Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
PAUSINI
Laura Solarolo (Ravenna) 16 maggio 1974. Cantante. Prima italiana a vincere il Premio
Grammy (nel 2006 per il miglior disco di pop latino) dai tempi di Modugno (che
l’aveva preso nel 58 con Nel blu, dipinto di blu) • «È la prima volta in assoluto che a salire su quel trono È un’artista che non appartiene al continente americano. Tenera Laura. Una ragazza
semplice, ma dal carattere di ferro, forgiato in lunghi anni nei pianobar dove
da ragazzina cantava accompagnata dal babbo alle tastiere. È anche l’unica artista italiana che abbia avuto la chance di incidere un disco in
inglese, con un produttore americano di riguardo come David Foster, e con
dentro un pezzo di Madonna; l’album non È andato granché bene negli States, perché loro sono tutt’altro che esterofili, e malgrado sian tutti figli di Colombo guardano con
diffidenza questi sbarchi musicali etnici. Fin dai tempi di
Solitudine, la canzone che la lanciò fra i giovani a Sanremo nel 94, Laura Pausini È diventata popolare soprattutto nell’America Latina. È quello il suo zoccolo duro: abbiamo viaggiato con lei qualche anno fa a Santo
Domingo e a Mexico City, l’abbiam vista sempre scendere dall’aereo accolta su tappeti rossi dalle autorità e da bambine con mazzi di fiori, neanche fosse un capo di Stato. Dietro tanti
onori, le va riconosciuto, c’È un lavoro durissimo, che rari cantanti e artisti italiani hanno avuto voglia di
fare: promozioni, lunghi viaggi sfiancanti, fusi orari, interviste, incontri,
tv show, studio delle lingue. Tutte cose che invece lei ha affrontato con
entusiasmo e senza patirci troppo, da sana ragazza di provincia» (Marinella Venegoni)
• «Ho cominciato quando avevo otto anni a fare piano bar, quella per me era la
normalità, facevamo serate dappertutto, nord e sud, d’estate rimanevamo in zona, Cervia, Milano» • Quando È stata ammessa a Sanremo il babbo l’ha chiamata a scuola. «Ero nell’aula del Disegno tecnico, venne la bidella per dirmi che c’era mio padre al telefono, e siccome non era mai successo in cinque anni, mi È preso un colpo, pensavo fosse successo qualcosa a mia nonna, lui urlava: Laura
Laura Laura!, io ho pensato, ecco È morta, È invece era la grande notizia, forse È stata ancora più bella quella telefonata che vincere Sanremo, sono ritornata su che piangevo, i
mie compagni hanno pensato al peggio»
• «Tutti mi dicono non dire che sei fortunata, beh io sono sicura che se fossi
andata con un’altra canzone non avrei fatto questa carriera, la fortuna È che questa canzone sia arrivata a me, e oltretutto parlava veramente di me, io
andavo a scuola col treno delle sette e trenta, anche se l’hanno scritta due persone che neanche conoscevo, l’abbiamo mandata alle case discografiche che neanche la volevano, ma i miei
produttori non si sono dati per vinti, allora ho fatto un provino come oggi
tutti dovrebbero fare e non si fa più, voce e pianoforte in ufficio, tre pezzi, due famosi, e poi
La solitudine, vedevo tutte queste persone, e tutti dicevano no, poi alle sette di sera gli
ultimi, della Cgd, loro hanno capito subito, si sono messi a urlare, il mio
babbo si È quasi fatto la pipì addosso, loro spingevano ma io dovevo andare a scuola, sono andata a Milano e
ho fatto un contratto che mi legava solo per il singolo, ho fatto tutte le
selezioni, e di vincere non mi fregava niente, fino allora il massimo che avevo
fatto era la festa di piazza di Lugo, ero a Sanremo, avevo chiesto l’autografo a tutti. Anche il secondo Sanremo, l’ho vissuto con un’ansia pazzesca (
Strani amori), l’anno dopo, tutti dicevano che dovevo vincere io e invece come È ovvio non ho vinto e i miei manager mi hanno massacrato: era colpa mia, ero
grassa, avevo cantato male, e infatti tre giorni dopo li ho lasciati, ero
piccola, ma ho detto basta, senza neanche guardare i contratti. Quando ho vinto
