Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
MUCCINO
Silvio Roma 14 aprile 1982. Attore. Tra i suoi film: Come te nessuno mai (G. Muccino, 99), Ricordati di me (G. Muccino, 2003), Che ne sarà di noi? (Veronesi, 2004), Manuale d’amore (Veronesi, 2005), Il mio miglior nemico (Verdone, 2006). “Ragazzo fortunato, uscito dalla crisalide dell’adolescenza con l’aiuto del fratello Gabriele e soprattutto grazie al grande schermo che gli ha
permesso di essere com’è, trasformando timori e timidezze in punti di forza e simpatia” (Fulvia Caprara) • “Con un fratello maggiore che ti fa da palo è tutto più facile” • «è il volto della generazione cartavelina dei venti-trentenni, figlia dei figli
dei fiori (genitori sessantottini per anagrafe); è l’attore promessa del cinema italiano; è intelligente, vitale, trasparente, talentoso; incarna “l’estetica del carino” (insopportabile a molti), ovvero la piacevolezza del disimpegno impegnato,
superficialmente profondo, né Adone né scarrafone, senza eccessi in alto né in basso» (Stefania Berbenni)
• «Ho fatto il classico e due anni di Lettere, faticavo e ho smesso, all’università è facile perdere tempo, tutto è dilatato. A me piace fare le cose» (da un’intervista di Valerio Cappelli) • «Il cinema mi ha liberato. Gli anni del liceo sono stati i più brutti della mia vita, mettevo una maschera per farmi accettare: lo scemotto
preso in giro da tutti, donne neanche l’ombra. Come te nessuno mai mi ha fatto sentire me stesso per la prima volta. Avevo 16 anni, Gabriele aveva
fatto solo Ecco fatto, parlavamo molto io e lui. Ci capivamo bene. Gabriele ha usato me per creare la
storia e io ho imparato da lui. Poi mi sono fermato, dovevo andare a scuola e
avevo paura di non saper andare avanti senza mio fratello. Sono rientrato nei
panni di studente, al liceo Mamiani di Roma. Stavo più sulle scatole di prima. Avevano quel modo di guardarmi malizioso, carico di
invidia. Non volevo perdere neanche un momento in più lì dentro. Poi è arrivato Ricordati di me che mi ha portato davanti agli occhi di tanti, dovevo essere all’altezza. Mi sono detto che non potevo continuare arrancando dietro a Gabriele. E
ho colto due opportunità. Dario Argento e poi la scommessa più importante, Che ne sarà di noi. Il soggetto era mio. Il liceo era finito ma la mia vita doveva ancora
cominciare, né carne né pesce: ho raccontato questo momento, quel viaggio di post-maturità parla della paura del futuro» (da un’intervista di Paolo D’Agostini) • «Ho un enorme senso di inadeguatezza, me la faccio sotto ogni volta che esce un
film. Ho paura di scendere dalla giostra o di starci troppo a lungo sopra. Non
so mai se rifiutare una proposta o accettarla. Mi faccio un sacco di pippe
mentali» • «Sono per uomini fallibili, fragili, deboli: l’idolo è Edward mani di forbice, ma l’ha già fatto Depp» (da un’intervista di Maurizio Porro) • «Credo di non credere, ma forse credo. Sembra una frase alla Marzullo, però la vedo così» • Sta con una donna di vent’anni più grande di lui, Carla Vangelista, sceneggiatrice. Hanno raccontato la loro
storia scrivendo un libro a quattro mani (Parlami d’amore, Rizzoli, 2006).