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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

MERINI

Alda Milano il 21 marzo 1931. Poeta. Nel 96 ha vinto il Viareggio-Rèpaci. «Ma lei cosa vorrebbe? “Uomini”» • Ha frequentato le scuole professionali all’istituto Solera Mantegazza (non fu ammessa al liceo Manzoni perché respinta in italiano). Scoperta giovanissima, a soli 16 anni, da Giacinto
Spagnoletti, che è stato il primo a pubblicarla (Il gobbo, Luce), nel 47 è stata internata per un mese nel manicomio di Villa Turro, a Milano. Nel 51 l’editore Scheiwiller ha stampato, su suggerimento di Eugenio Montale, alcune sue
poesie. Poi ha pubblicato La presenza di Orfeo, Paura di Dio, Nozze Romane. Nel 65 ha iniziato il periodo degli internamenti al Paolo Pini, fino al 72,
quando è ritornata a scrivere sull’esperienza del manicomio: La Terra Santa. Morto nell’81 Ettore Carniti, che ha sposato nel 53 e da cui ha avuto quattro figli, si è unita al poeta Michele Pierri e si è trasferita a Taranto per tre anni. Fra le sue opere: La gazza ladra, L’altra verità, Diario di una diversa, Fogli bianchi, Testamento, Delirio amoroso, Vuoto d’amore, Aforismi, La pazza della porta accanto, La vita facile • «Oltre che poeta di meravigliosa intensità, è una donna che si è lasciata alle spalle (ma fino a che punto?) una sofferenza enorme: quella del
manicomio. Vi è stata reclusa per una decina d’anni a partire dal 65, ma, miracolosamente, in quella succursale dell’inferno è riuscita a preservare la nobiltà dell’intelletto con la sola forza della parola poetica» (Osvaldo Guerrieri) • «Diceva Raboni: “Il poeta è l’interprete delle inquietudini”, non solo delle proprie ma di quelle del mondo. Noi siamo antenne: alle prime
avvisaglie, quando le nubi ancora si addensano sull’umanità, avvertiamo la tempesta e facciamo da ripetitori per gli altri uomini. Sentiamo
più forti i dissesti, gli odi, captiamo le voci delle moltitudini che ci
richiamano, ma tutto ciò devasta alla fine il poeta» (da un’intervista di Lucia Bellaspiga)
• «Si è fatta ritrarre a seno nudo da Giuliano Grittini per Canto di spine degli Altera, una band prodotta da Franz Di Cioccio della Pfm. Non è nuova a queste provocazioni: sempre lo stesso fotografo, un suo amico, l’aveva ritratta senza veli per illustrare L’altra verità. Diario di una diversa, riedizione del 97 di una sua raccolta di poesie. Allora spiegò così la sua decisione: “Per buttare il mio corpo al macero, a significare che per la psichiatria il
corpo non vale, viene annientato, soltanto la mente è terreno di studio”» (Corriere della Sera) • «“Cosa ne pensa lei?”. Fa spesso questa domanda. Non sempre ascolta davvero il tuo parere. Quel punto
di domanda fa parte del ritmo del suo eloquio. è il suo refrain linguistico e morale» (Silvio Perrella) • «Io credo nella bellezza della vita. C’è chi pensa che sia impazzita di felicità. Per un poeta ogni briciola è come una montagna. Se un poeta ama, ama tre volte di più. Io continuo ad innamorarmi, sa. Adesso amo un prete di quarant’anni. Ma non vado a letto con lui. Ho più di settant’anni, io. Il desiderio e l’amore sono il nutrimento della mia poesia. L’amore è una cosa divina. Ma io non amo solo le persone. Amo anche le cose. Ogni oggetto
per me diventa sacro. Amo tutto ciò che non è artefatto. Posso amare anche chi non ho mai conosciuto di persona. Mi è successo con Giorgio Gaber. Mi ha colpito la sua morte, il pudore che quest’uomo ha avuto nel vivere la sua malattia. Ho scritto una canzone per lui. Sono
stata in manicomio più di dieci anni. Quando qualcuno mi dice “poveretta”, magari per consolarmi, non sa che anche in manicomio si può fare esperienza della vita. Ho imparato molto, in quegli anni. Anche gli
elettroshock (e ne ho subiti molti) mi sono serviti. L’abbandono è la morte, ma anche la perdita dei condizionamenti. A me non importa più nulla delle convenzioni. Vivo per quel che sono»
• «Scrivo quando non ho più soldi. Allora scrivo anche su committenza: per un matrimonio o un funerale» • «Mio padre lavorava nella vecchia mutua Grandici e faceva l’assicuratore. Era un uomo coltissimo e padrone della lingua italiana. E anche
molto bello, talmente bello che lui e mia madre sembravano una coppia di
attori. Era anche un tenore di grazia. Cantava nelle operette e io già da bambina ebbi una grande dimestichezza col palcoscenico. Erano talmente
innamorati l’uno dell’altra, i miei genitori, che io crebbi in un clima di amore e di musica unico al
mondo. Lui era bello come Robert Taylor, ma era un uomo chiuso e molto garbato.
Fu un grande educatore, mio padre. Amò i suoi figli teneramente e aveva mani così ben curate che sembravano persino femminili. Mio nonno era maestro d’organo e in casa mia non ci furono mai né parolacce né offese, e mio padre aveva un tale rispetto per sua moglie che per tutta la vita
io credetti che il matrimonio fosse la vera felicità. Mio padre si chiamava Nemo, perché mio nonno era un appassionato lettore di Giulio Verne. Mio padre, che non era
cattolico, sposò mia madre solo quando nacqui io, per intervento di un nostro cugino che voleva
santificare quell’unione così perfetta (ma io avevo il diavolo in corpo e non volevo santificarmi). Solo mio
padre, così paziente e generoso, riusciva a calmarmi, e a lui confidavo tutto, anche i miei
baci, i miei primi baci»
• «Sono stata un’appassionata di cinema, ho visto quasi tutto: dal western alle commedie ai
drammi del neorealismo. Ricordo una cosa buffa: con Manganelli andavamo a
vedere sempre lo stesso film, Il terzo uomo. Manganelli adorava le storie un po’ nere. E mi diceva una cosa stranissima: che la colonna sonora del Terzo uomo somigliava a un orgasmo. Accostamento ardito, tanto più che lui odiava gli orgasmi femminili: era un purista» • Fondamentale la sua storia con Manganelli:


