Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
ORENGO
Nico Torino 1944. Scrittore. Dal 77 lavora a La Stampa. Tra i suoi libri: A-ulì-ulè, filastrocche, conte, ninne nanne (72) Miramare (76); Ribes (81); Dogana d’amore (87); Le rose di Evita (90), Gli spiccioli di Montale (92); L’ospite celeste (99), tutti pubblicati da Einaudi tranne Dogana d’amore che è di Rizzoli • «Pochi altri scrittori hanno il dono, come Nico Orengo, di vedere il paesaggio,
di coglierlo e di raccontarlo — con straordinaria grazia — come si racconta qualcosa che da sempre appartiene, amata e familiare. Né egli si limita a narrarne l’aspetto esteriore, i profili, i colori e gli odori, ma ce ne restituisce anche l’anima e la storia, i mutamenti che ha subito, le violenze che lo hanno
devastato, il cuore vero che è, invece, riuscito qua e là a conservare» (Isabella Bossi Fedrigotti)
• «Una parola che ha il sapore del mare, la cui natura marina ha il tepore del
Mediterraneo, dove la luce è sospesa tra sogno e crudezza e il sentimento si ferma prima della nostalgia, è ciò a cui Nico Orengo sta lavorando da anni in una realtà narrativa come quella italiana. è nato a Torino, ma le sue radici sono nell’estremo Ponente ligure» (Andrea Benigni) • «La Liguria di cui parlo io ha dietro di sé, ma distanti, le piccole Alpi; la sua non è una verticalità eccessiva. Si tratta di un territorio continuamente mitigato da ulivi,
ginestre, mimose e giardini. Il mare lo raccontano bene Stevenson e Conrad. Tra
gli italiani io ricordo Raffaello Brignetti, Pier Antonio Quarantotti Gambini
con L’onda dell’incrociatore e, più recentemente, la Ortese, o La Capria in Ferito a morte. Devo dire però che i nostri scrittori non sembrano molto interessati a scrivere di mare; anche
i siciliani che il mare l’hanno lì davanti, da Sciascia a Consolo a Bufalino, in realtà non ne parlano poi molto. Chi l’ha raccontato bene è Biamonti, anche se è più uno scrittore di terra, della Liguria d’interno».