Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
PEZZOTTA
Savino Scanzorosciate (Bergamo) 25 dicembre 1943. Sindacalista. Membro del Cnel. Ex
segretario della Cisl (dicembre 2000-aprile 2006) • «Barba francescana, una passione per l’orto, radici profondamente cattoliche, com’è profondo il Nord bergamasco da dove proviene, ha una storia che bordeggia
costantemente a sinistra. In fabbrica a 15 anni, operaio tessile, si inzuppa di
quel misto di cultura operaia, contadina e integralismo cattolico che lo porterà, come è accaduto in molti altri casi, a militare nelle file più oltranziste della sinistra e a scegliere, durante l’autunno caldo, di avvicinarsi a Livio Labor e all’Mpl. Un fatto tragico aveva segnato la sua vita più di qualsiasi altro: suo padre rifiutò di giurare per la Repubblica di Salò, fu deportato e morì in campo di concentramento, Savino non ebbe neppure il tempo di conoscerlo» (Roberto Petrini)
• «La sua doveva essere una segreteria di transizione, voluta da Sergio D’Antoni che allora (a cavallo tra il 2000 e il 2001) coltivava ambiziosi sogni
politici “terzopolisti” con la fondazione di Democrazia europea e l’illusione che la Cisl gli sarebbe venuta dietro. Invece, quella di Pezzotta è stata una vera leadership, segnata da strappi e cambi di linea anche
coraggiosi: prima la firma del contestato Patto per l’Italia (nel 2002), poi la critica feroce al governo Berlusconi per aver tradito
quell’intesa e aver portato ad un progressivo impoverimento di quelli che da
sindacalista cattolico chiama i “ceti popolari”. è stato Pezzotta a prendere atto della fine dell’unità sindacale, che era stata al centro dell’asse strategico di D’Antoni, e a sposare l’idea dell’“unità competitiva” coniata dal sociologo prodiano Bruno Manghi. Ha sollevato l’esistenza di una vera “questione sindacale” alludendo in particolare alla debolezza di Cgil, Cisl e Uil nella stagione del
centrodestra» (Roberto Mania)
• «“Ricordo l’angoscia di quando sai che per salvare un’azienda alcuni devono pagarne il prezzo. Conservo le sensazioni di un’assemblea alla Cassera: 600 ragazze alle quali spiegare che solo in 200
sarebbero potute rimanere... E mentre parli guardi quegli occhi e ti immagini
le speranze di chi si doveva sposare, le madri che con quel salario tiravano
avanti la baracca...”» (Francesco Riccardi).