Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
MARTINI
Carlo Maria Torino 15 febbraio 1927. Cardinale • Entrò a 17 anni nella Compagnia di Gesù. Ordinato sacerdote nel 52, emise la solenne professione religiosa il 2
febbraio 62. Laureato in teologia e in Sacra Scrittura, gli venne assegnata la
cattedra di Critica testuale al Pontificio Istituto Biblico di Roma del quale
sette anni dopo divenne rettore. Il 18 luglio 78, Paolo VI lo elesse rettore
della Gregoriana. A sorpresa, il 29 dicembre 79, Giovanni Paolo II lo nominò arcivescovo di Milano. Il 10 febbraio 80, Martini fece il suo ingresso a
Milano, andando a piedi dal Castello Sforzesco al Duomo. Ricevette la porpora
cardinalizia il 2 febbraio 83. È stato presidente dei vescovi europei dall’86 al 93
• «È molto alto, un po’ piegato su se stesso, affabile, i modi assai misurati» (Enzo Biagi) • Capace di predicare in francese e in inglese, di conversare in tedesco, di
capire il portoghese, lo spagnolo e il greco moderno, di leggere il latino, il
greco antico, l’ebraico, il copto, l’amarico, il siriano e l’arabo, È considerato fra i massimi esperti di cultura biblica • «Biblista, fautore di un intenso dialogo fra le religioni, particolarmente fra
cristianesimo e ebraismo, il cardinale Martini diede anche vita a Milano - la
grande diocesi di cui fu per 22 anni arcivescovo - a quella “cattedra dei non credenti” che È stata, a dispetto del nome, sede di incontri fruttuosi fra credenti di fedi
diverse, e credenti laici. La sua fede, difficile ma rocciosa, ha portato il
gesuita e biblista cardinal Martini fin sulla soglia del Pontificato: fino al
momento in cui, si dice, convogliò sul cardinale Ratzinger i voti dell’ultimo Conclave che fino allora erano andati a lui. Molti si dolsero quando non
lo portò oltre la soglia. La fede di Carlo Maria Martini È tanto più credibile quanto più intrisa di mistero. Sa che in ogni momento la fede, religiosa o laica, fede in
Dio o fede nell’uomo, È soltanto una grazia ricevuta, un dono di origini ignote, potente ma fragile» (Arrigo Levi)
• Fama di progressista: «È, in realtà, l’opposto di un progressista. Qualche esempio. Nei primi anni Ottanta si diceva
che Wojtyla era un papa anticomunista, e Martini un vescovo sbilanciato a
sinistra. Ma nell’84, esprimendosi alla Radio Vaticana sulla teologia della liberazione, Martini
ha detto che “una lettura cosiddetta marxista delle Scritture risulta un vicolo cieco e non
rende ragione né alla critica storica e letteraria né all’intelligenza della fede”. Sempre in quegli anni - contrassegnati da duri scontri sull’aborto - molti hanno accusato Martini di non denunciare con sufficiente energia
le violazioni al diritto alla vita. Ma l’arcivescovo di Milano, nel discorso di Sant’Ambrogio dell’81, fu molto deciso: “I problemi relativi alla maternità e ai bambini cui si È rifiutato il diritto di nascere permangono in tutta la loro gravità e la pratica abortiva si erge come inquietante segno di morte nella nostra
società”; definendo poi “mostruosa” l’eutanasia. E quando il pretore di Legnano, nello stesso 81, condannò tre parroci che avevano affisso alla porta della chiesa dei manifesti che
dicevano “Sì alla vita, no all’aborto”, Martini intervenne in difesa dei tre sacerdoti, precisando che avevano “agito in piena consonanza” con le sue direttive, e che “avrebbero tradito il vangelo se avessero taciuto”. Ancora: si È detto che Martini sarebbe disponibile a rivedere le norme sul celibato dei
sacerdoti, ma nel 91, incontrando i seminaristi, disse che “Satana tenta volentieri sulla sessualità”, e che “il tentatore si esprime per confonderci sul celibato”, criticando l’idea “sottile delicata e persuasiva” che si riferisce “al bisogno di una compagna per maturare e per essere custoditi”. Sull’Islam, poi, molti hanno contrapposto le “chiusure” dell’arcivescovo di Bologna, cardinale Giacomo Biffi - che ha messo in guardia sulla
difficile integrabilità degli islamici nella nostra società -, alle “aperture” di Martini. Ma quest’ultimo, in un suo discorso del 90, aveva detto praticamente le stesse cose: gli
immigrati musulmani devono “accettare le nostre leggi e gli usi fondamentali”, e sbagliano quei parroci che ai non cristiani “offrono indiscriminatamente spazi di preghiera o addirittura luoghi di culto
senza avere prima ponderato che cosa significhi questo per un corretto rapporto
interreligioso”» (Michele Brambilla)
• Da qualche anno trascorre la maggior parte del tempo a Gerusalemme: «Sono volontariamente in disparte, sulla montagna. Bisogna che della Chiesa oggi
si occupino sacerdoti più giovani che devono lavorare e fare la loro strada. Il mio ruolo È di intercessione con la preghiera per Milano, la Chiesa, il popolo ebraico, il
popolo palestinese e per tutti coloro che soffrono a causa della violenza e
dell’ingiustizia» • «La fede È come una scalata in parete, ci sono momenti in cui si È presi dalle vertigini».