Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
PANSA Giampaolo Casale Monferrato (Alessandria) 1 ottobre 1935. Giornalista. «Siate più cattivi. Il buonismo non fa vendere copie» VITA Nonno Giovanni, contadino morto a 37 anni zappando il campo di un altro
PANSA Giampaolo Casale Monferrato (Alessandria) 1 ottobre 1935. Giornalista. «Siate più cattivi. Il buonismo non fa vendere copie» VITA Nonno Giovanni, contadino morto a 37 anni zappando il campo di un altro. Padre Ernesto, operaio del telegrafo. Madre Giovanna, modista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su La guerra partigiana tra Genova e il Po (trasformata poi in un libro: Laterza, 1967). Questa tesi vinse il premio Einaudi e fruttò al suo autore 500.000 lire e una chiamata alla Stampa, dove entrò il 1 gennaio 1961, praticante alla redazione Provincie. Il caposervizio Bruno Marchiaro gli faceva passare e titolare le notizie che aveva scartato (e che quindi non sarebbero uscite) e verso mezzanotte, a giornale chiuso e consolandosi con un bicchierino di vodka, gliele rivedeva una per una, mostrandogli dove aveva fatto male e dove aveva fatto bene. Avendo scritto, su incarico del responsabile della terza pagina Carlo Casalegno, la recensione al libro di Cornelius Ryan Il giorno più lungo (Garzanti, 1961), venne convocato nella stanza del direttore Giulio De Benedetti, che teneva l’articolo di Pansa per un angolo, stringendolo tra l’indice e il pollice, e un po’ distante dal corpo, come se avesse un cattivo odore. Il direttore disse: «Questo articolo non funziona, perché non è una recensione, ma una brutta cronaca dello sbarco. Evento al quale, data la Sua età, non credo Lei abbia partecipato». Pansa, muto e con le lacrime agli occhi, stava in piedi, perché nella stanza di De Benedetti era disponibile una sola sedia, quella del direttore. Il direttore, senza aggiungere altro, lacerò in mille pezzi l’articolo e ne fece nevicare i coriandoli sulla scrivania • La sera del 22 novembre 1963, dovendosi fare il giornale sull’attentato a Kennedy, il direttore piombò nella redazione Esteri, guidata da Alfonso Di Nola. «Questa cronaca non va bene, non va bene assolutamente. Riscriverla per la seconda edizione». Subito dopo: «Anzi, no. Voi degli Esteri siete troppo stanchi». Il direttore si girò, e alle sue spalle c’era la redazione Provincie (quattro persone e, del resto, era di quattro persone anche la redazione Esteri). Stavano tutti i piedi, perché quando il direttore entrava tutti i redattori si alzavano e non si rimettevano seduti finché il direttore stesso non li liberava con le parole: «Signori, seduti». Disse il direttore, rivolto a due redattori della sezione Provincie: «Lei e lei. Rifatela voi due, questa cronaca». I due erano Giuseppe Mayda e Pansa. Pansa osò dire, con un filo di voce: «direttore, non so niente di Kennedy. Mi sono occupato tutto il giorno dell’Anonima usurai di Cuneo». Il direttore rispose: «Non importa. Seguite voi due questo fatto anche nei prossimi giorni, fino a che il nostro inviato non sia giunto sul posto». Mayda e Pansa riscrissero subito la cronaca di quel primo giorno dividendosi i compiti (Mayda a Pansa: «Io racconto fino a qua, da lì in poi continui tu») e, per i giorni successivi, si procurarono all’Usis (United States Information Service, cioè la biblioteca del consolato americano) una piantina di Dallas e ogni tipo di documentazione sulla città. Tirarono avanti fino al quarto giorno, quando arrivò a tutti e due una lettera del segretario di redazione Fausto Frittitta, che era anche campione italiano di Stenografia — Metodo Cima. La lettera diceva: «Egregio dottor Pansa, il direttore mi incarica di comunicarLe la sua soddisfazione per il servizio da Lei