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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

MONTI Mario Varese 19 marzo 1943. Economista. Presidente della Bocconi. Editorialista del Corriere della Sera

MONTI Mario Varese 19 marzo 1943. Economista. Presidente della Bocconi. Editorialista del Corriere della Sera. Consulente di Goldman Sachs. Ex commissario europeo alla Concorrenza (94-2004) • «Bocconiano, predilige i toni bassi, si sente a suo agio nelle stanze del potere discreto e lontano dalle luci della ribalta. È il rappresentate di una tecnocrazia che ragiona su numeri e regole senza voler nulla concedere ai furori e ai sentimenti della piazza. Difende strenuamente un ruolo convenzionalmente definito “super partes”. È l’incarnazione stessa di tutto ciò che viene detestato dalla cultura populista: elitario per vocazione, scelta e formazione, sacerdote della nuda oggettività delle cifre, rispettoso di un galateo istituzionale costi quel che costi in termini di consenso e di popolarità. Quando il primo governo Berlusconi lo designò nel 94 commissario europeo per l’Italia, in coppia con la candidatura interamente politica di Emma Bonino, nessuno, a sinistra, ebbe da eccepire. Uomo di establishment, sembra riassumere nel suo credo il principio-base della continuità espressa da ogni establishment: i governi passano, le istituzioni restano» (Pierluigi Battista) • È figlio di un «direttore di banca con una schizzinosa distanza dalla politica e una madre che aveva la dote dell’allegria. Non ho ripreso da lei, purtroppo» (da un’intervista di Stefania Rossini) • «Ecco il massimo pregio, umano e comportamentale, di Mario Monti: l’imparzialità. E che ha finito col precludergli gli accessi alla politica-politicante. Quando mai ha chiesto qualcosa? Appartiene al dna “dei Monti”, il non chiedere. Modenesi, si trasferirono a inizio Novecento a San Giuliano Milanese, dove il capofamiglia È medico condotto. La figlia Lucia va sposa a Raffaele Mattioli, dominus della Banca Commerciale e con Enrico Cuccia i banchieri italiani dell’ante e post Seconda guerra mondiale. Antonio, fratello minore di Lucia, abbraccerà la carriera bancaria. Comit e Mediobanca. Zii, nipoti. Ecco il ceppo di Mario. Itinerario obbligato, o quasi. Laurea alla Bocconi (65), specializzazione in Usa, a Yale. Accademia. Bocconiano per amore, ne sarà rettore, poi presidente alla morte di Giovanni Spadolini; nutrendo enorme stima, da cattolico osservante dichiarato, per la Cattolica» (Giorgio Galli) • Dopo il pareggio alle politiche del 2006, ha sostenuto, con una serie di editoriale sul Corriere della Sera, la necessità di un governo di larghe intese, secondo la maggioranza degli osservatori candidandosi implicitamente a guidarlo • «Milita dalla parte del presidente della Bocconi una micidiale capacità geometrica nei rapporti di forza, e una notevole dote di fiuto personale che lo porta ad anticipare il punto di caduta di una traiettoria di potere. La storia di Monti È determinata da questa duplice sensibilità: di famiglia cattolica, studia a Milano al Leone XIII, gesuiti; poco più che trentenne diventa uno degli otto professori di ruolo alla Bocconi e poi ne diventa rettore; anche con la protezione morale di una storia familiare esercitata peraltro con molta discrezione (È pronipote di Raffaele Mattioli), sotto la guida di Franco Cingano entra nel mondo Comit, di cui diventerà consigliere di amministrazione e vicepresidente; entrato nel cono di simpatia di Giovanni Agnelli diventa consigliere di amministrazione della Fiat e ne esce con una eccessiva tempestività con l’inizio di Tangentopoli. Nel 94 intercetta la simpatia — in parte costruita sulla milanesità — di Silvio Berlusconi che lo manda a Bruxelles, commissario al Mercato interno. Viene considerato un commissario eccellente e confermato, questa volta da Massimo D’Alema, nel 99. Gli tocca l’Antitrust: dice no alla fusione tra Honeywell e General Electric e infligge una multa pesantissima a Microsoft. In realtà la sua vicenda di commissario Antitrust È controversa, perché si presta a interpretazioni diverse sul liberalismo e sul mercato. Ma quello che conta È che diventa un personaggio di statura internazionale, la vera star della commissione presieduta da un pallido Romano Prodi. La comune esperienza con Prodi È un precedente interessante, per valutare gli attuali rapporti di forza e le chance di Monti. I due non si amano. Monti È l’uomo che più di tutti conosce i limiti politici, organizzativi e di leadership di Prodi perché lo ha visto in azione in Europa. E questo Prodi lo sa. Inoltre da quando Monti ha lasciato Bruxelles il presidente del Consiglio in pectore ha considerato il presidente della Bocconi la vera minaccia alle sue prerogative di status, anche dopo il successo personale delle primarie. Ha subito posto un veto all’ipotesi che Monti andasse all’Economia, per timore che gli facesse ombra sia nel sistema di potere economico e finanziario, dove Monti ha un sistema di rapporti propri (compresa una certa frigida e reciproca vigilanza con Giovanni Bazoli, molto legato a Prodi) sia sul fronte internazionale, dove Monti non crede più nell’asse franco-tedesco dal quale l’altro invece non sa culturalmente separarsi in termini di visione. Dunque, il ticket Prodi-Monti — questa la preoccupazione del leader unionista — sarebbe automaticamente diventato Monti-Prodi. E dunque per via XX settembre, Prodi ha preferito spingere sul più morbido Tommaso Padoa-Schioppa, con cui peraltro Monti ha buoni rapporti di formalità, ma poca simpatia» (Il Foglio) • «La Bocconi, l’Europa, il Corriere della Sera, sento il valore della continuità. Neanche Gianni Agnelli riuscì a convincermi a scrivere per La Stampa. Gli dissi: “Vedrà che verrà prima lei al Corriere”. E poco dopo infatti lo comprò» • «Ho paura dei gatti neri che attraversano la strada. Specie se provengono da sinistra. Non me ne chieda la ragione, ma È così».