Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
MAURO Ezio Dronero (Cuneo) 24 ottobre 1948. Giornalista. Direttore di Repubblica (dal 96). Prima vicedirettore (con Paolo Mieli) e poi direttore della Stampa (92-96) • Ha cominciato nel 72 alla Gazzetta del Popolo, poi è stato inviato della Stampa, corrispondente da Mosca di Repubblica • «Della Stampa mieliana, tentata alla lontana dalla verità, fece un giornale di ancor più stretta e ravvicinata ortodossia bobbista
MAURO Ezio Dronero (Cuneo) 24 ottobre 1948. Giornalista. Direttore di Repubblica (dal 96). Prima vicedirettore (con Paolo Mieli) e poi direttore della Stampa (92-96) • Ha cominciato nel 72 alla Gazzetta del Popolo, poi è stato inviato della Stampa, corrispondente da Mosca di Repubblica • «Della Stampa mieliana, tentata alla lontana dalla verità, fece un giornale di ancor più stretta e ravvicinata ortodossia bobbista. è stato premiato e gli hanno dato Repubblica dove ha fatto faville, perché è un Dio della cronaca, senza recuperare però la famosa “autorevolezza” invocata dall’Avvocato, suo estimatore. Classico faccio tutto io, e fatto da sé lui medesimo, agitatissimo. Cronista politico a Montecitorio, inventò la vestizione del leader, un resoconto di guardaroba con cui gratificò un pochetto Ciriaco De Mita. Non è particolarmente colto, ma è informatissimo e furbissimo; non è particolarmente versatile nella scrittura, ma quando vuole ha doti di asciuttezza e sa picchiare [...] Sua frase preferita: “Ce l’abbiamo solo noi!”» (Pietrangelo Buttafuoco) • «Quando andai via, Agnelli mi chiese quante volte in tanti anni avevo partecipato a un ricevimento. Quattro, risposi. Anzi, no: tre» • «Fossi un calciatore? Giocherei con il numero 8 di una volta, a centrocampo. Distruggere e costruire» • «Il gossip è il male sottile del giornalismo italiano: non spiega le situazioni, è un modo irresponsabile per far male a qualcuno nascondendo il braccio. Alla Repubblica non si usa il giornale per questi scopi. Né sgambetti né calci negli stinchi. Pubblichiamo articoli duri, ma sempre firmandoli con nomi e cognomi e mai usando dicerie private e maldicenze» (da un’intervista di Cesare Lanza) • «Mi considero iscritto all’Albo dei giornalisti, non dei direttori. Il mestiere mi ha portato a fare anche il direttore, e va bene così. è una responsabilità particolare perché si guidano gruppi di lavoro complessi e si influenza l’opinione pubblica» • «Il potere economico e politico, in Italia, è abituato a considerare i giornali come oggetti che non devono prendere posizione e parlare contro. Un direttore, molto semplicemente, deve sapere che fa parte del suo carico di lavoro ricevere una certa dose di lamentele tutti i giorni. Io dico: ascoltare tutti, sapendo che i lamenti, le proteste e le minacce ti entrano da un orecchio e ti escono dall’altro; tranne che ti dimostrino un errore palese. Può capitare: allora devi chiedere scusa. Oppure ti devono provare la malafede. Che non c’è» • «I politici non sono mai contenti, telefonano, si lamentano anche per le fotografie, pongono addirittura dei veti» • «Il giornale è uno strumento di riflessione. La prima pagina è una vetrina, quindi un omaggio al tempo della fretta. Ma i maggiori quotidiani hanno degli spazi di bella scrittura e di buona lettura, dove il respiro è più lungo: approfondimenti, inchieste, pezzi più ragionati, pagine molto costruite, dove anche la grafica aiuta la ricerca e la decifrazione del senso della giornata. A tutto questo dobbiamo aggiungere i commenti, che sono un’assunzione di responsabilità: ti ho dato i fatti, ho cercato di darteli al meglio, mi prendo anche la responsabilità di dirti come la penso» • «Soltanto in Italia chiediamo ancora al giornale, in modo primitivo: “Con chi stai?”. Mentre la vera domanda che una società liberale dovrebbe rivolgere al giornale è: “Chi sei?”» • «Io ho fatto il giornalista per scrivere, come credo tutti. Facendo il direttore scrivi molto meno. Il vero scrivere non è fare gli articoli di fondo. Scrive chi sta nella triade: andare, guardare, raccontare. Mi è piaciuto moltissimo fare il mestiere quando scrivevo e ho avuto grandi soddisfazioni. Spero di poterlo fare dopo» (da un’intervista di Luigi Vaccari) • «Un direttore e una redazione oggi, in Italia, non hanno l’alibi dell’editore» • Tra le molte novità introdotte dopo la difficile successione al fondatore Eugenio Scalfari, l’inserto domenicale, curatissimo nella grafica, nella scrittura e negli argomenti scelti • Tifoso della Juve.