svolto sull’assassinio del presidente Kennedy». Seguiva l’annuncio di un aumento di stipendio • Pansa dice di aver imparato in questi primi anni le cinque regole che sono alla base di un giornale ben fatto: redazioni ridotte al minimo indispensabile; giornalisti pronti a far tutto; rapidità; unico giudice il direttore, dittatore assoluto; se si fa bene, si sia premiati e se si fa male si sia puniti (altre, molto numerose lettere di Frittitta cominciavano: «Il direttore mi incarica di comunicarLe il suo rammarico…») • Passa al Giorno nel 64 e prima di assumerlo il direttore Italo Pietra gli chiede se preferirebbe fare l’inviato in Vietnam o a Voghera. Pansa risponde: «A Voghera» (non ha in effetti mai fatto un solo servizio all’estero). Pietra esclama: «Risposta esatta. Se avessi detto Vietnam non ti avrei preso». Fa infatti l’inviato per la Lombardia fino all’autunno del 68 quando alla Stampa arriva come direttore Ronchey, che lo richiama a Torino e lo incarica di fare inchieste in Padania (parola inventata dal vicedirettore della Stampa di allora, Giovanni Giovannini). Il 12 dicembre del 69 gli interrompono bruscamente un’intervista per mandarlo alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana a Milano, dove «pare che sia scoppiata una caldaia». Pansa arriva sul posto mentre un vigile urbano sta portando fuori Enrico Pizzamiglio, a cui la bomba ha quasi staccato una gamba. Ronchey la stessa notte lo avverte che questo fatto sarebbe durato molti anni e che dovere suo e degli altri inviati (tra cui Remo Lugli e Carlo Rossella) sarebbe stato da quel giorno in poi di non credere a niente e nessuno, né da questa parte né dall’altra, perché tutti avrebbero mentito su tutto • Nel 72 Giorgio Fattori, vicedirettore di Sandrino Perrone, lo chiama a fare il redattore capo al Messaggero, giornale dove si trova male anche per l’ostilità della redazione (nei corridoi del giornale era stato attaccato un manifesto pubblicitario di una marca di vini che diceva: “Arrivano i piemontesi”). Se ne va nel 1973 quando l’altro Perrone, Ferdinando (cugino di Sandro con cui litigava continuamente), vende la sua quota a Rusconi. Rimasto libero riceve un’offerta di Piero Ottone, direttore del Corriere della Sera, e va a fare l’inviato in via Solferino • Qui il colpo più clamoroso è l’intervista a Berlinguer del 76. Alla domanda se non tema di fare la fine di Dubcek (il segretario del Partito comunista cecoslovacco che nel 1968 aveva tentato di liberalizzare un minimo il suo paese ed era stato spazzato via dai carri armati sovietici), il segretario del Partito comunista italiano risponde: «No, perché sono da questa parte dell’Occidente e, con la protezione della Nato, mi sento più sicuro», sconfessione del Patto di Varsavia e della fedeltà all’Unione Sovietica talmente eretica che l’Unità taglierà nella sua versione del colloquio la domanda e la risposta • Nel 77, quando Ottone si dimette, lascia anche lui il Corriere e passa a Repubblica. Gli capita come primo servizio l’agguato delle Brigate rosse al suo vecchio maestro Carlo Casalegno. Dopo aver scritto la cronaca, Scalfari lo manda a sentire le opinioni degli operai e Pansa, piazzandosi a uno dei cancelli della Fiat a mezzogiorno e mezzo — quando un turno entra e un altro esce — si sente dire, in mezzo a tante parole di cordoglio, anche troppe parole di soddisfazione: per una consistente minoranza, sparare a Casalegno (che morirà dopo 15 giorni di agonia) è stato giusto • A Repubblica (è questo il periodo in cui lo si vede ai congressi dei partiti col binocolo perché non vuole farsi sfuggire nessun tic degli oratori) comincia però presto a fare il vicedirettore con Gianni Rocca e contribuisce allo straordinario successo (in copie