• Alda Merini: «Quando lo violentai, lui rimase senza parole... per mesi e mesi, finché si decise a prendere in mano la penna. Fui io che feci di Manganelli un grande
scrittore»


• Giorgio Manganelli: «L’amore è un eccellente combustibile per alimentare il malessere che può condurre alla letteratura. è importante, estremamente importante, che l’amore vada male. L’amore è la più importante matrice di menzogna, e la menzogna la più importante matrice di mondi»



• Alda Merini: «...ero così tremenda che mi soprannominò la bakunina e il nostro amore andò avanti a suon di schiaffoni» (questo a 16 anni, lei era una poetessa già apprezzata da Giacinto Spagnoletti, lui aveva venticinque anni ed era sposato
con un figlio, ndr)


• Alda Merini: «Coloro che credono che facessimo l’amore sul tavolino di un bar letterario sbagliano, in realtà meditavamo la morte dei nostri genitori»



• Franco Fornari: «Il manicomio è come la rena del mare: se entra nelle valve di un’ostrica genera perle» (è lo psichiatra da cui Manganelli portò la Merini, tentando di evitare l’internamento in manicomio, ndr)



• Maria Corti: «Ogni sabato pomeriggio lei e Manganelli salivano le lunghe scale senza ascensore
del mio pied-à-terre in via Sardegna e io li guardavo dalla tromba della scala: solo Dio
poteva sapere che cosa sarebbe stato di loro. Manganelli più di ogni altro la aiutava a raggiungere coscienza di sé, a giocarsi bene il destino della scrittura al di là delle ombre di Turro» (introduzione a Vuoto d’amore della Merini)



• Tommy Cappellini: «Alla fine del 1953 qualcosa si ruppe irreparabilmente tra la Merini e
Manganelli. Questi non riusciva, stando alle parole scritte da Alda, a ottenere
un divorzio consensuale dalla moglie. Fuggì allora su una Lambretta alla volta di Roma. Ma si trattò di fuga? Il racconto della figlia di Manganelli, Lietta, è più verosimile: suo padre e sua madre vivevano a Milano in una casa di dieci
stanze, perfetta per chi non poteva soffrirsi. Un giorno Giorgio arriva a casa,
trova delle valigie pronte e dice alla consorte: “Oh che bello, viene a trovarci tua madre?”. “No, sei tu che te ne vai”». Giorgio Manganelli: «Preso da un’incompatibilità affettiva con il grigiore di Milano, mi sono autodeportato a Roma»



• Giorgio Manganelli: «Entrambi furono rozzi, sleali, poveri, scontenti, fedeli (sic). Non ebbero
pazienza l’uno per l’altra. Si disprezzarono. Non si odiarono, perché la loro povera anima non era capace di odio; erano sterili, cauti, allegri.
Amavano bere, raccontavano storielle oscene, erano severi con gli innocenti,
codardi coi colpevoli. Il loro letto non fu il fidato rifugio delle confidenze
serali, ma un luogo di amare riflessioni... Non fecero mai lo stesso sogno
nella medesima notte; non dissero mai le medesime parole nello stesso
respiro... Del resto, queste sono cose che accadono di rado. Durante tutta la
loro vita, essi vennero preparando questo sarcofago nuziale» (descrizione in terza persona dell’amore con Alda, in
La notte)


• Alda Merini: «Molta gente mi ha domandato di te/come se fosse possibile/domandare a un
morto/che cos’era in vita» (da La Vita felice. La palude di Manganelli o il monarca del re)


• Giorgio Manganelli: «L’amore è stata una parte importante della mia vita, seconda soltanto allo studio delle
lingue»



• Alda Merini: «Ma non eri tu ad avermi, era la psicanalisi./E in fondo, Giorgio,/ho sempre
patito/quel che ti ho fatto patire» (La Vita, cit.)


• Giorgio Manganelli: «Lo sai dunque che questa è la descrizione del nostro amore, che io non sia mai dove sei tu, e tu non sia
mai dove sono io?»



Non le piacciono i comunisti. Vive a Milano, casa sui Navigli.