Cinquantamila.it La storia raccontata da Giorgio Dell'Arti

• 1974 (~) Ingegnere. Nel dicembre 2009 fu nominato direttore dei lavori di restauro dei Nuovi Uffizi • «[...] ingegnere agrigentino non solo in odore di mafia, ma soprattutto ricco di una competenza maturata nel ramo del management di aziende specializzate nella “preparazione dei terreni per erbe e piante officinali”, e nella “attività di parrucchiere per donna, uomo, bambino, di manicure e pedicure”. Epperò, già collega di cantiere, alla Maddalena, di Francesco Piermarini, il cognato di Guido Bertolaso [...] Per l’appalto, che vale 29 milioni e mezzo di euro (e di quelli in elenco per i 150 anni dell’Unità d´Italia), nel dicembre del 2009, un’ordinanza di “Protezione civile” della Presidenza del Consiglio dei Ministri raccomanda che sia scelto quale direttore dei lavori, “un soggetto di elevata e comprovata esperienza”. E così, quando il 22 dicembre, Salvo Nastasi, capo di gabinetto del ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, comunica ad Angelo Balducci che la scelta è caduta sull’ingegnere Micciché, persino ad un tipo con due dita di pelo sullo stomaco come Fabio De Santis, sembra troppo. Al telefono con il suo amico e collega Enrico Bentivoglio, De Santis, allora provveditore per le Opere pubbliche della Toscana, dice: “Come cazzo si chiama... Micciché. Non ci posso credere... Non ci posso credere (ride)... Ma li mortacci. Quando lo vedo gli dico: ‘Siamo proprio dei cazzari... Siete proprio dei cazzari. Andate in giro a rompere il cazzo... Ma ti rendi conto? Quando siamo andati che ci stava pure Bondi, abbiamo fatto la riunione, siamo tornati in treno e ci stava pure Salvo Nastasi. Stavamo da soli e gli ho fatto: ‘Ma siamo sicuri di coso... il siciliano? Siamo sicuri che questo riesce a mettere d’accordo tutti? Perché un conto è fare un grande successo... La Maddalena per carità d’Iddio... un conto è fare il direttore degli Uffizi”. Evidentemente, però, l´agrigentino ha amici di peso. Sicuramente – per quel che si legge nelle intercettazioni telefoniche di De Santis – ha l’appoggio di Mauro Della Giovampaola. Certamente, ha un peso decisivo aver lavorato alla Maddalena con Francesco Piermarini, il cognato di Bertolaso, quale “rappresentante della struttura di missione” e avere avuto un qualche legame con il costruttore Diego Anemone (visto che il cellulare di Micchiché, come quello di Piermarini, in quel periodo sono in carico a una delle aziende che lavorano in subappalto per il costruttore romano). In ogni caso, annotano i carabinieri del Ros nella loro informativa del 4 gennaio 2010, “l’ingegnere non appare essere munito di particolare esperienza per condurre i lavori degli Uffizi”. Se non altro, per aver seduto nel cda della società “Erbe Medicinali Sicilia” (le piante officinali) ed essere socio della “Modu’s Atelier” (parrucchiere e manicure). Ma quel che è peggio – e sono ancora i carabinieri ad annotarlo – è che il fratello di Riccardo Micciché, Fabrizio (Agrigento, 24 aprile 1968, ndmp), è responsabile tecnico della ditta “Giusylenia srl”, impresa “sotto il controllo di esponenti della Cosa nostra agrigentina”, accusati di aver favorito la latitanza di Giovanni Brusca e dunque sotto il tallone di Bernardo Provenzano. Non è dato sapere se in quel dicembre 2009, il ministro Bondi conosca le competenze di Riccardo Micciché e il contesto familiare mafioso che lo definisce. Se lo abbia informato il suo capo di gabinetto o lo abbia fatto il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. È un fatto che Micciché diventa direttore dei lavori di restauro e che le conclusioni del Ros appaiono su questa circostanza radicali: “Si ritiene che l’affidamento dei lavori degli Uffizi sia gestito in una più ampia cornice di interscambio di favori, con la conseguenza che l’importante direzione dei lavori venga affidata a un tecnico che, da un lato non sembra essere un soggetto di elevata e comprovata responsabilità, e dall’altro ha contatti con soggetti iscritti in un contesto di condizionamento mafioso”» (Carlo Bonini, “la Repubblica” 9/5/2010) • «[...] “Io parrucchiere? Sono tutte sciocchezze, adirò le vie legali...” [...] il suo amico Maurizio Perseu aiuta a chiarire [...] questo mistero dell’ingegnere-coiffeur scelto dal ministero dei Beni culturali come direttore dei lavori per il restauro degli Uffizi: “Sono io il parrucchiere— rivela Perseu —. Riccardo è un mio grande amico e pure un ex cliente, sono stato il suo testimone di nozze [...] E [...] anni fa, quando aprii il Modu’s Atelier di via Isonzo, a Roma, pensai di regalargli ad honorem, per la stima e l’amicizia che ci lega, un punto societario dell’accomandita semplice di cui sono titolare al 99 per cento. Io sono il parrucchiere. Lui fa l’ingegnere. Chiaro?” [...] Suo fratello maggiore, Fabrizio [...] è finito sui giornali per possibili collegamenti ipotizzati dal Ros con Cosa Nostra. Lui è più loquace: “Ma che c’entriamo noi con la mafia? Solo la parola mi terrorizza, io sono un architetto di design, mi occupo di carte da parati, non di appalti. Provenzano, Brusca, io questi nomi li ho sentiti solo in televisione. Sono un padre di famiglia...”. E gli Uffizi? “Ma guardate che mio fratello non ha mai neanche iniziato quei lavori — risponde pronto —. Io so che non ha accettato l’incarico e basta. Non credo neppure che sia stato il ministro Bondi a decidere la nomina. Però sulla sua serietà d’ingegnere potete scommetterci. Si laureò a Palermo, quindi ha lavorato tre anni a Roma per il Genio militare. Per quanto ne so, Riccardo sta al Ministero dei Lavori Pubblici e fu contento degli incarichi ricevuti per il G8 alla Maddalena. Ma noi ci vediamo sì e no due volte l’anno. Quella del parrucchiere, però, è davvero una balla. Lui tra l’altro ha i capelli cortissimi e se li rade da solo con la macchinetta...”. Fabrizio Miccichè nega, inoltre, di essere responsabile tecnico dell’impresa Giusylenia, “inserita— secondo l’informativa dei carabinieri del Ros— in un contesto criminale finalizzato alla gestione di lavori pubblici”, il cui amministratore e socio di maggioranza sarebbe Antonio De Francisci, cognome che comparirebbe addirittura in un pizzino del boss Provenzano: “Agrigento è una città piccola, ci si conosce tutti — conclude l’architetto —. Ma in vita mia non ho mai avuto lavori pubblici o rapporti con imprese. Ho chiesto una visura alla Camera di Commercio e posso escluderlo. È vero: mio padre Franco [...] aveva una piccola ditta. Ma oggi è in pensione. Insomma, che volete da me? Io sono apolitico. Manco voto...”» (Fabrizio Caccia, “Corriere della Sera” 11/5/2010).