Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
MORANDI
Gianni Monghidoro (Bologna) 12 dicembre 1944. Cantante. Attore • Sue canzoni più famose: Andavo a cento all’ora (62), Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte (63), In ginocchio da te (64, vincitrice del Cantagiro), Non son degno di te (65, vincitrice di Canzonissima), Un mondo d’amore (66), C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones (66), Scende la pioggia (69, Canzonissima), Ma chi se ne importa (70, Canzonissima), Occhi di ragazza (70), Uno su mille (85), Si può dare di più (con Enrico Ruggeri e Umberto Tozzi, vincitrice del Festival di Sanremo 87), Vita (88, dall’album Dalla/Morandi). Protagonista di molti film tratti dalle sue canzoni (i cosiddetti “musicarelli”). Negli anni 80-90 ha partecipato a molte fiction tv (Voglia di volare, Voglia di cantare, Voglia di vincere, In fuga per la vita, La
voce del cuore, La forza dell’amore) • Figlio di un ciabattino, «la domenica pomeriggio, cantava durante gli intervalli tra un film e l’altro nel cinema del paese natale, e poi riprendeva a vendere noccioline e
caramelle, tanto per arrotondare le entrate. Andò in giro con un complessino per le balere di campagna, venti canzoni per sera a
mille lire, e lui s’arrangiava anche con la chitarra e la batteria. Aveva quattordici anni e mezzo,
si esibiva alla periferia di Bologna, quando la maestra che dirigeva il
complessino gli consigliò il ritorno a Monghidoro: stava cambiando voce, non aveva un futuro. Previsione
sbagliata, non aveva ancora riacquistato confidenza con la bottega di
ciabattino, e già la nuova voce si rivelava, al contrario, più che passabile. Gianni riattaccò a cantare, non dispiaceva a un pubblico alla buona. Finché una sera lo notò un certo Leonetti, arbitro di pugilato e a tempo libero cacciatore di talenti
di ogni genere. Leonetti possedeva qualche juke-box, aveva relazioni e rapporti
con case discografiche, ottenne per il ragazzo di Monghidoro un provino alla
Rca, a Roma. E Morandino andò in città quasi più alla cieca di come ci andava Moraldino, nel finale dei
Vitelloni di Fellini. Cantò Non arrossire, e fu un mezzo disastro: a parte tutto, le esse erano una sfida per la sua
pronuncia emiliana. Ma alla Rca c’era il paroliere Migliacci che seppe vedere più che sentire in lui la stoffa del cantante. E da allora Gianni iniziò la sua ascesa» (Oreste Del Buono) • «La Morandi Story comincia nel 58, in una Casa del Popolo vicino Ravenna. Ad
assistere al suo debutto canoro ci sono, dai quadri appesi alle pareti, Stalin,
Gramsci e Togliatti. Del resto papà Renato, gran comunista, fin da piccolo lo portava con sé a diffondere l’Unità, curandone l’educazione politica più di quella scolastica (si ferma alla quinta elementare). Gianni si fa quattro
anni di gavetta. Col padre che non lo incoraggia: “Fai il ciabattino, che è un mestiere sicuro”. A scoprirlo è Franco Migliacci, uno dei cervelli della musica leggera, “un secondo padre” per Gianni. Nell’Italia del boom la straripante energia di Morandi unita alla simpatia hanno
presa immediata. Il cantante segna gli anni Sessanta con una raffica di
successi:
Fatti mandare dalla mamma, In ginocchio da te, Non son degno di te, Se non avessi più te, La fisarmonica, Un mondo d’amore. Fotogenico e ragazzone, in tv Morandi sfonda il video. E non scandalizza l’Italia benpensante nemmeno quando canta educato C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones e punta l’indice contro la guerra nel Vietnam. Ma il vento gira. E negli anni Settanta,
anni di piombo, Morandi si scopre superato. La goccia che fa traboccare il vaso
sono i fischi del pubblico milanese quando si esibisce prima di un concerto dei
Led Zeppelin. Gianni va in esilio: s’iscrive al conservatorio romano di Santa Cecilia. E scompare. Anche la sua vita
familiare va a rotoli: si separa da Laura Efrikian, la madre di Marianna e
Marco, l’attrice sofisticata e più grande di lui che ha sposato contro il parere della famiglia, “ma che mi ha insegnato a parlare l’italiano”, ricorda Gianni ancora oggi. All’inizio degli anni Ottanta Morandi prova il rientro, tra lo scetticismo generale.
E invece il successo torna, più grande di prima. Perché l’Italia non si è scordata di lui, perché le nuove generazioni lo scoprono e perché ad aiutarlo accorrono nomi importanti come Mogol, orfano della collaborazione
con Lucio Battisti. è un crescendo irresistibile che culmina nella vittoria a Sanremo 87, con Tozzi e
Ruggeri e la canzone
Si può dare di più. Nel 94, altro colpo di scena: ecco il Morandi catto-comunista. Che canta a
Lourdes e confessa: “Mi sono sentito fragile, stupido, pieno di vizi. Io non sono cambiato, ma il
comunismo forse mi ha deluso. Ma mi sento sempre di sinistra, non gridate al
miracolo”. Nel 95 torna a Sanremo in coppia con la bolognese Barbara Cola, sua protetta.
La canzone è In amore, arriva seconda alle spalle di Giorgia, ed è considerata la vincitrice morale. Anche la vita privata va a gonfie vele. La
sua compagna Anna Dan gli dà un nuovo erede, Pietro. E la figlia Marianna col piccolo Paolo lo trasforma nel
nonno cinquantenne più famoso della musica leggera. Poi c’è lo sport. Altro capitolo importante. Fonte di buone public relations. Non solo
Morandi fa il maratoneta (corre pure a New York), ma dall’81 è membro fondatore e animatore della Nazionale cantanti. Di che si tratta? è un’iniziativa benefica capace di rastrellare cifre notevoli con sfide calcistiche
contro improbabili nazionali di politici, magistrati o piloti di Formula 1 che
riempiono gli stadi di giovani fan. Ma è anche una delle più potenti lobby nel mondo dello spettacolo. Il 99 è un’altra annata doc per Morandi. A Sanremo è l’ospite d’onore. A Modena, al Pavarotti & Friends, duetta con Big Luciano. E corona la stagione con il trionfo di
C’era un ragazzo, programma per Raiuno dove ricostruisce la sua carriera. Ad aiutarlo anche
questa volta si muovono artisti, autori, intellettuali, politici: da Lucio
Dalla a Michele Serra. Cinque puntate, ascolti trionfali (10 milioni di media)
e una leggendaria ospitata canterina di Massimo D’Alema» (Stefano Pistolini) • «Una cosa mi è mancata: fare un bel film, un film vero. Forse perché mi ricordo di quando, bambino, vendevo le caramelle nel cinematografo di
Monghidoro e vedevo questi grandi, immensi eroi americani sullo schermo.
Secondo me non mi scritturano perché non riescono a immaginarmi in un personaggio che non sia Gianni Morandi» (da un’intervista di Giuseppe Videtti).