Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
MINOLI
Giovanni Torino 26 maggio 1945. Giornalista. Direttore di RaiEducational («cioè del nulla»). «Io sono, sono stato e sempre sarò un uomo di centrosinistra, non cambio quando cambiano i vertici» • «Uno dei più solidi conoscitori del mezzo, uno scopritore di talenti, uno che ha inventato format anziché importarne, dal suo attuale ruolo di responsabile di RaiEducational continua a
confezionare alcune fra le trasmissioni più interessanti della Rai, quelle che riescono a coniugare il famoso, o
famigerato, servizio pubblico, con il fondamentale intrattenimento» (Alessandra Comazzi) • «Vengo da una famiglia della borghesia, avvocati, magistrati, imprenditori. Un
bisnonno industriale della moda, finanziatore di Garibaldi e di Mazzini, un
nonno grande avvocato. Eugenio, mio padre, faceva parte di quel gruppo che a
Torino stava intorno a Norberto Bobbio, alla Utet, alla Torino colta. Un grande
padre, un grande uomo. Si è laureato a 20 anni, è andato in cattedra a 28, procedura civile. è stato l’inventore dell’Arbitrato internazionale. A 30 anni ha avuto una conversione, fantastica,
mistica, è diventato grande amico di La Pira e di Dossetti. è morto a 60 anni in un incidente d’automobile. Ha lasciato otto figli» (da un’intervista di Claudio Sabelli Fioretti)
• «Di buona famiglia, essendo sposato con Matilde Bernabei, figlia del grande
Ettore, il vero fondatore del servizio pubblico, oltre che cugino primo di
Giovanna Melandri. Troppo abile nelle pubbliche relazioni ma, soprattutto,
troppo trasversale, che è parola che parlando del nostro appare riduttiva. Perché il camaleonte Minoli, cattolico fanfaniano, aziendalista, socialista
martellian-craxiano, progressista diessino-veltroniano, ammiratore di Forza
Italia, della trasversalità è forse il principe, e il soprannome di “barattolo” che gli fu affibbiato è certo riduttivo. Forse è semplicemente l’esponente di un meta-trasversalismo praticamente perfetto e molto post moderno.
Così che quasi stupisce che la Quercia di Fassino non lo riconosca come “suo”, mentre la Margherita rutelliana quasi quasi lo gradirebbe. Detto tutto questo,
è un ottimo professionista della tv. Uno dei pochi rimasti. Uno dei protagonisti
della storia della Rai. Uno di quelli che aveva saputo anche costruirsi una
squadra, una società, “un feudo”, come scrisse Paolo Murialdi, consigliere di amministrazione della “Rai dei Professori” dell’era post Tangentopoli (93). Cominciò infatti la sua carriera in Rai nel lontano 71 non come autore ma come
produttore di programmi, realizzando documentari, servizi giornalistici,
reportages, fino alla sua prima rubrica,
A come agricoltura, nel 78. Nell’80, anno chiave in cui i partiti riprendono il controllo della Rai riformata e
il Psi si impadronisce di Rai Due, gli viene assegnata la rubrica Mixer che diventerà e resterà per anni il fiore all’occhiello della rete socialista. Minoli — che non è ancora giornalista e se ne cruccia — inventa i faccia a faccia aggressivi all’americana che con le batterie di domande prefabbricate paiono mettere in croce i
politici. I quali, però, finiscono per fare la fila. E Craxi, presidente del Consiglio, nell’87 andrà da Minoli ad annunciare il suo rifiuto a concedere alla Dc la promessa “staffetta”. Più tardi Minoli per l’amico Bettino girerà uno spot elettorale, col garofano in mano alla cassa di un supermercato. Come
capostruttura di Rai Due, Minoli firma altri programmi di economia,
informazione, politica e persino varietà come
Quelli della notte di Renzo Arbore, progetti di trasmissioni di successo come Aboccaperta con Funari, Piccoli fans con Sandra Milo, Più sani e più belli con Rosanna Lambertucci, scopre il duo Patrizio Roversi-Siusy Blady. Mentre Mixer continua espandendosi nella cultura, verso i giovani, fino a diventare una
struttura a sé. Minoli è ormai pronto per il salto da direttore di rete, cosa che gli riesce nel 94,
nella prima Rai berlusconiana quando prende la guida della rete Due. Minoli l’ultratrasversale ha tante amicizie anche nel Pds-Ds, nella sua bella casa di
Filicudi ospita spesso la cugina Giovanna (che lì conoscerà il suo futuro marito) e politici dell’Ulivo. Così non stupisce che il Cda di Enzo Siciliano lo nomini direttore di Rai Tre, dove
continua a inventare programmi, uno per tutti il
Report di Milena Gabanelli. è con la svolta dalemiana in Rai che cominciano le difficoltà. Celli non lo ama. Gli affida la direzione di un servizio che deve produrre
format serali a basso costo ma il budget è troppo basso, così con una lettera infuocata al direttore generale, Minoli sbatte la porta di
viale Mazzini. Così come farà a Stream, scontrandosi con l’amministratore delegato Lucia Morselli» (La Stampa) • «Alla Rai i problemi sono in generale molto meno politici di quanto comunemente
si creda» • «Ero un grande sportivo. 10’’8 sui cento metri, Nazionale universitario di sci, serie D a pallone. Il mio
sogno era di diventare un grande calciatore. E uno scrittore. Però il calcio a Torino non era conveniente per un borghese. Mia madre non mi ha
lasciato. Era come se mia sorella le avesse chiesto di fare la ballerina dell’avanspettacolo».