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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

MARZOTTO Marta (Vacondio) Albinea (Reggio Emilia) 24 febbraio 1931 • «Travolgente regina dei salotti quando era la bionda moglie dell’industriale Umberto Marzotto, madre di cinque figli e amante senza infigimenti (la loro liason durò vent’anni) di uno dei più grandi artisti del Novecento italiano, Renato Guttuso

MARZOTTO Marta (Vacondio) Albinea (Reggio Emilia) 24 febbraio 1931 • «Travolgente regina dei salotti quando era la bionda moglie dell’industriale Umberto Marzotto, madre di cinque figli e amante senza infigimenti (la loro liason durò vent’anni) di uno dei più grandi artisti del Novecento italiano, Renato Guttuso. Ferita al cuore dalla tragica morte di una figlia. Divorziata da Marzotto (lui si è risposato con una signora meno appariscente, lei è single). Una donna pasticciona quanto ingenua e generosa» (Chiara Beria di Argentine) • «Io, in vita mia, ho avuto solo tre uomini. E tutti lo sanno: Marzotto, Guttuso e Magri. La verità è che io sono sempre stata molto difficile, in amore. Timida e difficile. Io ero una ragazza povera, poverissima. Ed ero tesa a conquistare il mio posto al sole» • «Umberto Marzotto era il principe azzurro. Io, a quindici anni, già facevo sfilate ed ero molto corteggiata. Allora non si parlava di top model, ci chiamavano mannequin volanti. Ero alta, lunga, forse la ragazza più alta di Pavia… Ero poverissima, la povertà particolare del primo dopoguerra. Una volta qualcuno ci regalò un chilo di pane e io, mia mamma e mia sorella lo mangiammo, lo sbranammo in cinque minuti, fino a sentirci male. Abitavo a Mortara, per andare a scuola e poi per lavorare viaggiavo in littorina — così si chiamava — in terza classe. Umberto arrivò come l’angelo salvatore: aveva tutto quello che una ragazza può sognare, biondo, occhi azzurri, intelligente, colto, sportivo. Un nobile. E correva in auto. Ero sinceramente innamorata. Cercavo il mio posto al sole: non sapevo bene cosa volevo dalla vita, ma questo traguardo mi era chiaro. Uscire dalla mia condizione sociale, la condizione dei paria. E tuttavia di Umberto Marzotto mi innamorai: abbiamo fatto cinque figli insieme. Se avessi voluto il patrimonio dei Marzotto, un figlio solo sarebbe bastato, o no? Ci sposammo nel 54» • «Guttuso lo conobbi l’anno in cui nacque il mio primo figlio, Vittorio. Fu l’anno in cui Guttuso vinse il premio Marzotto: a una cena in casa di Rolly Marchi, che si occupava di vendere i suoi quadri. Eravamo seduti spalla a spalla. Vidi un quadro bellissimo ed esclamai: io questo lo voglio! E una voce bellissima alle mie spalle: daglielo, Rolly. Chissà, forse era un regalo. Ma Rolly me lo fece pagare. Com’era giusto. Passò tanto tempo. Tanti anni. Un giorno in cui Graziella Lonardi mi obbligò a telefonargli: voleva che glielo presentassi, per acquistare un suo quadro, in realtà, credo, per conoscerlo. Ma, prima, ricordo un emozionante incontro con Valerio Zurlini: una mezz’ora di magia, di conversazione brillante, effervescente. Poi scese la moglie, Mimise… Una doccia fredda. All’improvviso i due uomini cambiarono: due mummie. Uscendo, Valerio mi disse una cosa profetica: Mimise, disse, non mi perdonerà mai di averti portato qui. Dopo una settimana, ero a Cortina, lui mi fece avere il suo primo regalo: il ritratto della mia faccia, con i soli lineamenti. Scendo a Roma in vacanza, ospite dei genitori di Sandra Carraro. E Graziella mi obbliga a telefonargli. Risponde il fedele Rocco, voce da scimmia, pescatore di Scilla: il maestro non c’è. E io ero contenta, avevo provato a fare questa cortesia alla mia amica, e la cosa era finita lì. Invece passano trenta secondi e squilla il telefono. Contessa… Maestro… Non mi chiami maestro… E lei non mi chiami contessa…! Mi diede il primo bacio, quando lasciammo la casa. All’improvviso, sulla bocca. Mentre Graziella era lontana. Non ricordo se lo restituii. Ero emozionatissima» • «Magri fu di un’abilità diabolica, nell’accendermi. Chissà, psicologicamente, la castellana voleva prevalere sulla Castellina» (Cesare Lanza).