Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
OLMI Ermanno Treviglio (Bergamo) 24 luglio 1931. Regista. «Ogni volta che si comincia un film è come con Cristoforo Colombo: si parte per le Indie, se va bene si arriva alle Americhe
OLMI Ermanno Treviglio (Bergamo) 24 luglio 1931. Regista. «Ogni volta che si comincia un film è come con Cristoforo Colombo: si parte per le Indie, se va bene si arriva alle Americhe. Altrimenti si va a fondo. è il cinema» • Tra i suoi film: Il posto (62, David di Donatello per la regia), L’albero degli zoccoli (78, Palma d’oro a Cannes, David di Donatello miglior film; Nastro d’argento film e regia), La leggenda del santo bevitore (88, Leone d’oro a Venezia, David film, regista, montatore; Nastro per la regia), Il mestiere delle armi (2001, David di Donatello per film regista, sceneggiatore, produttore) • «Non possiede la diffidenza e certa asprezza tipica di chi discende da Bergamo, dalle sue valli, dai suoi monti. è subito affabile, simpatico, con vitalità e sensibilità che coinvolgono l’accettazione di dolori, malattie, drammi che l’esistenza regala in gran quantità, magari accanto a onori, gloria, come nel caso suo. Della sua terra e origine contadina conserva l’ingenuità, la modestia naturale» (Fiorella Minervino) • «Scomponendo e allentando tempi e ritmi, movimenti e sguardi, girando lui stesso come operatore molte delle sequenze dei suoi capolavori, Ermanno Olmi ci ha costretto a fermarci — anche se soltanto da spettatori — sul massacro della civiltà rurale e contadina imposto dalla modernizzazione violenta del dopoguerra. E lo ha fatto in modo naturale: c’era la sua vita, c’erano i suoi valori, c’era il suo quadernino immaginario di ragazzino trasferito dalla campagna bergamasca alla Bovisa, il quartiere della sua adolescenza, nella scena finale dell’ Albero degli Zoccoli» (Barbara Palombelli) • «Mio padre Giambattista, ferroviere socialista, era stato esonerato dal fascismo e, dopo due anni di disoccupazione, fu assunto dalla Edison. A quei tempi si diceva: “Chi volta il culo a Milano, volta il culo al pane”, un detto che forse vale anche oggi e mi scuso, in dialetto è meno volgare. Arrivati in città, mi stupirono gli odori: il gas di cucina, il ferrigno sapore del tram, il grasso di macchina che sentivo addosso a mio padre. A quindici anni, entrai anche io alla Edison, come dipendente» • «Mio padre morì quindici giorni dopo il bombardamento dell’edificio in cui lavorava. Allora non esistevano le possibilità scientifiche per verificarlo ma è probabile che la morte fu causata da un embolo dovuto al violento spostamento d’aria causato da una bomba • «Se dovessi definirmi, direi di essere stato sempre un uomo libero, un cinematografaro — come mi piace questa parola, com’è brutto dire cineasta — senza un impegno politico. L’accusa più ricorrente, contro di me, è sintetizzata in una critica: “Si nota il limite cattolico dell’autore”, dissero di un mio lavoro, tanti anni fa, mentre io non ho mai neppure sottoscritto il cattolicesimo. Sono soltanto un aspirante cristiano e penso che la migliore ideologia consista nel non essere schiavi dell’ideologia» • «Il vero problema per noi registi è che ti senti libero di inventare, ma poi hai a che fare con i numeri, esigenze di costi, rischi del business, di cui sei responsabile. Il film costoso che fallisce è un problema di ordine morale, oltre a provocare danni al produttore. Il film che vorrei fare è quello dove posso fare quello che voglio e non costa niente. Parlavano tempo fa di uno scienziato che voleva trasferire il pensiero in immagini... Sarebbe il massimo» • «I miei film io li scrivo sempre come fossero delle storie. Non ho mai fatto una sceneggiatura tradizionale, con le indicazioni delle riprese o degli obiettivi da usare. Io scrivo dei “raccontoni”, poi tiro delle linee per dividere le possibili scene e mi appunto delle idee: qui un piano lungo, qui magari un primo piano. Ma è solo sul set, con la macchina da presa al mio fianco, che decido come riprendere» (da un’intervista di Paolo Mereghetti) • «Si dice che i giovani registi imparino dalla televisione a “girare”. Vorrei che imparassero a raccontare e non solo a gironzolare con la macchina da presa, con un dolly o quant’altro, attorno a un attore o a un’attrice. Il cinema ha sempre guardato in profondità nella vita: ne esprime il segreto. Fa i conti con la storia, non con la cronaca, pure se alla cronaca può essere vicinissimo» (da un’intervista di Enzo Siciliano) • «Molti anni fa ho deciso di non fare più pubblicità. Se mi dici produco queste sedie, sono fatte al meglio delle mie possibilità, al costo onesto per un onesto compenso al mio lavoro, sono disposto a fare pubblicità informativa di una cosa buona. Chiaro che quando ti chiedono di ingannare il prossimo ti pagano di più» (da un’intervista di Paolo D’Agostini) • è sposato con Loredana Detto. Vive ad Asiago: «Andai lì nel 59 per girare il film dal Sergente nella neve di Rigoni Stern, ma i russi non lo consentirono, non ero garantito dal Partito comunista. Mi innamorai di questo altopiano, non avevo intenzione di sposarmi, l’idea del matrimonio e metter su famiglia la collego ad Asiago. Presi un sasso, lo posai in mezzo a un prato e mi dissi: se un giorno troverò una ragazza che mi darà la voglia di sposarmi, verrò qui. Così è stato, ho acquistato quel pezzo di terra, ho costruito la casa, dal 65 sono vissuto fra lì e Milano, dal 76 solo ad Asiago. Ogni giorno ho la mia vacanza, perché a una certa ora del pomeriggio giungono dei suoni: i passi di Loredana che porta la legna per accendere il camino. Salgo e mi concedo un riposo fino all’ora di cena».