Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
MURA Gianni Milano 9 ottobre 1945. Giornalista. Sportivo. Di Repubblica. Ha cominciato a La Gazzetta dello Sport, poi Corriere d’Informazione, Epoca, l’Occhio • «Parole spese bene a coniugare grimpeurs e rossi invecchiati in barrique, storie di uomini che pedalano per vincere e storie di uomini che pedalano per non perdere (quelli gli piacciono di più), pallonari miliardari e tramonti bagasci, canzoni, dolci dolori
MURA Gianni Milano 9 ottobre 1945. Giornalista. Sportivo. Di Repubblica. Ha cominciato a La Gazzetta dello Sport, poi Corriere d’Informazione, Epoca, l’Occhio • «Parole spese bene a coniugare grimpeurs e rossi invecchiati in barrique, storie di uomini che pedalano per vincere e storie di uomini che pedalano per non perdere (quelli gli piacciono di più), pallonari miliardari e tramonti bagasci, canzoni, dolci dolori. “Mi interessa essere chiaro, negli articoli uso un linguaggio comprensibile, da parla come mangi. Ho un’allergia violentissima verso gli anglicismi. Io voglio trasmettere emozioni: se sono sul Tourmalet e tu sei a casa a Bologna, devo farti arrivare qualcosa oltre al fatto che il primo è bravo e il secondo è un pirla, cosa peraltro che non credo”. Questo gli piace al Gianni di Antonino Mura, carabiniere sardo di stanza a Roma che per potersi godere Meazza chiese il trasferimento a Milano e un giorno sul treno, mentre se ne stava ammanettato a un detenuto in trasferimento ad Alessandria, guardò Germana e se la sposò. La barba e la faccia di Gianni, con quel solco nella fronte che sembra la gola di una valle delle Alpi Marittime, Ms a piovere, scrivania da eterno fuori corso, troiai di giornali. “All’esame di professionista, faccio un gran scritto, ottimo. Era l’ottobre del 66. Ma mi segano all’orale: ‘non le sembra di essere troppo giovane per diventare giornalista?’. A quei tempi agli esami si presentava gente come Moravia e io ero fresco di liceo, avevo 21 anni. Sono passato alla sessione successiva: per tantissimi anni ho detenuto il record di gioventù tra i professionisti. Al liceo andavo forte in italiano, ero in classe con la figlia del direttore amministrativo della Gazzetta. Dopo la maturità mi manda un bigliettino: guarda che stanno cercando un paio di ragazzi, presentati in via Galilei. Fino ad allora avevo scritto sul giornale del liceo, recensivo film assurdi, quelli con diciotto spettatori in platea, come sport vedevo l’Inter e basta, ero grassoccio, all’oratorio giocavo solo se portavo il pallone. Per cui mi vedevo a stendere un elzeviro da terza pagina sul Corriere, mica alla Gazza. Va be’ va, mi son detto, sto un po’ lì, imparo l’arte. E ci ho passato otto anni”» (da un’intervista di Andrea Aloi) • Esperto gastronomo, tiene, con la moglie Paola, una rubrica sul Venerdì di Repubblica (Mangia&Bevi). Strepitoso anagrammista e patito, in genere, dei giochi con le parole. Nemico della modernità. Da molti anni, ogni domenica, scrive sulla Repubblica la rubrica “Sette giorni di cattivi pensieri”, in cui, fingendo di occuparsi di sport, giudica, con tanto di voti da uno a dieci, il mondo intero • Elogi sperticati della Valduga ai suoi servizi sul Tour de France.