Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
MESINA
Graziano Orgosolo (Nuoro) 4 aprile 1942. Ex bandito. Graziato nel 2004 da Ciampi • «Piccolo, robusto, agilissimo, penultimo di 10 figli, vivace fin troppo, orgoglio
smisurato e spiccatissimo senso della famiglia e della giustizia fai da te.
Quando un compaesano osò accusare i fratelli di aver partecipato a un rapimento, lui corse in un bar e
gli sparò a bruciapelo. “Se avessi voluto lo avrei ammazzato. Ma non volevo: io non ho mai ucciso nessuno”. Prima condanna dura, 16 anni, di una serie infinita e prima tappa di una “carriera” destinata a segnare la storia del banditismo sardo. Rapimenti, evasioni,
condanne e ancora fughe dal carcere. “Io non sono nato per rimanere in galera” confidò nel 62 a un carabiniere della scorta che lo trasferiva dal carcere di Nuoro. E
poco dopo: “Posso andare nel bagno?”. Il treno correva, il carabiniere sulla porta della toilette. Ma Grazianeddu si
era buttato giù dal vagone. Catturato subito dopo, dicono le cronache. “Mi consegnai spontaneamente. Quel carabiniere mi stava simpatico, non volevo che
avesse guai”. Vanitoso, spaccone, forse un po’ primitivo — così hanno scritto —, mai banale. “Scommettete che scappo?” si vantava con gli agenti di custodia. Scommessa vinta: a Nuoro, primi anni 60,
intervento chirurgico, ricovero all’ospedale, il giorno dopo andò via in pigiama. Lo cercavano più di 200 poliziotti, lui si era infilato in un tubo e ci era rimasto tre notti. L’evasione “storica” da San Sebastiano, carcere di Sassari. Per due anni Grazianeddu calzava nell’ora d’aria le scarpe da tennis e faceva ginnastica. Quando venne il momento (66) compì un gran balzo e si issò sul muro di recinzione (7 metri); un altro salto ed era su una strada
centralissima. Passava un taxi: “Mi porti a Ozieri”. Il bandito Graziano Mesina è nato in quell’istante e ha già un luogotenente, Miguel Atienza, spagnolo con un passato nella Legione
straniera, evaso con lui. In 18 mesi, rapimenti a catena: Campus, Petretto,
Moralis, Canetto, Papandrea, Capelli... Una lista che cresceva
proporzionalmente alla sua fama di fuorilegge duro, ma generoso. “Mi ha dato mille lire e detto: ‘Comprati le caramelle e ritorna a casa’ — raccontò Marcellino Petretto, sorpreso con il suo papà e liberato subito —. ‘Io non prendo bambini’”» (Alberto Pinna)
• «Nel 68 il mito di Mesina è consolidato. Raggiunge Giangiacomo Feltrinelli che crede di poterne fare il Che
Guevara sardo. La trattativa, come era ovvio, non porta a nulla. Ma
contribuisce ad alimentare la leggenda e anche la paura quando, nel 76,
Grazianeddu evade dal carcere di Lecce con alcuni terroristi. In realtà della politica non gliene è mai importato niente. Quando, nel 91, ottiene la libertà vigilata e partecipa alla trattativa per la liberazione del piccolo Farouk
Kassam, s’invischia in una partita pericolosa con i servizi segreti. Poco dopo, nella
villetta dell’astigiano dove si è stabilito, irrompono i carabinieri e scoprono un piccolo arsenale: un
kalashnikov, due pistole automatiche, un revolver, due bombe a mano, cinquemila
cartucce. “Una trappola”, accusa. Ma perde nuovamente la libertà. Definitivamente, si disse allora. Dopo altri undici anni di carcere, la
grazia. Stava per concedergliela Francesco Cossiga, l’aveva sostenuta Indro Montanelli. Il mito di Mesina, infatti, è stato alimentato dalla fama e dal prestigio dei tanti che ci hanno creduto. A
Montanelli quel sardo piccolo dagli occhi vivi ricordava gli anni della
giovinezza trascorsi a Nuoro, dove il padre era il preside del liceo. Un giorno
del 92 volle incontrarlo. “Mesina, sono qui da lei perché ho passato gli anni migliori della mia infanzia nel cuore della Barbagia.
Spesso pranzavamo con qualche bandito, cucinando capretto o porceddu arrosto”. Anche Mesina ebbe un ricordo d’infanzia: “Arrivai fino alla quarta elementare - raccontò - poi presi a pietrate il maestro e mi mandarono a guardare il bestiame”» (Giovanni Maria Bellu).