Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
NESTA Alessandro Roma 19 marzo 1976. Calciatore. Difensore. Campione del mondo in Germania nel 2006
NESTA Alessandro Roma 19 marzo 1976. Calciatore. Difensore. Campione del mondo in Germania nel 2006. Partito titolare, ha poi risentito di un vecchio problema muscolare nel terzo incontro del girone di qualificazione, quello contro la Repubblica ceca (22 giugno 2006, 2-0). Non è più rientrato in campo. Sfortunato: incidenti analoghi avevano interrotto la sua partecipazione anche ai Mondiali del 98 e del 2002 • Lanciato dalla Lazio, squadra con la quale ha vinto tra l’altro uno scudetto (2000) e una coppa delle Coppe (99). Dal 2002—2003 al Milan, con i rossoneri ha vinto (tra l’altro) una Champions League (2003) e uno scudetto (2004). Con la Nazionale è stato nel 2000 vicecampione d’Europa. Quinto nella classifica del Pallone d’oro 2000, 13° nel 2003, 14° nel 2001, nomination nel 2004 • «“Inutile illudere la gente, non rimarrò alla Lazio per sempre”. Da questo capivi che era l’anti-Totti, non Totti allo specchio. Totti attaccante, Nesta difensore, quello bullo, lui schivo, quello incastrato dal gossip, lui fedele alla fidanzata Gabriela (figlia del segretario del Coni, Pagnozzi), quello splendidamente popolare nel lessico, lui levriero nell’animo e nella camminata. Grande già dopo il parto, il 19 marzo 76: 4 chili e 100 grammi, figlio di Giuseppe, ferroviere, e Maria Laura, casalinga, entrambi originari di Collevecchio, un paesino in provincia di Rieti. In campo ha il compito di ingrigire i nemici, leader della trincea, sezionatore di garretti; fuori dal prato s’è sempre tenuto lontano dalle riviste rosa e dalle discoteche, seccato quando gli attribuirono un focoso flirt con Alessia Mancini, conturbante velina di Striscia e poi capo-letterina del Passaparola di Gerry Scotti. Lontani i tempi in cui partecipava a incandescenti sfide sull’asfalto davanti al portone di casa. Lontano anche il pomeriggio dell’84 in cui il padre accompagnò il fratello maggiore Fernando per iscriverlo alla scuola calcio. Alessandro scoppiò a piangere, sentendosi escluso, papà Giuseppe fu costretto a sborsare altre 30 mila lire per iscrivere anche il piccolo, 8 anni appena. Alessandro mostrò subito doti non comuni, Francesco Rocca - collaboratore della Roma - lo segnalò a Dino Viola, presidente giallorosso che mise sul tavolo 10 milioni di lire (un’enormità per quei tempi e quella età) per calamitare il talento appena sbocciato. Sembrava fatta, ma papà Giuseppe - laziale da sempre - non riusciva a darsi pace. Mio figlio con la maglia della Roma? Piuttosto morto. Il figlio accettò la decisione del padre, dopo aver capito che di quei 10 milioni al genitore non sarebbe andato neppure un centesimo. Giu seppe Nesta telefonò alla Lazio e chiese che il figlio potesse sostenere un provino. Detto, fatto: campo di San Basilio, 300 bambini, Alex aveva 9 anni appena, l’esame fu superato al primo colpo. Restò schivo, nonostante gli elogi, alla Lazio lo sistemarono anche all’ala destra, i guai arrivarono quando in una stagione crebbe di 22 centimetri: nacquero scompensi alle anche, infiammazioni alla spina dorsale e alle ginocchia. Lo aiutò l’affetto dei genitori, la mamma che ogni sera lo coccolava, preparandogli leccornie e lavandogli a mano maglietta e calzoncini perchè i colori non stingessero, appassendo. Sfidava Totti anche quand’era pargolo: lui con la Lazio, il Pupone originale con la squadra della Lodigiani. “Una volta gliele suonai di brutto: 6-2”, la leggenda mai smentita di Nesta. Il suo migliore amico diventò Di Vaio. Zoff lo fece esordire in serie A, con la Lazio conobbe il talento al servizio della squadra (Signori) e quello al servizio del bicchiere (Gascoigne); l’allenatore per cui il gioco viene prima del giocatore (Zeman), e quello che lascia libertà dentro e fuori dallo stadio, responsabilizzando l’individuo come essere pensante e non macchina acchiappasoldi (Eriksson). A Gascoigne, ruppe tibia e perone durante un allenamento. Se ne ricordò 4 anni dopo, quando a Parigi (Mondiali 98, Italia-Austria) una torsione anomala gli sgretolò i legamenti del ginocchio. La carriera improvvisamente in pericolo: piscina, palestra, fisioterapia, poi un nuovo intervento perchè sulla ferita si forma un’infezione. Cragnotti, che vede la pepita marcire, chiede alla Federazione un risarcimento di 13 miliardi. Nesta torna dopo 6 mesi e la Lazio spicca il volo fino al derby contro Totti: il Pupone, quello doc, lo irride con finte e rococò. A Nesta saltano i nervi, espulso prima della fine, mentre Totti segna e mostra la canottiera con una scritta che farà impazzire la città: “Vi ho purgato ancora”. Nesta non perdona l’affronto e in Nazionale, qualche settimana dopo, prende di petto il rivale. Da quel giorno, il derby diventa una sofferenza: nell’ultimo, il più atroce, Nesta crolla e tra il primo e secondo tempo non torna in campo. Lì, si inceppa il rapporto con i tifosi: il capitano che abbandona la nave non ci merita» (La Stampa).