e peso politico) di quel giornale. Alla fine degli anni Ottanta, inaugura su Panorama (direttore Claudio Rinaldi) la rubrica “Bestiario”. Quando poi, essendo entrato Berlusconi in Mondadori (1991), Rinaldi lascia Panorama per l’Espresso, Pansa lo segue e diventa anche condirettore del settimanale. La rubrica “Bestiario”, una pagina e qualche volta due, esce ancora oggi tutte le settimane • Ha scritto molti libri, tra cui: L’esercito di Salò (Istituto della Resistenza e poi Oscar Mondadori, 70), Comprati e venduti (Bompiani, 77), Ottobre addio (Mondadori, 82), Carte false (Rizzoli, 86), Intervista sul mio partito (a Luciano Lama, Laterza, 87), Lo sfascio (Sperling, 87), Questi anni alla Fiat (intervista con Cesare Romiti, Rizzoli, 88), Il Malloppo (Rizzoli, 89), L’intrigo (90). A partire da allora pubblica con Sperling: quell’anno infatti la Rizzoli, rompendo un contratto, rinunciò alla pubblicazione de L’intrigo, giudicato troppo contrario a Berlusconi (in quel momento oltre tutto Berlusconi distribuiva con la Rizzoli Sorrisi e canzoni ) • I libri più recenti (tra cui quattro romanzi) hanno ripreso il vecchio tema della Resistenza, visto però dalla parte dei perdenti. L’ultimo in particolare, Il sangue dei vinti (Sperling, 2003), racconta le numerose atrocità commesse dai partigiani rossi (e qualche volta anche bianchi) ai danni degli italiani che stavano dalla parte degli sconfitti. Ha provocato uno scandalo enorme e infinite polemiche. Una reazione talmente forte, che Pansa ha ripreso l’argomento nel libro del 2005 Sconosciuto, intitolato La grande bugia — Le sinistre italiane e il sangue dei vinti. FRASI «La polemica, anche personale, è il sale del giornalismo. Mi piace quell’adagio della stampa anglosassone che dice: “Nessun problema senza una storia, nessuna storia senza un personaggio”. Il giornalismo che mi piace è una cosa sanguigna, all’arma bianca, con il coltello in mano. Decido la mia rubrica negli ultimi tre minuti prima di scriverla, ci metto al centro una persona, scrivo a macchina con il piacere di vedere le parole che nascono sulla carta. Sono un umorale, un ingenuo, a volte m’incavolo, spesso sbaglio. Ma non ho mai scritto una riga per calcolo o fatto polemiche per opportunismo, credo che anche gli avversari me ne diano atto» COMMENTI «Ha il giornalismo nel sangue, anzi in Italia ne è uno dei capiscuola e officia i riti di questo mestiere con un suo scrupolo particolare. Alle 8,30 del mattino ha già letto dieci quotidiani, si devono a lui metafore entrate nel linguaggio comune come la definizione di “Balena bianca” per la Dc» (Maurizio Caprara) • «Il suo ufficio all’Espresso è una via di mezzo tra un accampamento militare e uno sgabuzzino, una stanzetta spartana, formato lillipuziano, arredata da un ordinatissimo caos, quasi sommersa di ritagli di giornali diligentemente collezionati per tre decenni ogni mattina. è questo l’antro del “Bestiario”, la foresta di articoli, colonne di piombo, ritagliati con certosina cura, da cui nascono le rubriche che tolgono il sonno a molti dirigenti del centrosinistra» (Sette) • «Le cattiverie di Pansa sono leali, mai subdole, e non cancellano un’indulgenza di fondo verso gli attori della commedia umana. Il “Bestiario” cerca di applicare a modo suo il principio costituzionale del giusto processo» (Claudio Rinaldi). POLITICA Antiberlusconiano («con giudizio», dice lui). Convinto sostenitore di Prodi e della coalizione di centrosinistra. Frequenti bastonate alla sinistra estrema. Chiama Bertinotti — uno dei suoi bersagli — “Il Parolaio rosso”. TIFO Juventino. VIZI Collerico (anche se dice che adesso lo è un po’ meno). Fuma. Scrive sul computer, ma non adopera le e-mail e non ha mai aperto Internet in vita sua.