentendone il passaggio al Milan, si chiama Andrés Guglielminpietro, abbreviato in Guly, e ha frequentato il campionato italiano per sei stagioni (dal 98 al 2004). Nel giugno 2001, Inter e Milan trovarono l’accordo per il passaggio di Pirlo in rossonero, in cambio di Guly e di cinque miliardi e mezzo (di lire). Scambio bizzarro, per un club che aveva a lungo corteggiato Pirlo, organizzando persino un’amichevole a porte chiuse ad Appiano (30 novembre 95), per vederlo insieme con Baronio. Ma uno scambio che rientra nell’illogicità del calcio. Che Pirlo fosse un talento, l’Inter lo aveva capito il 4 agosto 98, contro il Liverpool, al Trofeo Pirelli, quando Simoni lo paragonò (a ragione) a Rivera e Moratti disse: “Deve essere meraviglioso giocare con uno come Pirlo”. Però il decollo non è mai avvenuto: 18 presenze al primo anno, nella centrifuga dei quattro allenatori; un breve contatto nel 99, quando sulla panchina nerazzurra c’era Lippi che parlò benissimo del ragazzo, ma gli consigliò di cercarsi un club dove giocare stabilmente (la Reggina); una burrascosa esperienza con Tardelli, prima di andare al Brescia (in prestito), dove Mazzone lo piazzò nel ruolo dove è diventato grande. Un triennio che indusse i dirigenti interisti a considerare conclusa l’esperienza di Pirlo all’Inter e ad accontentare Cuper, prendendogli Guly, che in rossonero aveva vinto lo scudetto 99. Il bello è che nella prima stagione l’argentino giocò più di Pirlo (23 partite a 18 in campionato). Poi il rossonero ha cambiato ruolo ed è esploso» (Fabio Monti).