Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
PININFARINA
Sergio Torino 8 settembre 1926. Designer. Ex presidente di Confindustria. Dal settembre 2005 senatore a vita. Figlio di
Battista Farina detto Pinin (2 novembre 1893-3 aprile 1966), il battilastra
torinese che agli inizi del Novecento creò il marchio di design automobilistico più noto al mondo (il diminutivo «pinin» al cognome di famiglia è stato aggiunto nel 1961 per decreto presidenziale). Ha ricoperto la carica di
presidente dell’Unione Industriale di Torino tra il 78 e l’84 e di presidente di Confindustria tra l’88 e il 92. Tra il 79 e l’88 è stato parlamentare europeo. Mentre tra l’87 e l’89 è stato presidente dell’Oica, l’Organisation Internationales des Costructores d’Automobiles. è stato uno dei grandi promotori della linea ad Alta velocità tra Torino e Lione. Ha anche insegnato al Politecnico di Torino Progettazione
di carrozzeria. Cavaliere del lavoro dal 76, nel 79 ha ricevuto la Legion d’Onore dal Capo dello stato francese Valéry Giscard d’Estaing
• «Le macchine senza tempo degli anni Sessanta hanno tutte la sua firma: l’Alfa Duetto, la Ferrari Daytona, la Fiat 124 spider, per fare solo tre nomi. E
arrivare fino a oggi, alla Maserati Birdcage 75th, alla Ferrari F430 Spider,
alla Colt coupé-cabriolet in collaborazione con i giapponesi di Mitsubishi e all’Avichina con i cinesi» (Antonio Jacchia) • «Da ragazzo sognava di fare il musicista. “Volevo diventare un direttore d’orchestra - racconta -, per amore della musica e perché sentivo di essere portato per l’organizzazione del lavoro. Alla fine prevalse il fascino della Carrozzeria: per
un giovane era un richiamo irresistibile. Mio padre mi portava ai saloni, mi
teneva al corrente delle cose più importanti che accadevano. Fece di tutto per mettermi nello spirito di questa
azienda. Il debutto degli anni Cinquanta è stato importante, per me e per la Pininfarina. Mi sono laureato, sposato e ho
avuto il primo figlio. L’azienda ha cominciato a cambiare passo, a pensare in grande. Fu allora che mio
padre incontrò Enzo Ferrari, del resto era un passaggio naturale ed inevitabile. Entrambi
avevano un carattere complesso, fu persino difficile stabilire dove avrebbero
dovuto vedersi. A Maranello? A Torino? La scelta fu salomonica, si scelse una
via di mezzo, Tortona. Eravamo in quattro, loro due, un direttore commerciale
del Cavallino rampante ed io. Fu una giornata sorprendente. Nacque subito una
profonda simpatia umana fra i due, evidentemente Ferrari ammirava quello che
faceva Pininfarina e viceversa. Mio padre scalpitava all’idea di collaborare con Ferrari. Al ritorno da Tortona, mentre guidava, disse: ‘Della Ferrari te ne occupi tu’. Pensai di non aver capito, troppo bello per essere vero. E lui, bruscamente,
ribadì: ‘Te ne occupi tu’. Ma di cosa? ‘Di tutto, no?’. Voleva dire di prodotti, rapporti commerciali, saloni, modelli, prototipi. Era
la sua investitura e, allo stesso tempo, una mossa che non toglieva nulla a
nessuno in azienda. Una nuova iniziativa affidata ad una figura nuova. Accettai
con entusiasmo”» (Marco Zatterin)
• «La semplicità è stata la forza della Duetto. L’ingegner Ferrari mi diceva: “Quando escono le tue macchine non mi dicono niente. Le guardo e sono sempre un
po’ deluso. Poi con il passare degli anni si vede che le tue macchine durano. Le
altre dimostrano di non avere la medesima sostanza. Anche se inizialmente mi
avevano colpito di più. Se prendo la Duetto, la spoglio sino ad arrivare alla scocca nuda, se tolgo le
ruote e gli ornamenti, è facile vedere che è ancora giovane”».