non sapevo che fare, ho fatto Domenica in, poi il lunedì sono tornata a scuola, il preside che prima non mi si filava, ha voluto esporre
tutte le cose di ceramica che avevo fatto, per cinque anni mi avevano preso
tutti in giro perché facevo il pianobar, in quei casi fai la serata jazz, quella pop, capitava anche
quella folk, e ovviamente gli amici venivano in quelle folk e poi mi prendevano
in giro. Lì ho imparato ad andare sul palco senza paura. A Sanremo non ho avuto paura del
pubblico, ho avuto paura della telecamera, perché non l’avevo mai vista»
• «È cambiata l’immagine della cantante: più elegante e sicura di sé, niente a che vedere con la ragazza di provincia delle origini. Un rilancio
nato a tavolino e gestito da esperti? “No. Ho sempre fatto di testa mia fin da bambina, ma solo dopo aver ascoltato i consigli di tutti. Alla base di questo cambiamento i quindici chili persi in
due anni. Fine dei giacconi che dovevano ‘nascondere’ e via libera ai consigli di Armani, che mi ha vietato il bianco e il rosso, ha
combinato jeans logori con capi eleganti. Insomma, in ordine, ma non troppo ‘sciura’”. In ogni concerto i fans cantano in coro dall’inizio alla fine. Spiazzati i critici (sia i pro che i contro): canzoni
sentimentali e orecchiabili offerte con uno stile vocale molto comunicativo e
una personalità contraddittoria, con grandi professioni di fede accompagnate da insofferenza al
moralismo cattolico, sogni di matrimonio e figli, ma, nell’attesa, convivenza con l’uomo amato. Come per la Coca Cola, gli ingredienti dicono poco. L’essenza di questo successo resta un segreto ben custodito» (Mario Luzzato Fegiz)
• «Sono insoddisfatta degli Usa perché non sono mai stata consultata per le scelte artistiche. Mi hanno trattata come
la debuttante che non sono, ascoltavo in radio il remix dei miei pezzi senza
neanche sapere che li avevano fatti. Sono stata ospite da Jay Leno e solo lui È stato gentile, non mi ha costretta alla dance e ho potuto improvvisare come
volevo. Durante il tour promozionale poi, entravano spesso in camera mia degli
psicopatici, per dirmi come mi dovevo vestire. Prima di quell’esperienza avevo il mito americano, ma ora tutti dobbiamo capire le finterie:
non sempre là suonano meglio, dipende dai generi e per il mio tour Usa, ho faticato molto a
trovare i musicisti. I nostri antenati han compiuto imprese stratosferiche, noi
dobbiamo provarci a nostra volta, ma lì vedono gli italiani come noi vediamo i turchi»
• «Per molti italiani, specie i teenager, la Pausini È uno stereotipo superato sia sul piano musicale che del costume. Mentre invece
la “normalità” che lei incarna con bandalzosa energia conquista la vasta provincia che si
estende da Ravenna alle pampas argentine. “Sono una persona cresciuta con principi e ideali molto semplici: sono nata in
provincia, sono cattolica, ho sempre lavorato”. Quando canta in spagnolo la Pausini ha una voce molto più sensuale “Me lo dicono tutti gli uomini, in Sud America, non so perché, forse dovrei darmi più da fare con l’italiano, altrimenti... Negli ultimi anni tra i miei fans ho notato moltissimi
maschi, mi chiedo come mai, prima erano soprattutto donne”. Accade spesso a chi viaggia. Ed È capitato anche a lei: esprimendosi in un’altra lingua ci si sente meno condizionati, si riesce a far vibrare corde
nascoste della personalità. Allora, forse così si spiega il diverso impatto che i suoi concerti incontrano in Italia. Dove
Laura risulta più algida e non sempre, nonostante la carica di energia che scarica sul palco,
riesce a stabilire il giusto feeling con il pubblico. “Avevo il terrore del palcoscenico. Si figuri che perfino quella pasta d’uomo di Pippo Baudo mi metteva in soggezione. I giovani artisti oggi sono
diversi. Sembra che non si emozionino, come capitava a me, che considerino il
successo come qualcosa di scontato e di dovuto, e non il frutto di una lunga
disciplina e di sacrifici”» (Alberto Dentice).