Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
PIERACCIONI
Leonardo Firenze 17 febbraio 1965. Regista. Attore. Fra i suoi film: I laureati (95), Il ciclone (96, Nastro d’argento miglior protagonista), Fuochi d’artificio (97), Il pesce innamorato (99) • «Ho iniziato andando in giro con Ceccherini, Panariello e Conti, facevamo
spettacoli di piazza che erano delle vere e proprie battaglie. A Figline
Valdarno c’era un proprietario di discoteca che si divertiva a vedere quanto tempo
riuscivamo a restare in scena. Il pubblico era tremendo, ricordo ancora la voce
di uno spettatore che, appena iniziavo a dire qualcosa, mi gridava “la tu’ sorella”. La cosa più terribile erano le “convention” per le ditte. Ti mettono su un trespolo e devi far ridere. Una volta capitò che il pubblico restasse immobile. Mi spiegarono poi che erano tedeschi. Alla
fine gli ho fatto le ombre cinesi, sennò non ci pagavano. Schiaffoni non ne ho mai presi. Però avevo una paura tremenda di dirigere, la prima inquadratura della mia vita me
la sono fatta dare da Giovanni Veronesi. Da allora ho capito quanto è vera quella cosa che una volta ha detto Truffaut: “Il regista è uno che deve trovare le risposte anche quando non ne ha affatto”. Penso di essere un “clown bianco”, cioè un comico di reazione, uno che ha bisogno di avere accanto il “clown rosso” che mi fa cadere il cappello dalla testa e così parte la risata. Perché? Beh, mi sono guardato allo specchio e ho visto che ero troppo bello per essere
nell’altro ruolo. Benvenuti e De Bernardi mi hanno spiegato che esistono due
categorie fondamentali di comici, “trombanti” e “non trombanti” e che io appartengo alla prima. Nei miei film ho sempre avuto al fianco
bellezze straordinarie perché più straordinarie erano, e più era forte l’effetto comico dell’uomo di provincia, assolutamente normale, che si trova a dover conquistare
montagne di bellezza totale. La meraviglia è la sensazione più forte che accompagna l’arrivo nelle sale di ogni mio nuovo film. Non so perché, ma è così. Quanto ai giudizi, spesso si sbaglia. Quando ho visto
Il mio West ho detto a Giovanni Veronesi “questo è il film più importante che abbiamo fatto”. E invece non è stato così. Non so, forse perché, come diceva una mia zia, i film western fanno polvere, o forse perché, siccome c’erano David Bowie e Alessia Marcuzzi, sembrava più il Festivalbar che un film» (da un’intervista di Fulvia Caprara) • «Io da ragazzino vivevo veramente in un casolare e salutavo mio nonno gridando
per comunicare da un casale all’altro» (da un’intervista di Roberto Rombi) • «Da quando avevo 2 anni a quando ne ho compiuti 14, i miei genitori mi portavano
sempre in vacanza in un casale, ovviamente in Toscana, identico a quello del
film. E tutte le nostre estati venivano puntualmente sconvolte dall’arrivo delle cinque, bellissime e bionde figlie di un’amica di mia madre. Arrivavano, restavano un giorno solo e lasciavano segni
indelebili nelle nostre vite adolescenziali» (da un’intervista di Roberta Bottari) • «Se racconti la verità, non sbagli mai».