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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

OZPETEK

Ferzan Istanbul (Turchia) 3 febbraio 1959. Regista. «Dipingevo sempre, quando ho preso in mano la cinepresa ho smesso. Cerco la
pittura, la poesia e la letteratura della vita nei miei film. Il cinema
riflette le mie altre passioni, musica compresa» • Film: Il bagno turco (97), Harem suare (99), Le fate ignoranti (2001), La finestra di fronte (2003, David di Donatello come miglior film), Cuore sacro (2005) • «Il segreto delle opere di Ozpetek consiste in una formula ormai collaudata, una
ricetta vincente. Il gioco funziona così: prendere un personaggio pescato nella società degli emergenti, dei cosiddetti Vip, immergerlo in mondi diversi dai suoi e
raccontare. Un viaggio dell’anima, ma anche una proposta di conversione che il regista offre al suo
pubblico, un suggerimento di impegno che sottintende la necessità di guardare al di là del proprio vissuto. Nelle Fate ignoranti, una giovane vedova borghese scopriva un’allegra comunità omosessuale e ne veniva conquistata, nella Finestra di fronte una coppia giovane si imbatteva per caso nella Roma delle persecuzioni razziali
e nei segreti che la città ancora nasconde, in Cuore sacro una manager viene scaraventata in una realtà sconosciuta da una ladra bambina e con lei inizia a frequentare l’universo dei volontari, la solidarietà, i nuovi poveri che affollano le mense, guidata da un sacerdote semplice» (Barbara Palombelli) • Si arrabbia se lo definiscono «il regista turco»: «Mi sento un autore di casa vostra e anche mia: per la vita nel prediletto
quartiere Ostiense, gli amici, i miei amori, il testardo voler studiare cinema
proprio a Roma. E sono orgoglioso di rappresentare l’Italia con i miei film. In Turchia dicono che sembrano girati da un italiano.
Gli americani, mi si perdoni il paragone, non dicono di Billy Wilder “è austriaco”, di Lubitsch “è tedesco”» (da un’intervista di Giovanna Grassi)
• «Stavo andando in America e invece ho scelto di venire in Italia nel 76. Dieci
giorni prima di andare in America ho cambiato idea, ho detto a mio padre che
volevo studiare il cinema in Italia. I miei fratelli vivevano in America,
avevano la nazionalità americana e mio padre avrebbe preferito che se proprio dovevo fare il cinema lo
facessi in America. Quando dissi che volevo andare in Italia mi ha detto: vai
in un Paese dove la lingua non serve a niente, non più che il turco, mi sembra una pazzia. Lo convinse mia madre e mio padre per tre o
quattro anni mi ha finanziato. Avevo 17 anni. Le cose non sono andate come
volevo, avevo solo 17 anni e dovevo aspettare i 19 per entrare al Centro
sperimentale di cinema. Così mi sono iscritto a Lettere e facevo l’uditore all’accademia di Silvia D’Amico sennò intervistavo dei registi per una rivista di cinema: Bertolucci, Troisi,
Verdone, i Taviani e altri. Ogni volta che finivo l’intervista chiedevo se mi prendevano come assistente volontario» (da un’intervista di Alain Elkann)
• «Cammino, osservo i volti, penso a quando arrivai e facevo l’aiuto regista volontario. Qui ho realizzato sogni che credevo impossibili. Mi
sento a casa: a volte ritrovo nei corpi e volti le linee dei disegni di
Leonardo, di Raffaello, i personaggi di Moravia. L’Italia ha una bellezza antica e moderna. Sono belli il volto di Carlo Cecchi, il
naso di Mina, i lineamenti della Mezzogiorno, i colori di Laura Morante».